Proseguendo la lettura di questo Libro del Mese, ho incontrato un paio di aspetti interessanti che hanno destato il mio interesse e su cui sono stato portato a riflettere. Vorrei condividerli con voi
Il primo: la convinzione dei colleghi di Ron che un nero sia riconoscibile durante una conversazione per il gergo che utilizza, con la conseguente impossibilità del protagonista di parlare con i membri del Klan senza essere scoperto e quindi compromettere immediatamente l'indagine.
Questo l'estratto a cui mi riferisco:
In altre parole, non avrei saputo resistere all'impulso di ripetere di continuo «vaffanculo» e «figlio di puttana» perciò qualunque personaggio del Klan con cui ero al telefono avrebbe immediatamente capito che stava parlando con un «nero».
Questo paragrafo mi ha fatto venire in mente un termine:
generalizzare.
Dal Vocabolario Treccani:
Rendere generale; estendere, applicare a un intero gruppo di persone o di cose ciò che ha valore particolare o si riferisce al singolo.
Credo che la generalizzazione possa essere considerata come una scintilla che innesca una miccia che conduce all'esplosione di fenomeni di razzismo.
Lo scrittore, poeta e saggista marocchino Tahar Ben Jelloun scrive nel 1998
Il razzismo spiegato a mia figlia
, spiegando che il razzismo è frutto di paura, ignoranza e cattiva formazione.
Secondo l'autore occorre ad esempio "
rinunciare a idee preconfezionate, a certi proverbi che vanno nel senso della generalizzazione e di conseguenza del razzismo. Bisognerà arrivare a eliminare dal tuo vocabolario delle espressioni portatrici d’idee false e pericolose. La lotta contro il razzismo comincia con il lavoro sul linguaggio" (fonte:
La lotta contro il razzismo deve essere un riflesso quotidiano
).
Il secondo aspetto che mi ha fatto riflettere è l'elenco sterminato di candidature politiche (sia a sinistra, che a destra) di David Duke, fondatore del KKK.
Interessante e condivisibile la riflessione dell'autore a tal proposito:
"Se Duke non si fosse mai candidato a tutte quelle competizioni elettorali, i temi della sua agenda non avrebbero mai avuto alcuna occasione di essere discussi. Il fatto che abbia vinto un'elezione da repubblicano dopo essersi candidato due volte senza successo nel Partito democratico la dice lunga sulla mentalità dell'elettorato".
Il detto «Nel bene o nel male, purché se ne parli» (e simili) parafrasa un brano de Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde (1890): «There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about».
Impossibile non pensare allo scenario politico odierno, che personalmente mi sento di paragonare ad un grande teatrino, il cui palco è calcato quotidianamente da politicanti di "fama" internazionale, il cui unico scopo è raccogliere consensi e visibilità, facendo notizia a tutti i costi, dicendo ciò che la gente vuole sentirsi dire, sfruttando le nostre paure e, torniamo al primo aspetto, generalizzando ove possibile.
Il tutto su canali non istituzionali, per raggiungere le masse ed indottrinarle, guidati non tanto dalle proprie esperienze, conoscenze e competenze, ma da social media manager ed affidandosi a società come Cambridge Analytica che studiano i comportamenti delle persone per venderli al migliore offerente.
E allora la domanda che mi faccio e vi faccio è: la mentalità dell'elettorato di cui parla Stallworth è definitivamente compromessa? Davvero non riusciamo a renderci più conto di ciò che è vero o falso? Ciò che è fake news da ciò che non lo è. Non sto parlando di distinguere cosa è giusto o sbagliato, perché quello può essere soggettivo. Però almeno riuscire a distinguere il vero dal falso, documentandosi, approfondendo, studiando. Non possiamo dare tutta la "colpa" al giornalismo malato. Ognuno di noi deve fare qualcosa perché questa esperienza generi i frutti che ci porteranno ad essere elettori migliori.
Lungi da me trasformare la discussione di questo Libro del Mese in un dibattito politico o, peggio ancora, parlare di politici o partiti specifici.
Vorrei coinvolgervi in un discorso più generale, quello che un nostro conoscente chiama "
Disordine informativo".