Allora chi apre la sezione russa? Gara a chi lo fa per primo? 
Ho vinto io!  

  Ora però non lasciatemi solo, eh … Non sapendo bene come iniziare, ho pensato di aprire la sezione parlando del mio romanzo preferito, 
Oblomov di Ivan Goncarov, in attesa di sapere quel che invece è piaciuto a voi.
"Oblom", in russo, significa frammento.
Oblomov, il protagonista del romanzo, è in effetti un frammento del passato catapultato - contro la sua volontà - nel futuro. O magari anche il frammento di un altro pianeta piovuto - chissà come, chissà perché - sulla Terra. In ogni caso, è un essere fuori dal Tempo e fuori dal Mondo.
Chiamarlo “eroe” sarebbe forse troppo. Piuttosto, egli è il ritratto del perfetto anti-eroe: inetto, svogliato, apatico e indolente. Trascorre gran parte delle sue giornate chiuso in casa, indossando una logora vestaglia, sdraiato a letto o sul divano, alternando brevi risvegli a lunghe dormite. Insomma, non fa nulla, fuorché russare. E sognare.
Appartenendo al ceto della vecchia nobiltà terriera, può ancora permettersi di vivere di rendita: infatti lo troviamo a Pietroburgo, in un appartamento sudicio e impolverato, assistito da un servo rozzo e sgangherato. Ma la rendita va di giorno in giorno assottigliandosi. Perché Oblomovka – la sua terra, il suo villaggio - è distante e in lento - ma continuo - disfacimento. Avrebbe senz’altro bisogno di un tempestivo e radicale rinnovamento nell’amministrazione e nella conduzione, per tornare a rifiorire: ma Oblomov è troppo pigro, per interessarsene. E così passano i giorni, passano gli anni, e la vita se ne fugge via …
Può un simile personaggio reggere le sorti di un romanzo lungo circa 500 pagine e suscitare simpatie nel lettore? Per quanto mi riguarda, risponderò subito, appassionatamente e senza riserve: oh, sì!
Sì, perché affezionarsi a Oblomov è quasi impossibile, nonostante i difetti: perché a confronto dei numerosi e spregevoli approfittatori che lo circondano, egli è un’anima candida, pura, buona e innocente. E il suo essere indifeso non può che suscitare tenerezza. Oh, certamente: qualche volta verrebbe pure voglia di sgridarlo, scuoterlo, strattonarlo. In una parola, di salvarlo. Salvarlo da un torpore esistenziale, che gli annebbia il cuore e la mente e gli impedisce di vivere. Al posto nostro ci proveranno Stoltz, attraverso l’amicizia, e Olga, attraverso l’amore. Ma sarà tutto inutile: perché Oblomov non può e non vuole essere salvato. La sua anima, come dicevo, appartiene irrimediabilmente a un altro tempo e a un altro mondo: un tempo ed un mondo che non ci sono più e che ritornano ormai solo nei suoi sogni ricorrenti. Ed è infatti nel sogno, che Oblomov si rifugia, per vivere la sua vita e provare nuovamente delle sensazioni.
Mi rendo conto che qualcuno, a questo punto, potrebbe magari esclamare: che uomo senza carattere, senza spina dorsale, senza dignità! Può darsi sia un’interpretazione corretta: in fondo, il termine "oblomovismo" è entrato nei dizionari in senso non propriamente positivo. Ma può esserci anche un altro punto di vista. Infatti, a Stoltz - che rimprovera l’amico d’essere affetto da inguaribile oblomovismo - Oblomov risponderà, rovesciando le prospettive: 
“E in che consiste l’ideale della vita secondo te? Non è esso l’oblomovismo? […] Che forse lo scopo di tutto il vostro affaccendarvi, delle vostre passioni e guerre, del vostro commercio e della vostra politica non è il raggiungimento della calma, l’aspirazione a questo ideale di paradiso perduto?”.
E questo dialogo, che insinua perlomeno un dubbio su chi sia effettivamente nel giusto, rappresenta solo un "frammento" della grandezza e della bellezza di un romanzo che potrebbe piacere anche a voi ...