Barnaby ha scritto: Lunghezza esigua, copertina geniale, alcune righe mistiche in partenza, quasi criptiche. L’atipicità di Tre volte all’alba la si capisce dai dettagli: non ci vuole certo una laurea o l’introduzione dell’autore - Baricco - per accorgersi di quanto inverosimili siano le gesta innocenti dei protagonisti, così stralunati, lievemente sfumati dai toni pastello della carta (riciclata) di una collana che non finirà mai di stupirmi. Certo, Baricco o sia ama o si odia, c’è poco da fare. La sua è una prosa bugiarda, veloce e ritmata fin sopra le righe, quasi al limite del testo teatrale, ma non per questo poco fruibile. Tutt’altro. I limiti per quanto credibili sono da ricercarsi nella tecnica, di cui lo stile è a tratti molto carente, resta in piedi per miracolo. Eppure è proprio in contesti simili, nella prosa e nella fabula, che l’autore ci offre il meglio dei personaggi: psicologie oscure, appena abbozzate e che spesso e volentieri combaciano perfino in età diverse (ed è il caso di questi tre brevi testi); avvinte dalla narrazione, ovvio, ma anche da una discreta dose di silenzio. Empatia e infarto non sono tutto in Baricco: anche le pause vogliono la loro buona parte, sia logiche sia visibili, affinché diano al lettore quel senso di magico in live action cui Baricco, volenti o nolenti, ha sempre ambito. E che almeno personalmente, riesce a tenermi incollato fino all’ultima pagina.
E Tre volte all’alba? Come si colloca in questo "ritratto d’artista"? Difficile dirlo: con MrGwyn, di cui questo libro è l’ideale seguito, si ritornava a respirare un po’ di sano Romanzo finalmente, dopo anni e anni di saggi (Next), imprevisti (Emmaus) e saggi imprevisti (I barbari). Innovazione e brio avevano lasciato spazio alla rivendicazione della borghesia. Basti guardare quanto manierismo si celava dietro la scelta delle famose "tre scene" melvilliane - poiché un vaglio basato sulla mera espressione popolare non può mai definirsi autoriale, al massimo giornalistico. E con quanta foga, con quanta verve al contrario, l’autore descriveva in tempi migliori il paragone fra bovini britannici e filosofie retrograde. Meraviglie perdute? Forse non del tutto, ma Baricco, lo si intuiva, doveva prima o poi mutar tono e registro. Di nuovo, proprio come negli anni Novanta, quando da Seta si passò a City e fu l’inizio della fine.
Dopo la delusione provata con Novecento e Seta, ho tentato Tre volte all'alba, e finalmente con questo terzo tentativo sono riuscita ad apprezzare un po' Baricco. La narrazione è sempre molto scarna, stile molto semplice, ma ci ho trovato un pochino di più rispetto alla superficialità e al piattume degli altri due, sono riuscita quasi a sentirmi coinvolta in quelle pause e in quei dialoghi vuoti, nella solitudine e nel silenzio dei protagonisti. Confermo tuttavia che per me Baricco continua ad essere un no: qui ci sarebbe stato del potenziale, ma purtroppo sembra un libro scritto da un bambino delle elementari, come gli altri due; non mi sembra ci sia nessun tentativo di andare oltre, di impegnarsi nello scrivere qualcosa di un po' più significativo e complesso, ma unicamente di intrattenere lettori occasionali o lettori forti che vogliono mettere in pausa la concentrazione altrimenti richiesta da altre letture.