Finalmente trovo un attimo di tempo per condividere con voi i miei pareri su questo libro.
Che dire? Bellissimo! A me è piaciuto davvero molto! Sarà il fascino del Polo Sud, sarà la curiosità di leggere di racconti estremi, sarà che ci ho trovato pillole di Project Management e sarà anche che lo stile di scrittura semplice e la forma a diario di viaggio hanno reso la lettura davvero interessante.
Come sempre ho sottolineato alcuni passaggi fondamentali per me. Ad esempio uno è quando parla della gestione dei team multiculturali.
"
Sono abbastanza abituata a muovermi tra molti ambienti perché le situazioni lavorative e gli obiettivi possono variare parecchio, ma i meccanismi rimangono sempre gli stessi. Si tratta, ogni volta, di gettare ponti tra le diversità e fare in modo che emergano comportamenti coordinati tra attori e situazioni".
"
In ambienti come questi, il successo di un'intera missione dipende fortemente dal lavoro collettivo e c'è bisogno di motivazione e di rispetto reciproco, e costruirli nel gruppo è anche uno dei miei compiti. Di fronte a un conflitto, il metodo più efficace che conosco è moltiplicare gli spazi di ascolto e le possibilità di intervento."
"
Le mie mansioni comprendevano il cosiddetto uso del buonsenso per adattare le regole e mantenere l'armonia necessaria al successo della spedizione".
"
La convivenza forzata è come le esperienze multiculturali: ti rendi conto delle barriere della tua cultura solo quando ti scontri con le barricate di quella degli altri. Così, alla fine, diventi più flessibile e ti apri alle esigenze degli altri".
Sul finale del libro ho trovato altri spunti interessanti, insegnamenti di vita.
"
Tra le varie cose che ho imparato in Antartide, ce ne sono due che occupano un posto privilegiato nella mia mente. La prima è che la capacità di non arrendersi si può acquisire. La seconda è che bisogna capire quando si è ancora in tempo ad arrendersi".
Bellissime anche le considerazioni finali, che introducono due concetti che ultimamente sentiamo spesso (il primo anche troppo, credo che sia abusato):
resilienza e
antifragilità.
"
Nella vita, l'imprevisto e il cambiamento sono condizioni naturali e hanno sempre fatto parte delle regole del gioco. Ma le nostre esperienze urbane tendono a farcelo dimenticare poiché siamo abituati a poter esercitare un controllo su tutto ciò che ci circonda. Le più recenti trasformazioni invece ci stanno mettendo di fronte a cambiamenti ogni volta più repentini, e la questione di come affrontare l'incertezza e l'evoluzione permanente sta emergendo con maggiore urgenza. Qual è quel particolare talento che permette ad alcuni di affrontare le avventure più incredibili, di agire in modo efficace trasformando le situazioni, e persino di riorganizzare positivamente tutta la propria vita se si rende necessario? Forse le esperienze in ambienti estremi possono esserci di aiuto. Forse, il racconto del dover progettare nell'incertezza più totale, di dover ottimizzare e valorizzare le sole risorse a disposizione, di dover sempre stare in agguato in attesa dell'opportunità che potrebbe capitare e del sapersi muovere in equilibrio tra imprevisti e brusci cambi di rotta, ci può aiutare a comprendere come in realtà siamo esseri più flessibili e più adattabili di quanto normalmente siamo abituati a pensare. [...] Credo che uno degli strumenti più interessanti di cui la natura ci ha dotati sia la resilienza, quella specie di istinto di adattamento primordiale che ci rende "antifragili" nelle sfide dell'ambiente in cui viviamo".
Per chi volesse approfondire l'argomento antifragilità, a breve vorrei leggere il libro
Antifragile. Prosperare nel disordine (La cultura) di Nassim Nicholas Taleb
Fatemi sapere se siete interessati a parlarne