SINOSSI

Una donna veglia un uomo disteso in un letto. L'uomo è privo di conoscenza, ha una pallottola in testa, gli ha sparato qualcuno per un futile motivo. In un paese che assomiglia all'Afghanistan, in un tempo che potrebbe anche essere oggi. La donna parla senza interruzione, come non ha mai fatto prima. Racconta al marito, finalmente presente e muto, molte storie che fanno la loro storia e quella del loro paese. Prima sussurra, poi grida, si adira, ha paura. Piange. E ancora sussurra, piano, dolcemente. Si prende cura dell'uomo e insieme lo rimprovera. Lo rimprovera di aver voluto essere un eroe, di aver preferito le armi e la guerra a sua moglie e alle figlie. Di non avere mai parole per lei. A poco a poco, escono dalla bocca della donna parole proibite, parole ribelli. Una finestra coperta da una tenda con uccelli migratori affaccia sul mondo esterno. Tutto intorno infuria la guerra. In un crescendo serrato la donna inizia a svelare al marito piccole furbizie e grandi colpe. Menzogne necessarie per non essere ripudiata con ignominia. Forse, un limite c'è anche per la sang-e sabur, la pietra di pazienza. Quella pietra che nella mitologia persiana si tiene accanto per confidarle tutto quello che non si può rivelare a nessun altro. Riversando su di lei i propri malesseri, sofferenze, dolori, miserie. La pietra ascolta, assorbe come una spugna, tutte le parole, tutti i segreti finché un bel giorno non esplode. E quel giorno saremo liberati.

RECENSIONE

Un libro intimo, delicato, quasi dolce nonostante tratti una storia straziante. Il narratore in terza persona è imparziale, sembra essere presente solo per scandire il tempo, le preghiere, i respiri (mi ricorda "L'infanzia di Maria" di De' André: dicono fosse un angelo a raccontarti le ore, a misurarti il tempo tra cibo e Signore). La scansione del tempo data dai gesti quotidiani, come appunto le preghiere, e dai respiri rotti dal sottofondo della guerra che sconvolge la normalità, riesce a far avere una percezione molto umana della situazione. Per un attimo si ha la sensazione di aver regolato il proprio respiro con quello dei personaggi, tanto è il peso dato ad ogni istante, che può decretare la morte di qualcuno o di tutti. Nel romanzo si trova anche una bella storia d'amore! Non tanto tra la donna e il suo uomo, quanto tra la donna e sé stessa, tra la donna e la vita, e le figlie, e l'umanità che sopravvive anche sotto le bombe e gli spari, tra la donna e la zia, e il suocero, e la sé stessa bambina e Dio. Interessantissimo è il ruolo di Dio in questo libro: è come se si fosse incarnato nell'uomo ferito e stesse immobile a fissare tutte le disperazioni, che alla fine punisce e purifica. C'è un'insistenza sulla pulizia, sull'atto di lavare, di utilizzare l'acqua: essa è vita nella flebo; è sollievo e cura negli occhi; è igiene e salute nel corpo. L'acqua è contrapposta al sangue che, invece, è sofferenza, ma anche purificazione e catarsi. Questi due elementi si intrecciano per dare forma al tanto anelato perdono finale. Perdono che, in realtà, la protagonista chiede a sé stessa e per il quale trae forza da questo Dio di carne, che soffre per il giusto ma anche, come in questo caso, per l'ingiusto e che, forse nell'atto di un orgoglio umano, si fa uccidere proprio per la sua umanità, per la fragilità dello spirito e del corpo. Nessun gesto eroico, niente che valga la pena ricordare. Infine una nota sul concetto di "pietra di pazienza": è una spugna che assorbe le emozioni, che si fa carico delle fatiche, ma assorbe anche gioie e gratitudini. In questa visione pietà, dolore, perdono (principalmente di sé stessi), amore, cura e ascolto si intrecciano costruendo un personaggio affascinante, complesso, tormentato, ma anche amorevole e spiritualmente forte.

[RECENSIONE A CURA DI FOGLIADIQUERCIA]

Autore Atiq Rahimi
Editore Einaudi
Pagine 109
Anno edizione 2014
Collana Super ET
ISBN-10(13) 9788806223205
Prezzo di copertina 10,00 €
Prezzo e-book 6,99 €
Categoria Contemporaneo - Attualità - Sociale - Psicologico