Verso la fine del libro ci sono delle riflessioni sul comportamento del colibrì, che si agita per restare fermo nonostante tutto, per non cambiare e restare attaccato a quello che ha, che però poi subisce delle spallate dalla vita che lo spingono più in là, lui soffre ma resiste. Tutto questo è contrapposto con la vita di altri
che invece cambiano continuamente e freneticamente.
Secondo me manca lo step intermedio, ovvero essere resilienti come il colibrì ma adattandosi alla vita e cambiando con essa, senza però un bisogno sfrenato di continui cambiamenti per stare bene con se stessi. Saper tenere duro e lottare per quel che c'è di buono, pur cambiando altro senza esserne tristi.
Sinceramente no ho capito cosa vuole comunicare l'autore, ma magari lo capirò alla fine!
Mi è piaciuta molto la parte in cui parla dei giovani schierati dalla parte della verità, contrapposti ai vecchi che hanno sostenuto la libertà:
"[...] essendo la libertà ormai stata trasformata in un concetto ostile, digrignante e imperdonabilmente plurale - le libertà, le infinite libertà in cui quella parola sarà stata smembrata, come la zebra viene smembrata dal branco di iene che la divorano, libertà di scegliere sempre ciò che si preferisce, libertà di ricusare ogni autorità che cerchi d'impedirlo, libertà di non sottomettersi alle leggi sgradite, di non rispettare i valori fondativi, la tradizione, le istituzioni, il patto sociale, gli accordi presi in passato, libertà di non arrendersi davanti all'evidenza, libertà di insorgere contro la cultura, contro l'arte e contro la scienza, libertà di curare secondo protocolli non riconosciuti dalla comunità o, credere invece alle notizie false e libertà di produrne, anche, libertà di produrre emissioni dannose, rifiuti tossici, residui radioattivi, libertà di gettare in mare materiali non biodegradabili, di inquinare le falde acquifere e i fondali marini, libertà per le donne di essere maschiliste, per gli uomini di essere sessisti, libertà di sparare addosso a chi entra in casa tua, libertà di respingere i profughi e rimandarli nei lager, libertà di lasciare affogare i naufraghi, di odiare le religioni che non siano la propria, i modi di mangiare e di vestirsi che non siano i propri, libertà di disprezzare i vegetariani e i vegani, libertà di cacciare gli elefanti, le balene, i rinoceronti, le giraffe, i lupi, gli istrici, i mufloni, libertà di essere crudeli, scorretti, egoisti, ignoranti, omofobi, antisemiti, islamofobi, razzisti, negazionisti, fascisti, nazisti, libertà di pronunciare le parole "negro", "subnormale", "zingaro", "paralitico", "mongoloide", "culattone", di gridarle, addirittura, libertà di perseguire solo e soltanto il proprio volere e il proprio interesse, di sbagliare sapendo di sbagliare e di combattere fino alla morte contro chi vorrà eliminare l'errore poiché della libertà esso, l'errore, non la Costituzione, sarà considerato il garante."
Trovo questo paragrafo molto potente e attuale e potrebbe dare vita a moltissime riflessioni. Quello che ho sentito io leggendolo è stato un po' ciò che sento che mi divide dalla generazione dei miei genitori (anni '50 e '60), che vedendomi così ligia alla verità, anche a costo di giustificare chi è sempre stato considerato "cattivo", vedendomi ligia a certe regole e leggi, interessata alle tradizioni, mi ritengono un po' bacchettona

mentre io in loro vedo poca responsabilità per quello che lasciano sul pianeta e troppa volontà di schierarsi da una parte, dalla parte della libertà, invece che dalla parte della verità nonostante tutti i problemi che può portare. (questo potrebbe essere anche legato alla verità su se stessi di cui sopra?)
E parla di ambiente, di fake news (quanti adulti di quella generazione vedo cascarci!!), di responsabilità civile, di rispetto per la cultura e le tradizioni di tutti, di immigrazione, della volontà di essere liberi di coltivare idee che nulla hanno a che fare con la libertà (!!

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