Sabato, 06 Settembre 2025

Febbraio 2023 - L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello

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05/02/2023 14:01 - 05/02/2023 14:12 #62220 da bibbagood
Io ho letto il primo caso, L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, e per rispondere alla vostra domanda, mmmmmm, io di soltio sono sempre per il non sapere, secondo me,banalizzando, gli stupidi sono molto più felici degli intelligenti perchè la consapevolezza crea bisogno e con quello l´irrequietezza e l´infelicità, quindi anche qua direi che soffre molto di più chi si rende conto di star cambiando e di non riuscire più a essere chi era prima. Ma nel nostro protagonista purtroppo non c´è solo "spensieratezza" o mancata percezione del suo deficit, bensì in alcuni momenti è completamente spaesato, e non avendo la percezione che è a causa di questo deficit, forse è ancora peggio. Lui è riuscito a trovare la sua dimensione, il suo ritmo, con la musica, tramite cui riesce a interpretare la realtà e ad avere il suo posto, ma appena gli viene tolta, appena perde il ritmo, si trova improvvisamente spaesato, fuori posto, completamente perso. Quindi non so, credo entrambe le situazioni hanno troppi svantaggi-vantaggi rispetto all'altra per risultare ai miei occhi preferibili.

"Il solo mezzo di sopportare l'esistenza è di stordirsi di letteratura" Gustave Flaubert
Ultima Modifica 05/02/2023 14:12 da bibbagood.

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05/02/2023 19:19 #62222 da davpal3
Anche io ho iniziato (ho scoperto di avere il libro a casa ) e ho letto la prefazione e il primo racconto. In scala molto minore, ma posso capire come si sentiva il signor P., perché mi capita di non riconoscere i volti (secondo la mia personale diagnosi, ho una forma lieve di prosopagnosia :D).
In generale, meglio essere consapevoli o inconsapevoli della malattia? Difficile rispondere, ma personalmente non vorrei mai ridurmi allo stato di totale incomprensione del mondo esterno.

Il libro è interessante soprattutto per i casi. Tendo a leggere molto velocemente gli aspetti più tecnici, sia perché mi annoiano sia perché penso che potrebbero ormai essere superati.

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05/02/2023 23:06 #62223 da elis_
Sono arrivata con fatica alla terza parte e, con rammarico, ho deciso che mi fermerò qui :( questa lettura non mi sta dando stimoli e mi rendo conto che me la sto proprio imponendo, sbuffando dopo ogni capitolo e distraendomi dopo qualche frase. Non ho capito il vero motivo dato che, sulla carta, è un argomento che mi affascina, ho cercato di darmi qualche risposta: 1) i saggi difficilmente mi appassionano, 2) conosco quasi tutte le patologie descritte, molte ho anche avuto modo di incontrarle durante il mio percorso professionale, quindi questo libro non suscita la mia curiosità, 3) anche se c'è qualche caso più interessante e curioso (ad esempio quello della ragazza "disincarnata"), mi sembra venga narrato comunque troppo velocemente, come se questo libro fosse solo una serie di casi clinici con qualche riflessione nel mezzo. Mi spiace ma proprio faccio fatica a continuare e penso che non abbia senso leggere distrattamente e svogliatamente. Seguirò comunque con piacere tutti i vostri commenti!

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06/02/2023 07:41 - 06/02/2023 07:44 #62224 da Francis

bibbagood post=62220 userid=1044Io ho letto il primo caso, L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, e per rispondere alla vostra domanda, mmmmmm, io di soltio sono sempre per il non sapere, secondo me,banalizzando, gli stupidi sono molto più felici degli intelligenti perchè la consapevolezza crea bisogno e con quello l´irrequietezza e l´infelicità, quindi anche qua direi che soffre molto di più chi si rende conto di star cambiando e di non riuscire più a essere chi era prima. Ma nel nostro protagonista purtroppo non c´è solo "spensieratezza" o mancata percezione del suo deficit, bensì in alcuni momenti è completamente spaesato, e non avendo la percezione che è a causa di questo deficit, forse è ancora peggio. Lui è riuscito a trovare la sua dimensione, il suo ritmo, con la musica, tramite cui riesce a interpretare la realtà e ad avere il suo posto, ma appena gli viene tolta, appena perde il ritmo, si trova improvvisamente spaesato, fuori posto, completamente perso. Quindi non so, credo entrambe le situazioni hanno troppi svantaggi-vantaggi rispetto all'altra per risultare ai miei occhi preferibili.


