Ciao! Mi sa che abbiamo avuto tutti una reazione molto simile a questa lettura... anche io mi aspettavo qualcos'altro, altrimenti non credo che lo avrei proposto. Sapevo che era un nuovo tentativo di raccontare l'epica bretone, e sapevo che essendo scritto da un filologo sarebbe stato molto fedele alle fonti, ma... forse troppo!
L'impressione che ho è di leggere proprio una versione in prosa dell'epica originale, che essendo risalente al Basso Medioevo per forza di cose è enormemente diversa da qualsiasi cosa siamo abituati a leggere. Di conseguenza, è un lavoro molto apprezzabile ma di nicchia. Mi aspettavo sinceramente qualcosa di più rielaborato... ora, a me, che ho una formazione di studiosa di Lettere, questa roba entusiasma, ma è stato un caso. Proverò comunque a ricavarne qualcosa, offrendovi qualche spunto!
Quale dovrebbe essere la datazione voluta dall'autore? Il medioevo in quelle regioni copre più di 1000 anni... Nelle battaglie si parla di staffa, che comparve nel XII secolo in Normandia se non sbaglio, con Guglielmo il conquistatore...(Giulio Cesare avrebbe avuto circa 1200 anni...)
Questo, per esempio, è un equivoco di fondo: non esiste nessun autore, questo è un ciclo di leggende che si è trasmesso di voce in voce, prima di venire trascritto, quindi è pieno di ricostruzioni e contaminazioni molto fantasiose! Evidentemente Giulio Cesare era un personaggio talmente famoso in Bretagna, e al tempo stesso talmente lontano, che è diventato un personaggio leggendario al pari di re Artù. Dal lato nostro della barricata abbiamo molto più presente la scansione cronologica degli eventi, oltre ad essere molto più influenzati dalla storia di Roma. Ma nel Medioevo non era così, e non c'era granché interesse per l'aderenza storica ai fatti in queste opere.
Capisco che possa aver dato fastidio, ma io invece l'ho trovato molto buffo e per di più affascinante, perché rivela uno sguardo per noi assolutamente inedito, cioè come dovevano aver visto le imprese di Roma al di là delle Alpi. Mi affascina il mondo di questi racconti perché sono un ibrido, mescolano tutte le origini della Bretagna: ci sono tracce del folklore celtico, i romani, e il tutto cerca di innestarsi in un'epica cristiana, perché ormai il Cristianesimo era la religione più diffusa. Da questo punto di vista sono veramente colpita (sono un po' una nerd di questi argomenti, se non si fosse capito).
Ultima considerazione prima di riprendere la lettura. Mi è sembrato di ravvisare delle somiglianze con alcuni eventi accaduti (e personaggi descritti) nella trilogia de Il Signore degli anelli di Tolkien, Ad esempio la parte in cui Artù e i cavalieri attendono dietro le porte chiuse in sella ai cavalli l'ordine di Merlino prima di gettarsi nella mischia è rievocato uguale nel film Il ritorno del Re, se non sbaglio; o lo stesso Merlino che per carattere e temperamento sembra Gandalf. A nessuno è sembrato?
E' possibile che Tolkien (1950) vi si sia ispirato?
Questa invece è una felicissima intuizione: è noto infatti che l'intenzione di Tolkien nel scrivere "Il Signore degli Anelli" e tutte le opere ad esso connesse intendesse costruire un'epica e una mitologia che nel mondo anglosassone a suo parere mancava, ricostruendo tutto ciò che c'era prima dell'unico ciclo noto (che sono, appunto, le leggende bretoni). Nelle intenzioni di Tolkien Artù e compagni venivano dopo tutto l'universo da lui creato; e se non ricordo male, gli elfi erano gli antenati di quello che sarebbe diventato poi il piccolo popolo (fate e folletti che, per esempio, fanno ancora la loro comparsa nelle opere di Shakespeare).
Vado però a memoria di quanto mi disse un esperto tolkieniano, se ci fosse qualcuno qui più ferrato di me forse potrebbe aiutarmi...