mi capita la strana sensazione di non saper giudicare se il libro mi sia piaciuto oppure no...

per molti aspetti mi ha conquistato: la prosa era scorrevolissima, con i discorsi diretti trattati in quel modo, con i personaggi tanto ben delineati, con gli ambienti quasi fossero dipinti per laprecisione dei dettagli...
il tema, quello vero, quello nascosto tra le righe, mi ha fatto riflettere molto: la cattiveria dell'uomo, l'idea di sopraffare gli altri, quell'assurdo confort a cui ci ha portato la tecnologia e la comodità della vita di oggi di cui non sapremmo ormai più fare a meno...
però poi mi ritrovo sul finale con tante considerazioni che mi hanno lasciato un po' stranito... innanzitutto la domanda irrisolta: perché?

cioè, per tutto il libro ci chiediamo cosa caspita sia successo, da dove venga questa cecità... alla fine non ne abbiamo risposte... dunque devo pensare che non sia un elemento importante ai fini della narrazione.. ok, ma se l'autore mi scrive in prima persona, citandomi detti e proverbi, istruendomi sul suo punto di vista etico e morale e poi mette così tanto in secondo piano l'elemento narrativo del romanzo, vuol dire che sta facendo del puro moralismo.. e a me non va giù...
poi sul finire del libro sono rimasto molto deluso dall'espediente usato per parlare della cecità, quella psicologica, del mondo religioso, un aspetto che è stato meglio affrontato narrando delle riunioni dei ciechi nelle piazze piuttosto che nell'assurda, quanto inutile e manieristica, scena delle statue e dei dipinti della chiesa...

non se ne sentiva affatto il bisogno e non avendo sviluppato la cosa è rimasta lì, inutile...
dunque mi chiedo, più che valutarlo, lo consiglierei? allora, se lo considero un libro che possa istruire, non lo è: al massimo questo libro ci può dare uno schiaffo in faccia per farci riaprire un secondo gli occhi sulla realtà del mondo; è semplicemente il punto di vista di questo scrittore che ti dice: "Guarda quanto facciamo schifo". Ok, ma quindi? non credo lo consiglierei...

in ultimo, ma il personaggio della moglie del medico? perché è l'unica che non diventa cieca? cioè, ho capito che la trama non è importantissima, ma almeno capire perché c'è un'unica donna a cui resta la vista... semplicemente perché sarebbe stata l'unica a reggere il peso di quanto è successo agli altri?
ecco perché la scena della chiesa mi è risultata tanto stonata: l'autore fa un paragone tra la moglie del medico e santa Lucia, con gli occhi sul vassoio... come se fossero diventati tutti ciechi quando qualcuno avesse fatto scempio di quelle statue e quei dipinti, tralasciando però gli occhi sul vassoio della tipica immagine della santa siracusana.. ma che c'entra? è un po' poco per essere la base narrativa di tutto il libro...
scusate, ho scritto troppo e di getto, ma non so come altro valutare questo libro...