Trovo molto interessante questa riflessione: il sono sempre dal lato della Conoscenza. La Conoscenza ti dona la Libertà. Quelli che sono i più felici, sono di certo i meno liberi. Basti pensare alla Religione che combatte la conoscenza, che si fonda su dogmi inspiegabili... Che punisce chi "mangia la biblica mela" per avvicinarsi alla Conoscenza!
Anche nella Medicina, per me, non ci sono differenze. Ci sono però, mi rendo conto, dei caratteri diversi tra le persone, quindi ci sono sicuramente delle persone che recepiscono diversamente la conoscenza della propria malattia e questo può influire sul modo di viverla o, se possibile, di combatterla. 
E' molto bello, non proprio su questo argomento, ma su qualcosa di affine, il capitolo XV ("Reminiscenze"): la signora O'C vuole restare ammalata, la signora "O'M vuole combattere la sua malattia (la stessa della prima signora). Pul far riflettere anche sull'argomento della Conoscenza.

Io intanto ho concluso oggi in treno il capitolo XVII. Mi sono commosso, è stato davvero toccante. "Passaggio in India". Per fortuna che ero in treno, cos ho dovuto tenere un contegno!

Che lettura meravigliosa e stimolante!!!

...in medio stat virtus...
Ultima Modifica 06/02/2023 07:44 da Francis.

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06/02/2023 10:01 #62226 da lettereminute

Il libro è interessante soprattutto per i casi. Tendo a leggere molto velocemente gli aspetti più tecnici, sia perché mi annoiano sia perché penso che potrebbero ormai essere superati.


Sì, anche io quei passaggi tendo a scorrerli più velocemente. Da questo punto di vista il libro è stata un po' una delusione, nel senso che mi aspettavo fosse tutto molto appassionante, comprese le parti più tecniche, ma questo è dato dal fatto che le opere di Sacks sono molto osannate e quindi mi aspettavo qualcosa di travolgente dall'inizio alla fine. :D Invece mi sembrano articoli scritti non per il comune lettore, ma per una platea di persone più simili a lui, per professione o per una buona preparazione filosofica. Non che mi dispiaccia leggere di filosofia, ma non sono molto ferrata e non gli sto dietro.

I casi sono comunque interessanti e le domande che fanno sorgere pure. In merito al dibattito "conoscenza o ignoranza" io sono un po' della parrocchia di Bea. Secondo me non sempre la conoscenza rende liberi, e lo dico da appassionata di (e lavoratrice della) conoscenza: non smetto mai di leggere né di studiare e credo fortemente nel suo potere. Ma bisogna vedere se sei emotivamente preparato per questa conoscenza, e se questa ti libera o ti paralizza. La conoscenza è il primo passo, e senza non vai da nessuna parte, fin qui sono d'accordo: ma senza azione, la conoscenza è solo conoscenza. Conoscere e non essere in grado di agire può essere molto frustrante e generare un'enorme quantità di infelicità e sofferenza. Penso che dipenda da caso a caso (ora sono curiosa di arrivare al capitolo XV).

Io ho riflettuto molto sull'argomento, avendo avuto uno dei miei nonni con una forma di malattia neurodegenerativa negli ultimi 10 anni di vita. Questi sono i casi più comuni, credo (Alzheimer e simili) e ti costringono a fartele, queste domande. Nel suo caso la malattia era quasi più impattante su chi gli viveva accanto: lui se ne è andato molto lentamente, e in maniera abbastanza pacifica. Mi sorprendeva sempre vederlo con la serenità e la curiosità di un bambino, nei pochi momenti in cui si svegliava per dire qualcosa. Non l'ho mai trovato grottesco, né mi angosciava. Sarà questo che ha influenzato molto la mia opinione a riguardo, che sicuramente è parziale: so per esempio che i farmaci hanno dato un buon contributo a questa sua serenità. Ma di sicuro c'era il fatto che non essendo conscio della sua perdita, non ne soffriva. Inoltre manteneva altre forme di conoscenza, più corporee o affettive (anche se mi salutava tre o quattro volte nel corso della stessa visita, era sempre felice di vedermi, e questo trasmetteva gioia anche a me, non so come spiegarmi).

