Ho terminato la lettura, e diversamente da Ilaria non mi sono ricreduto  

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“Yalom scrive in modo semplice, scorrevole”, dice Blue, ed io concordo; ma semplicità e scorrevolezza, in relazione all’argomento trattato, non mi sono parse un pregio: pagine e concetti scorrono infatti via velocemente, senza incidere in maniera profonda.  Le impressioni iniziali sono state dunque sostanzialmente confermate: questo libro mi ha deluso.
Ma sottolineo: il libro. Perché non intendo mettere in discussione la psicologia, la psicoterapia, la professionalità dell’Autore o la sincerità di chi soffre di una determinata sindrome o patologia. Mi chiedo però a chi siano rivolte le considerazioni dell’Autore: agli specialisti, ai pazienti o ad un pubblico più vasto e generico?
A me sembra che nell’intento di rivolgersi a tutti, Yalom finisca per non rivolgersi a nessuno, se non a se stesso (“profondamente personale”, dice infatti l’Autore a proposito del libro). Difficile trarre insegnamenti universali da esperienze tanto singolari; ancor più arduo, per chi davvero è costantemente ossessionato dal pensiero della morte, trarre giovamento da qualche massima sparsa qua e là (manca solo il 
carpe diem …), a riassumere anni di sedute analitiche; limitato è infine lo spazio riservato alle procedure per addetti ai lavori.
Come scrittore, direi che Yalom qui fallisce proprio in ciò che egli considera il punto di forza di uno psicoterapeuta: il potere dell’empatia. Il racconto, così com’è strutturato, non incuriosisce, non avvince, non commuove, suscitando persino la sgradevole impressione di superficialità e banalità (cui contribuisce l’immancabile lieto fine di casi clinici apparentemente disperati e irrisolvibili: chi apre un bed&breakfast, chi si sposa, chi si mette a scrivere e pubblicare poesie …).
Come Graziella, ritengo che una semplice poesia possa  dire (e aiutare) molto di più a riflettere sull’ineluttabilità del nostro destino e sulle paure ad esso connesse. Ce ne sono moltissime: Lei ha ricordato Gozzano, io cito Mimnermo (VII sec. A.C.):
Al modo delle foglie
che nel tempo fiorito della primavera nascono
e ai raggi del sole rapide crescono,
noi simili a quelle per un attimo
abbiamo diletto del fiore dell’età,
ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.
Ma le nere dèe ci stanno a fianco,
l’una con il segno della grave vecchiaia
e l’altra della morte.
Fulmineo precipita il frutto di giovinezza,
come la luce d’un giorno sulla terra.
E quando il suo tempo è dileguato
è meglio la morte che la vita.
EmilyJane ha scritto: ....ma che canzoni assurde e macabre imparano gli americani da piccoli? Quella sui vermi che marciscono è veramente agghiacciante, per forza poi sono tutti traumatizzati dalla morte!!! 
 
 
 
Gli americani però si lasciano traumatizzare un po’ troppo facilmente, e così troppo facilmente si affidano alla psicoterapia. Un paio di esempi, presi dal web:
Si chiama “Trump anxiety”, o ansia da Trump. È la nuova sindrome di cui soffrono gli americani, secondo quanto riferiscono al Washington Post psicoterapeuti e massaggiatori, che hanno notato un’impennata di menzioni del candidato repubblicano tra le cause di stress psicofisico dei propri pazienti … Se un recente sondaggio Washington Post/ABC News sottolineava come il 69% si definisse “ansioso” all’idea di President Trump, ora l’ansia viene perfino somatizzata, con centinaia che, anche su Twitter, dichiarano di non riuscire più a dormire, di sentirsi impotenti, avere attacchi di panico e isterici, emicranie e rigidità articolare. (marzo 2016)
Troppe opportunità. Troppe scelte. Troppa fortuna. In una parola: troppa felicità. C’è anche chi si tormenta per questo, e sono i giovani americani, e chi li aiuta: un libro e un sito. E’ il quotidiano inglese The Guardian raccontare l’ultima angoscia di chi ha troppo e per questo ha paura che tutto finisca, perché teme che una vita così perfetta non possa continuare a lungo. Ma niente paura: arriva il rimedio, il volume di auto-aiuto scritto da Alexandra Robbins e Abby Wilner e intitolato “Crisi del quarto d’età”, invece che della mezza età. Il libro è stato accolto negli Stati Uniti con qualche ilarità (da parte degli over 50), mentre i 39 milioni di ventenni americani l’hanno subito accolto come loro best seller, segnale del fatto che la patologia, sia essa reale o immaginaria, è davvero diffusa. (giugno 2001)
Finirà che prima o poi qualche psicoterapeuta dovrà scrivere un libro per aiutarci a superare la paura dell'aver paura  ...