SINOSSI

Una Venezia decadente e soffocante al volgere del secolo, un cupo palazzo nobiliare in rovina, due donne che vi abitano quasi segregate, un plico di lettere dal valore inestimabile, un critico disposto a tutto pur di averle. Il carteggio Aspern è l'inquietante capolavoro in cui Henry James esprime al massimo la maestria di autore del non detto e del mistero psicologico: imprigiona il lettore, senza che questi se ne accorga, nel circolo vizioso del narratore unico, il cui punto di vista sulla vicenda narrata – ossessioni, paure e desideri compresi – diventa il solo possibile.

RECENSIONE

Il carteggio Aspern è un romanzo breve scritto da Henry James nel 1888, alcuni anni dopo il suo più noto scritto, Ritratto di signora. L'autore, americano di origini irlandesi, era figlio di un uomo molto agiato e di grande cultura, che gli offrì il privilegio di una formazione profonda ed eclettica. A contatto con i massimi esponenti della cultura del tempo, James nella seconda parte della sua vita scelse la cittadinanza inglese e trovò nell'ambiente letterario europeo l'humus per coltivare i propri interessi letterari, pur rimanendo sempre in fecondo scambio di idee con i più importanti pensatori dell'epoca. Il carteggio Aspern narra di un'ipotetica corrispondenza epistolare che il grande poeta Aspern (non esistito nella realtà, ma già deceduto nella finzione narrativa) avrebbe tenuto negli anni giovanili con una giovane e bellissima amante, Juliana. L'intera vicenda è narrata in prima persona da un giovane letterato e critico d'arte, ammiratore devoto e appassionato del defunto poeta. Avendo il fondato sospetto che l'intero carteggio tra il letterato estinto e la donna ormai vegliarda sia in possesso di quest'ultima, il protagonista-scrittore-critico d'arte riesce a scoprire dove ella vive ed è qui che la storia si svolge: a Venezia, in un antico e cadente palazzo, in un anfratto dei canali lontano dalla folla e dal clamore. Sulle acque calme il vecchio edificio, simbolo esso stesso di un passato in disfacimento, ospita la decrepita Giuliana e una sua attempata, incolore, inetta nipote. Il giovane scrittore riesce con abili bugie ad abitare in quella casa e lentamente tesse la sua trama di inganni per arrivare al possesso dell'agognato epistolario. Poiché la narrazione avviene in prima persona dal punto di vista del subdolo inquilino, ogni carattere viene descritto come egli lo vede. L'anziana Giuliana ci viene descritta come una persona irrimediabilmente chiusa, refrattaria nei confronti del mondo e immersa in un passato da difendere strenuamente; ne consegue che noi lettori ingenui la vedremo proprio così. L'incolore signorina Tina ci sembrerà una persona irresoluta, passiva, una specie di ameba senza alcuna forma. E il baldo protagonista della storia riuscirà, forse, ad irretirci nelle sue autogiustificazioni, nei suoi piani sleali mascherati sotto la parvenza di un'artistica brama. James, nella sua abilità di scrittore, ci squaderna davanti agli occhi una realtà che è solo il frutto delle elucubrazioni del protagonista, delle sue doppie morali e doppie verità e in fondo della sua incapacità di comprendere la complessità delle due donne. Molto spesso, nella letteratura contemporanea del ventunesimo secolo, siamo abituati a romanzi in cui la storia narrata ci viene proposta in più versioni, da più prospettive, a seconda dei vari personaggi di cui si narra. Certo, ciò corrisponde al bisogno di relativizzare il giudizio sulle vicende umane, ma a me sembra che invece si cerchi quasi, attraverso la polifonia dei punti di vista, di ricostruire la realtà oggettiva come se un ipotetico Perry Mason stesse cercando di definire e circoscrivere le circostanze di un reato. Mi piace molto di più ciò che fa James in questo romanzo: i "fatti" sono solo quelli che il giovane ingannatore racconta, e non sempre coerentemente, a se stesso. James ci porta quasi a ragionare con il cervello del giovane scrittore, pur lasciandoci la libertà di mantenere, in un angolo della mente, la nostra capacità di giudicare. È come se stessimo vivendo la vita di un altro ed è questo, a parer mio, il senso profondo di ogni lettura. Vorrei considerare ancora un altro fattore: la lentezza. Secondo me, le lunghe pagine in cui non accade nulla sono esattamente lo specchio di ciò che l'autore ci sta raccontando: un'estenuante attesa di qualcosa, non si sa bene cosa; quest' atmosfera stagnante la proviamo, la sperimentiamo, la viviamo. Non è che James si stia dilungando, tutt'altro, ci sta facendo vivere quello che altri si limiterebbero a descrivere. Per quel che riguarda la trama, a un certo punto c'è una svolta, un incalzare di eventi, pur minimi, che mutano la situazione. Si è venuta a creare una complicità tra Tina e l'ospite o è solo la passività della donna che ha trovato un nuovo centro di gravità? E l'anziana ex amante è davvero così decrepita? E ancora, l'ardita proposta della "passiva" Tina era qualcosa che si poteva prevedere se il giovanotto non fosse stato così pieno di sé da non accorgersi di nient'altro? Non ci interessa saperlo. Quello che ci resta è un'esclamazione: "Erano così tante!". Che bello. È un inno alla mitezza femminile. Forse. Ma nell'andare via, Tina fa quello che lui non era riuscito a fare: si volta e lo guarda. Sarà lui a dire che nel suo sguardo mite c'era dolcezza e perdono, ma lui doveva salvare la faccia. Non poteva vedere quello che io - del tutto partigianamente - ho colto in una frazione di secondo. Lì, nell'angolo della bocca, una piccola increspatura. La stessa del sorriso della Gioconda.

[RECENSIONE A CURA DI SCALPO FLUENTE]

Autore Henry James
Editore Bompiani
Pagine 160
Anno edizione 2022
Collana I classici Bompiani
ISBN-10(13) 9788830105089
Prezzo di copertina 12,00 €
Prezzo e-book 7,99 €
Categoria Classico - D'ambiente - Storico