SINOSSI
A ridosso dell’impenetrabile confine tra Gorizia e la neonata Nova Gorica, domenica 13 agosto 1950, accade un evento straordinario. A migliaia, i goriziani rimasti in Jugoslavia dopo il 17 settembre 1947 superano il confine per tornare ad abbracciare amici, parenti e fidanzate, incuranti dei fucili dei soldati jugoslavi, i graniciari, ferrei controllori della frontiera tra l'Occidente democratico e la repubblica di Tito, avamposto dell'Est europeo. Durante la loro permanenza a Gorizia, gli jugoslavi si disperdono nei caffè cittadini, nelle osterie e nei negozi, rimasti aperti nell'imminenza del Ferragosto. È una giornata di festa interminabile, vissuta all'insegna dell'eccesso e degli acquisti. Gli empori vengono letteralmente vuotati perché al di là della frontiera, in una Nova Gorica ancora in fase di costruzione e nei paesi limitrofi, c'è poco o nulla da comprare. Nemmeno una semplice scopa di saggina, l'articolo che più di tutti verrà acquistato fino a divenire il simbolo di quel memorabile giorno a Gorizia. In questo libro lo sguardo partecipe di Roberto Covaz si posa con leggerezza su una molteplicità di personaggi e vicende, ora curiose ora amare, che compongono un racconto-mosaico in grado di condurci all’essenza dell’idea di confine.
RECENSIONE
Domenica 14 settembre 1947 i soldati americani iniziano a piantare paletti nei posti più impensabili, e la mattina dopo la città è divisa in due parti. Aprendo le serrande qualcuno si accorge che i suoi campi o parte del cortile con mucca annessa, sono rimasti dall'altra parte. Un uomo torna dal turno di notte e si trova separato da moglie e figli, sarà solo per ovvie ragioni pratiche che giurerà fedeltà al regime di Tito, così come molti altri. Per tre anni è possibile vedere gli amici, il fidanzato o la nonna solo con un permesso speciale per un "appuntamento" domenicale a ridosso del confine - non troppo vicini! - ci si sbraccia e si urla e in mezzo ad altri si cerca di capirci qualcosa. I soldati sono spaventosi, provengono dalle zone interne della Jugoslavia, per cui "della lingua slovena capiscono zero, men che meno della parlata goriziana che mescola sloveno, friulano, tedesco e, quando servono, le bestemmie in italiano". Sono spietati, ma anche forse i più sfortunati di tutti, infatti sono giovani che "non capiscono perché devono sparare a chi scappa dove vorrebbero scappare anche loro", ma ne va della loro stessa vita e di quella delle loro famiglie. Tre anni dopo tutto questo, non si sa bene né come né perché, migliaia di persone arrivano non solo dalle zone di confine, ma fin da Lubiana e dall'Istria, si schiacciano sul confine e lo attraversano, per passare la giornata più bella della loro vita. La sera rientrano disciplinati (con qualche eccezione) e stremati vanno a dormire i loro migliori sogni, subito disattesi da un'inasprimento della rigidità del confine, che durerà fino al 1954, quando verrà finalmente introdotto il lasciapassare. Il libro ci introduce a questi fatti nel modo migliore, ovvero con gli occhi e il cuore di persone molto diverse tra di loro. La storia che più mi ha colpita è stata quella del il maestro abruzzese mandato durante il fascismo per l'opera di italianizzazione, che si ritrova incastrato in Jugoslavia, e si salva dall'epurazione solo grazie alla sua curiosità che l'ha spinto a imparare un po' di sloveno per comunicare meglio con i suoi studenti, i quali lo difendono a spada tratta. Non saranno tutti così fortunati, comprese le famiglie di cognome e lingua slovena che rimarranno dalla parte italiana.
[RECENSIONE A CURA DI MARGARETHE]
| Autore | Roberto Covaz |
| Editore | LEG Edizioni |
| Pagine | 101 |
| Anno edizione | 2018 |
| Collana | Confine orientale |
| ISBN-10(13) | 9788861025516 |
| Prezzo di copertina | 10,00 € |
| Categoria | Realistico - Cronaca - Saggi - Biografia |

