Ho terminato ieri questa lettura, o meglio
rilettura. La prima volta avevo dodici anni, ero reduce da quella meraviglia che è
Cime Tempestose e mi avventuravo nella produzione della sorella dell'adorata Emily. A distanza di diciotto anni è come soffermare una volta di più lo sguardo nel cielo notturno, riconoscendo stelle che per la loro estrema lontananza erano rimaste inosservate, o dimenticate. Per esempio, avevo completamente perduto Adele, non me ne ricordavo: la mia Jane Eyre era istitutrice del nulla. E a dodici anni non avevo saputo distinguere il carattere vispo di certe sue affermazioni: Jane è sì una fanciulla dalla moralità adamantina, ma non le manca la capacità di civettare e provocare il signor Rochester - che, devo ammetterlo, non amo particolarmente come personaggio, pur non avendolo in antipatia.
Bertha, anima oscura del romanzo, aveva ai tempi traumatizzato anche me. Ora che ci penso, può darsi che alla base della mia impressionabilità di fronte alle figure femminili di Guillermo Del Toro - e degli horror in generale - ci sia proprio la mia esperienza con Mrs. Mason...
La potenza di Bertha, secondo me, sta nel suo essere un personaggio molto visivo, caratterizzato dal contrasto cromatico dei capelli nerissimi e degli occhi di brace. Ma credo che il mio personaggio preferito in assoluto sia St.John. Lui è... sonoro. Chiaro, biondo e ceruleo, St.John si tiene in piedi per mezzo del fuoco dell'ambizione e di tutte le parole che vomita addosso alla gente. Ha tantissimi difetti e quel che è peggio, non se ne accorge. La sua moralità cristiana non conosce empatia...
Sotto un certo punto di vista, confrontandolo con
Cime Tempestose, St.John è quasi il rovescio di Heathcliff: se l'antieroe di Emily è l'assoluta oscurità, l'immoralità in cui un minuscolo puntino di luce - l'amore - dirige la sua progressiva corruzione, allora St.John è un diamante di virtù che acceca, ma il cui nucleo è consumato, come da un cancro, dalla voracità nera del suo ego. Mi piace per la crepa che lo attraversa.
Un ultimo punto che vorrei approfondire con voi riguarda la prima parte del romanzo: ho sempre pensato che l'infanzia e la crescita a Lowood occupassero troppo spazio, che nel contesto editoriale contemporaneo un romanzo così avrebbe perso in fase di editing le prime cento pagine. Vero che le esperienze dolorose della piccola Jane hanno contribuito a formare il carattere della Jane cresciuta, ma non saprei. Non ho letto molti romanzi di formazione, ma in quei pochi ho sempre sentito che l'infanzia era affrontata in maniera troppo prolungata e generica. E sulle pagine di
Jane Eyre aleggerà sempre uno spiritello di nome Helen Burns, il cui messaggio forse necessitava di protrarsi ancora un po', magari a spese di altre scene. Ho anche pensato che in quei capitoli si andasse sì ad "allestire" la grandezza del perdono che Jane avrebbe poi avuto la forza di dispensare a quella gente; ma anche che, in un certo senso, si anticipassero le vicende della trama principale: che alla figura da finto moralista di Mr. Broklehurst si dovesse per esempio contrapporre la fede accecante (e accecata) di St.John.
Concludendo, continuo a preferire la sorellina Emily, più acerba e passionale; ma sono molto contenta di averlo riletto. Ho riscoperto una Jane molto intelligente e moderna su molti punti di vista. E infine...