In settimana ho iniziato l'ascolto dell'audiolibro di questo Libro del Mese (letto dal nostro "Aragorn" nazionale
) e sono giunto circa a metà. Ho letto tutti i vostri commenti.
Anche io, come Maria Luisa, sono lievemente ipocondriaco o comunque, leggere certe cose, mi mette un po' di ansia/angoscia.
Pertanto il formato dell'audiolibro in questo caso mi è congeniale perché scorre rapidamente e mi dà modo di passare attraverso le varie storie raccontate da Sacks come se stessi attraversando il corridoio di un ospedale molto particolare affacciandomi con discrezione nelle varie stanze via via che le incontro senza però soffermarmi troppo ad "osservare". Credo che la lettura mi avrebbe naturalmente indotto ad una maggiore attenzione e credo che l'audiolibro forse non sia il migliore dei formati per la saggistica... ma in questo caso è perfetto per il me ipocondriaco!
Come altri hanno notato, piace anche a me il fatto che il libro sia potenzialmente alla portata di tutti: l'enfasi non è posta sui tecnicismi bensì sulle storie dei pazienti. Ho anche pensato che questo materiale sarebbe perfetto per una serie TV alla Dottor House ma basata unicamente su patologie neurologiche come quelle descritte da Sacks. Se non altro, portarle sullo schermo servirebbe per creare consapevolezza su certi temi. Anche questa sarebbe una forma di "medicina narrativa".
Relativamente alle osservazioni di Bea e Miriam (che potrei riassumere in "Esistono malattie di serie A e malattie di serie B"?), mi sento di dire che
idealmente dovrebbero tutte essere trattate in egual misura ma siccome non lavoriamo a risorse infinite (dove con risorse parlo principalmente di strutture, strumenti, medici e fondi), credo sia normale che la ricerca medica si concentri maggiormente laddove le statistiche indicano una maggior incidenza della specifica patologia. Non ci voglio vedere per forza un aspetto puramente economico legato ad i maggiori guadagni.
Seppur tutte le patologie siano degne idealmente della stessa attenzione, la ricerca medica deve necessariamente operare una scelta.
L'importante sarebbe che comunque, seppur più lentamente, certe patologie molto particolari, quasi uniche nel loro genere come alcune di quelle descritte nel libro, siano comunque attenzionate, seppur comprensibilmente con minori fondi e maggiore lentezza. Approccio molto brutto ma realistico.
Sul sapere/non sapere, sono allineato al pensiero di Maria Chiara e Beatrice.
lettereminute post=62226 userid=6958In merito al dibattito "conoscenza o ignoranza" io sono un po' della parrocchia di Bea. Secondo me non sempre la conoscenza rende liberi, e lo dico da appassionata di (e lavoratrice della) conoscenza: non smetto mai di leggere né di studiare e credo fortemente nel suo potere. Ma bisogna vedere se sei emotivamente preparato per questa conoscenza, e se questa ti libera o ti paralizza. La conoscenza è il primo passo, e senza non vai da nessuna parte, fin qui sono d'accordo: ma senza azione, la conoscenza è solo conoscenza. Conoscere e non essere in grado di agire può essere molto frustrante e generare un'enorme quantità di infelicità e sofferenza. Penso che dipenda da caso a caso.