In generale, penso che la Woolf sia veramente affilata quando si tratta di sottolineare le ipocrisie che hai citato, queste fra tante, e non lo fa sputando veleno, rimane piuttosto garbata. Ciò nonostante, non ha alcuna intenzione di stare zitta, e ci vede bene!
Quando parla del diritto di voto, ho trovato interessante la polemica secondo cui le donne avessero molta più influenza quando non ce lo avevano: se possono avere voce anche loro, non hanno bisogno di trasmettere il loro pensiero tramite la volontá del marito, quindi hanno perso la loro influenza. Mah, credo di concordare con Virginia sulla paraculatezza di queste affermazioni.
Ha ragione, come hai ragione anche tu. Praticamente, sostenendo una tesi del genere, viene implicitamente chiesto alle donne di comportarsi in maniera manipolatoria anziché diretta. Vengono proprio incoraggiate in tal senso! Salvo poi lamentarsene: pensiamo a tutti i cliché sul fatto che le donne sono indirette, non dicono mai quello che vogliono, devi essere sempre tu a intuire cosa passa per la loro testa, si fanno la guerra non apertamente ma con sistemi passivo-aggressivi... tutte cose "vere", in un certo senso, perché questi comportamenti sono molto diffusi nelle dinamiche tra donne, solo che se ti fermi a riflettere, leggendo testimonianze come queste, ti viene da dire... ma chissà perché!
Un altro passo che ho trovato illuminante, sempre a proposito di ipocrisie e di "doppi vincoli" psicologici, è stato addirittura nelle note. Siamo verso la fine della prima ghinea, e Woolf ribadisce in maniera chiara cosa significhi per una donna vivere in funzione del matrimonio, venire educata solo in vista di questo "mestiere". C'è una nota che mi ha colpito nel profondo, in cui fa notare come le donne vengano prese in giro per la loro ansia di maritarsi. Ma come sarebbe possibile altrimenti, quando la loro vita viene impostata esclusivamente in funzione di quell'obbiettivo? Riporta anche esempi di scherno di cui in letteratura sono oggetto le classiche "zittelle", cioè le donne rimaste, per un motivo o per l'altro, senza marito. Mi ha molto intristita.
Ad esempio anche in Germania la bassa natalità è un problema, come in Italia, ma al contrario dell'Italia è normale avere figli già dai 25 anni, perchè lo stato, che è uno stato sociale, dà forti sussidi. Da quando si ha 21 anni si paga infatti una tassa se non si hanno figli, e ciò permette di elargire sovvenzioni sufficienti se si hanno figli (oltre a politiche più flessibili di maternità e paternità). Certo, 21 anni è presto, ma è comunque una tassa proporzionale a quanto si guadagna, quindi non mi son mai neanche soffermata su quanto effettivamente mi viene detratto dallo stipendio e penso sia una tassa giusta e che pago volentieri.
Non conoscevo questa misura. Anche questo tema è interessante e attuale, sì. Io, nel giro di persone che conosco e frequento, sì, c'è qualcuno che non vuole o non vuole ancora figli, ma sono una minoranza, se devo fare una statistica. La situazione che sento descritta più spesso è quella di persone desiderose e responsabili, ma che rimandano finché non se lo possono permettere economicamente (che oggi è sempre più in là con gli anni, in Italia). E se è vero che qualcuno il "rischio" se lo assume lo stesso ed è giusto, finché fatto in maniera responsabile (cioè, non in maniera impulsiva ma contando magari su altre risorse) la nostra è una generazione orgogliosa: vogliamo farcela con le nostre forze. Senza contare che gli standard di vita si sono molto alzati rispetto a un tempo, e abbassare l'asticella rispetto a come siamo stati cresciuti noi è molto umiliante (un genitore con la testa a posto desidera sempre che il figlio abbia più possibilità di quelle che sono state date a lui, non certo il contrario).