Un saluto a tutti,
spero di non essere completamente fuori luogo: è la prima volta che mi decido a partecipare a un forum e, in aggiunta, sull'unico argomento che ha rappresentato l'irrinunciabile compagna della mia vita.
Ho avuto modo di vedere molte cose, anche se sono ancora giovane, ma ciò che ha amplificato il mio atteggiamento verso la scoperta, la sensibilità, sono state le pagine dei libri nelle quali ho trovato la forza di confrontarmi con le idee degli altri, valutarle, fino a rifugiarmi in un canto, in un salone, dietro una tenda pesante di damasco rosso e la pioggia che fuori imperversa.
Quando avevo 8 anni, nella difficoltà della vita familiare e nell'incapacità di capire, trovai tra la posta un pacco, contenente un bel libro rilegato: lo presi, mi chiusi la porta di casa alle spalle e salii all'ottavo piano, accanto al vano ascensore. Li scoprii "Cuore": tra le pagine illustrate dell'opera, il tamburino sardo e la vedetta lombarda, lessi il mio primo libro tornando da scuola ogni pomeriggio. Da lì scaturii una passione, nutrita da ogni testo che riuscivo a trovare. E come ogni aspetto che mi contraddistingue, in questo ambito si manifestò chiaramente il mio carattere, fatto di mancanza di equilibrio: non sapendo come trovare più tempo per leggere, saltavo la scuola e prendevo i libri di mio padre, rifugiandomi accanto al vano ascensore o facendomi riprendere dall'autista del tram perché scendessi una volta giunto al capolinea.
Quelle che erano le impossibilità della vita reale si scontrarono con la prorompente necessità della mia fantasia: avevo scoperto un mondo dove avevo il tempo di comprendere, di comunicare le mie difficoltà e stabilire un dialogo, abituandomi ad ascoltare, ad osservare. In questa scuola, ho trovato la mia armonia: quando ero sul punto di crollare, quando anche le persone che dovevano starmi accanto perdevano fiducia, io avevo capito la modalità con la quale sfogare le mie paure, dargli un volto e vincere l'inerzia, conquistandomi il mio spazio nel mondo.
I libri paterni non mi bastavano, avevo bisogno di spaziare, di battere altre strade: allora trovai la biblioteca del paese. Fu una scoperta importante, seppur dolorosa: trascorrevo ore e ore nell'intento di placare la sete, ma man mano che frequentavo quel luogo, capii che avevo bisogno di non staccarmi da quelle idee, da quei pensieri... Più leggevo, più avevo bisogno di circondarmi di quegli oggetti: la mia insicurezza veniva meno al pensiero di poter dimostrare, anche e soprattutto a me stesso, di sapere qualcosa, di valere qualcosa. Tutti quei libri erano per me la prova tangibile che avevo guardato dentro uomini fondamentali. Capii che dovevo rivolgermi ai classici e lo feci con devozione e rispetto, confrontando, scandagliando ogni associazione che nasceva in me.
Ebbi lì, in quel periodo, la prima chiara sensazione che ciò che bramavo era il dialogo, era la Critica.
Potete ben capire che il mio carattere non ha mezze misure e sono state diverse le emozioni che mi hanno attirato, ma tra tutti i canti delle Sirene, a nessuno ho rivolto la mia fedele attenzione fino ad oggi.
Credo che sia il caso di fermarmi: chiedo venia per le molte parole, ma vorrei trasmettere il mio amore verso la lettura a chi lo condivide.