bibbagood post=68980 userid=1044Terminato anche io e mi ritrovo nel commento di fiorediloto, forse troppo frettolose le ultime pagine che possono lasciare la sensazione di incompiutezza. Ma probabilmente era lo scopo dell' autrice
in generale non sono sicura se il libro esprima più il desiderio di Autodistruzione che si può provare in molti contesti, o se è invece un inno alla vita e all'autodeterminazione, una forza di vivere così forte da non voler accettare compromessi. Voi che ne pensate?
Ho terminato anche io la lettura e sono d'accordo praticamente con tutto ciò che ha scritto @bibbagood.
Per me il libro ha una doppia chiave di lettura: la condizione femminile e il rinnegamento della violenza come mezzo di sopravvivenza. Non credo che c'entri l'autodistruzione.
Yeong-hye non vuole annientarsi, quanto piuttosto tramutarsi in un albero. Questo perché gli alberi, e le piante in generale, stanno nel loro pezzettino di terra e svolgono le loro funzioni vitali senza intaccare ciò che gli sta attorno. La loro sopravvivenza non dipende dalla morte di altri esseri viventi; si nutrono solo di sole e acqua, risorse illimitate per tutti.
Diventare vegetariana, e poi rifiutare tutto il cibo ("
Ho solo bisogno di acqua"); accettare di farsi ricoprire il corpo di fiori dipinti; spogliarsi sotto al sole; scappare nella foresta; mettersi in verticale per mimare le radici con le braccia. Yeong-hye vuole rinunciare ad ogni forma di violenza abbracciando lo stile di vita degli esseri più pacifici del pianeta.
Mi spiace che i medici non lo abbiano compreso; e credo che in un certo qual senso dispiacesse anche a Yeong-hye: nella conversazione con la sorella, nell'ultimo capitolo, dice proprio che i medici non si sforzano di capirla, ma la imbottiscono solo di farmaci e aghi. Questa parte mi ha dato un senso di solitudine estrema.
Non credo che si potesse lasciare andare Yeong-hye. Come scritto da @bibbagood, nel secondo capitolo sembra che la protagonista stia trovando un suo equilibrio di vita, e questo ci da una piccola speranza. Ma in realtà ho l'impressione che lei non mangiasse già in questa fase: nel libro infatti viene detto un paio di volte che Yeong-hye va a vomitare dopo aver mangiato in compagnia di altri. Se non ricordo male lo fa anche in presenza del cognato.
Arrivati a quel livello di disturbo la questione è una sola: voglio lasciare che mia sorella si consumi o voglio provare a fare qualcosa? E infatti In-hye la fa ricoverare, con il mormorio generale della società.
In-hye è un personaggio fortissimo: decide di rimanere al fianco di Yeong-hye anche quando i genitori se ne disinteressano per la vergogna; decide di continuare a lavorare anche se sa che sparlano di lei e della sua situazione; decide di lasciare il marito che in effetti non è mai stato presente, andando avanti da sola.
IIl rifiuto della violenza di Yeong-hye lo esprime anche In-hye, quando riflette sulle motivazioni dell'anoressia della sorella: si risponde che è Yeong-hye ad aver subìto la violenza vera in famiglia e poi col marito, ed è questo che "l'ha fatta impazzire". In-hye mi è sembrato il personaggio più consapevole in questa storia.
È sempre In-hye a portare una bella riflessione sulla condizione femminile: si rende infatti conto, come già detto da @bibbagood, che se non fossero caduti a pezzi prima la sorella e poi il marito sarebbe stata lei a frantumarsi, perché anche la sua vita è stata decisamente insoddisfacente.
Ritengo che il libro parli di condizione femminile anche alla luce del fatto che tutte le pazienti citate sono donne e tutti i medici citati sono uomini.
Concordo con tutti voi sul finale frettoloso. Intuisco che c'è una motivazione, ma personalmente non l'ho capita.
Concordo con @elis_ sul gradimento dei capitoli. Il primo e l'ultimo sono i migliori; il capitolo mezzano sul cognato non mi ha entusiasmata.
Ci leggiamo su altri topic!