Eccomi qua!

Essendo una nuova iscritta, questa per me è stata la prima lettura del mese alla quale ho partecipato. Ammetto che ero molto scettica sull'iniziare o meno a leggere questo libro, ma poi la trama mi ha incuriosita e quindi mi sono buttata anch'io!
Che dire, sicuramente si tratta di una lettura “strana”: la punteggiatura mancante, i personaggi assolutamente anonimi, le situazioni poco realistiche ed estremizzate.
Il fatto che i dialoghi fossero separati solo da una virgola mi ha fatto perdere il filo diverse volte, lo ammetto. Spesso non capivo più chi stesse parlando o di che cosa e dovevo rileggere da capo per dare un senso al tutto.
Per quanto riguarda l'anonimato dei personaggi: mi ha fatto pensare al fatto che noi, tutti i giorni, incrociamo per strada persone di cui non conosciamo il nome. Magari poi, per qualche strano motivo, quelle stesse persone ci ritornano in mente e le distinguiamo proprio pensando “la ragazza con gli occhiali scuri”, “il farmacista” e così via. Diamo un'identità a quelle persone in base alla loro professione o a seconda di che cosa ci ha colpito di loro quando le abbiamo viste. In fondo siamo tutti un po' anonimi quando andiamo in giro, siamo tutti degli esseri umani uguali, che si distinguono solo in base a gusti nel vestire, comportamenti e professioni. Un nome ci fa sentire davvero così importanti, così diversi dagli altri, ma in fin dei conti a cosa serve la nostra identità nominativa in situazioni estreme? Insomma, la morte non guarda di certo come ci chiamiamo (e chiedo scusa per la macabra considerazione).
Certamente è un libro surreale, ma che ci mette di fronte alla capacità di noi esseri umani di essere tanto buoni o tanto cattivi... e leggendo queste pagine ci rendiamo conto di quanto, spesso e volentieri, sia facile voltare le spalle a chi sta male, quanto sia facile scegliere di non vedere. Forse (ovviamente non parlo della vera condizione degli occhi che non vedono), siamo noi stessi a scegliere ogni giorno come, quanto, per quanto, quando e con chi essere ciechi. La vera cecità è l'indifferenza!
La moglie del medico incarna sicuramente la parte della persona altruista e generosa e chissà che non sia stata “graziata” proprio per queste ragioni. Credo che la cecità, per ognuno dei protagonisti, fosse una specie di modo per far imparare a ciascuno di essi una lezione importante. In alcuni casi era pure una sorta di punizione: hai rubato la macchina ad un cieco e dunque diverrai cieco! Della serie: il male che fai ritorna sempre indietro!
In conclusione, non posso dire né che il libro mi sia piaciuto né che mi abbia fatto schifo. In certi momenti ho fatto fatica e l'ho trovato pesante, ma sono stata felice di averlo letto e di averci riflettuto sopra!
Se mi chiedessero “lo consiglieresti?”, penso che risponderei di sì