Partiamo dall'autore:
Jonathan Littell è nato a New York nel 1967.
Le Benevole è la sua prima opera letteraria. Scritta in francese e pubblicata nel 2006, ha ottenuto il Prix Goncourt e il Grand Prix du Roman de l’Académie Française ed è stata tradotta in tutte le principali lingue. Littell presso Einaudi ha pubblicato anche
Il secco e l’umido (2009) e
Cecenia, anno III (2010).
Poi uno sguardo alla sinossi de "Le benevole":
Nato in Alsazia da padre tedesco e madre francese, Maximilien Aue dirige sotto falso nome una fabbrica di merletti nel nord della Francia. Svolge bene il suo lavoro, è un uomo preciso ed efficiente. Preciso ed efficiente, del resto, lo era stato anche negli anni del nazismo, quando fra il 1937 e il 1945 aveva fatto carriera nelle SS in Germania. Pur essendo un nazionalsocialista convinto, il giovane e brillante giurista era entrato per caso nel corpo, punta di diamante del Reich hitleriano: fermato dalla polizia dopo un incontro omosessuale, aveva accettato di arruolarsi per evitare la denuncia. Nel 1941 Max è sul fronte orientale, dove dà il suo contributo al genocidio di ebrei, zingari e comunisti. Trasferito nel Caucaso e poi nella Stalingrado accerchiata dall’Armata rossa, sopravvive miracolosamente a una grave ferita. Dopo il rientro in Germania, lavora a stretto contatto con tutta la gerarchia nazionalsocialista. La guerra è ormai persa, tuttavia, e la Wehrmacht arretra su tutti i fronti. Al crepuscolo del nazismo, viene in aiuto a Max il suo bilinguismo: assumendo l’identità di un francese deportato in Germania, riesce a fuggire.
Trascinato dalla corrente della Storia e inseguito da fantasmi che, come le furie «benevole» dei Greci, le Eumenidi, cercano vendetta, Max Aue è parte di noi, la parte piú nera.
Ho letto fino ad ora il 10% del libro quindi circa 100 delle quesi 1000 pagine che compongono questa voluminosa opera.
Nelle pagine che ho letto sino ad ora le descrizioni di ciò che veniva fatto agli ebrei polacchi da parte delle SS e delle truppe regolari naziste sono molto crude e dettagliate. Il primo istinto è di lascar perdere (e sarebbe la seconda volta dopo un primo tentativo del 2007), troppo orrore. Questa volta però vorrei riuscire a leggerlo fino in fondo. E sò che lo devo leggere perché il libro ha una grande fedeltà storica e perché la memoria della storia non appartenga solo ai nostri nonni o bisnonni.
In un
bell'articolo Christian Raimo
parla di questo libro.
Sul finale scrive:
"Le benevole ha anche due grandi meriti che si potrebbero chiamare politici. Primo, ci mette in guardia contro la neutralizzazione dell’orrore, avvisandoci che si avvicina l’epoca nella quale persino un evento assoluto come la Shoah potrebbe finire fra i fatti storici come gli altri, invitandoci ora, subito a problematizzare questo imminente cambio di paradigma. E poi. E poi lancia una meravigliosa crociata contro la religione dell’identità: nessun critico che ho letto si è soffermato a sufficienza su una lunga sezione in cui Max Aue in una sorta di dialogo platonico discute con il professore di linguistica Voss cercando di venire a capo delle differenze culturali tra le varie popolazioni dell’Ucraina, scivolando via via che la conversazione va avanti nell’impossibilità di definire cos’è un ebreo, cosa un cosacco, cosa un russo, cosa un tedesco. Fosse anche solo per questo, conviene concedere a Littell quelle 40 ore."
Ultima nota sul tiitolo: "Le benevole". Le Erinni (in greco: Ερινύες) sono, nella religione e nella mitologia greca, le personificazioni femminili della vendetta (Furie nella mitologia romana) soprattutto nei confronti di chi colpisce i parenti o i membri del proprio clan. Al fine di placarle, vennero chiamate anche
Eumenidi (ossia, le "
benevole"), si porgevano loro varie offerte e ad esse si sacrificavano le pecore nere.