Terminato “Il ponte sulla Drina” un paio di giorni fa.
Nel complesso son contento di averlo letto. Una lettura che richiede un certo impegno per la lunghezza e la lentezza dei capitoli. Un romanzo che necessità (forse già accennato da qualcuno) di calarsi nella mentalità balcanica fatta di lunghe chiacchierate mentre si fuma la pipa e si beve rakija alla “porta”, sul ponte, fino al tramonto del sole.
Alla fine ci si affeziona ai vari personaggi quali Lotika e Alihodgia che diventano emblemi familiari di una lotta per le proprie convinzioni e i propri valori.
Ci sono poi alcuni passaggi che mi hanno fatto riflettere.
A distanza di quindici o vent’anni, durante i quali si è nuovamente economizzato e riparato le case, l ’“alluvione” è divenuta qualcosa di terribile e grande, di caro e vicino; è stato un legame intimo tra gli uomini di quella generazione che sono ancora vivi ma sempre più rari, poiché‚ nulla unisce le creature quanto la sventura affrontata insieme e felicemente. Ed essi si sono sentiti saldamente legati dalla memoria di quella lontana calamità.
E quante calamità abbiamo visto passare, direttamente o indirettamente, in questi anni? E non siamo forse nel bel mezzo di una calamità? Ma davvero questa ci sta unendo? Per certi versi si, forse, quando per esempio si decide di vaccinarsi. Ma in molti casi mi sembra che prevalga molto l’interesse personale e l’ignoranza. Mi sono venuti in mente anche l’alluvione di Firenze, i vari cicloni e tzunami che hanno devastato diverse popolazioni e il dopoguerra. Nei racconti della ricostruzione mi sembra di vedere e capire quello spirito di cui parla Andric. Non si aveva nulla, solo fame, eppure ci rimboccava le maniche e si cercava di ripartire. “Felicemente” forse è una parola grossa, ma certamente ci si sentiva uniti.
Poi, alla fine del quinto capitolo, Andric da saggio di quella che è stata definita anche poesia in prosa, quando dice:
L’oblio cura ogni male, e il canto è il modo migliore per dimenticare, poiché, quando canta, l’uomo ricorda solo quel che gli piace.
E tanto ci sarebbe da dire sul ruolo della dimenticanza e sul canto nella nostra vita. Per esempio, come facilmente dimentichiamo il dolore (si pensi a quello che devono passare le mamme) e come la nostra mente rimuove selettivamente i cattivi ricordi tanto che, dopo tempo, si riesce a trovare gli aspetti positivi e a riderci su, anche di esperienze terribili.
E infine chiude:
E così sulla porta, in mezzo al cielo, al fiume e alle montagne, una generazione dopo l’altra apprendeva a non compiangere oltre misura ciò che la torbida acqua si portava via. In tutti penetrava la spontanea filosofia della cittadina: che la vita è un miracolo impenetrabile, perché‚ si consuma e si disfà incessantemente, eppure dura e sta salda “come il ponte sulla Drina”.
"Bea sostiene che leggere è un'arte in via di estinzione e che i libri sono specchi in cui troviamo solo ciò che abbiamo dentro di noi, e che la lettura coinvolge mente e cuore, due merci sempre più rare"
Carlos Ruiz Zafon