@elis_ mi spiace che abbandoni la lettura ma lo capisco, ti sei spiegata molto bene. Anche io ci ho trovato un po' meno di quanto speravo ma vabbè, per me è il classico effetto di delusione da troppo hype. Dev'essere un libro che colpisce chi "risuona" particolarmente con l'autore: vedo Francis molto coinvolto nella lettura! :D

Maria Chiara | Redattrice editoriale e per il Web | Social: @lettereminute
Anch'egli sarebbe invecchiato, anch'egli un giorno sarebbe dovuto morire [...]. Ma oggi egli era giovane, era un bambino, il nuovo Siddharta, ed era pieno di gioia. (Siddharta, Herman Hesse)
Ringraziano per il messaggio: davpal3, elis_

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06/02/2023 10:33 #62227 da davpal3


Io ho riflettuto molto sull'argomento, avendo avuto uno dei miei nonni con una forma di malattia neurodegenerativa negli ultimi 10 anni di vita. Questi sono i casi più comuni, credo (Alzheimer e simili) e ti costringono a fartele, queste domande. Nel suo caso la malattia era quasi più impattante su chi gli viveva accanto: lui se ne è andato molto lentamente, e in maniera abbastanza pacifica. Mi sorprendeva sempre vederlo con la serenità e la curiosità di un bambino, nei pochi momenti in cui si svegliava per dire qualcosa. Non l'ho mai trovato grottesco, né mi angosciava. Sarà questo che ha influenzato molto la mia opinione a riguardo, che sicuramente è parziale: so per esempio che i farmaci hanno dato un buon contributo a questa sua serenità. Ma di sicuro c'era il fatto che non essendo conscio della sua perdita, non ne soffriva. Inoltre manteneva altre forme di conoscenza, più corporee o affettive (anche se mi salutava tre o quattro volte nel corso della stessa visita, era sempre felice di vedermi, e questo trasmetteva gioia anche a me, non so come


Capisco perfettamente questa sensazione, è capitato anche a me e fa un effetto molto strano. A me dava la sensazione che i sentimenti umani profondi sono sempre positivi e spesso si esprimono proprio quando una persona “abbassa la guardia” e smette di preoccuparsi delle convenzioni sociali.
Ringraziano per il messaggio: Giami23, lettereminute

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06/02/2023 12:05 #62228 da lettereminute

Capisco perfettamente questa sensazione, è capitato anche a me e fa un effetto molto strano. A me dava la sensazione che i sentimenti umani profondi sono sempre positivi e spesso si esprimono proprio quando una persona “abbassa la guardia” e smette di preoccuparsi delle convenzioni sociali.


Sono contenta che condividi con me questa esperienza, perlomeno il lato bello. Ovviamente c'è il lato oscuro, ma io personalmente ho trovato meraviglia in questo lato più luminoso, meno scontato. Ripeto a scanso di equivoci che non tutti i casi sono così, e che i farmaci aiutano a tenere la situazione sotto controllo, c'è chi invece si incattivisce parecchio e in quel caso sono dolori. Nel caso di mio nonno non so se fosse dato dal carattere, dai farmaci, dal caso, insomma non ne ho idea. Devo dire che ha sempre avuto anche in vita un ottimo carattere, ma vai a sapere se è quello o solo una coincidenza. Fatto sta che ne ho davvero un ottimo ricordo sino alla fine, mi ha dato questa stessa impressione di "purezza" che ha dato a te, e fosse anche solo per fortuna, sono contenta di avere avuto quest'opportunità. Intendo dire che, data la situazione che in sé per sé è già alienante e, e che dà tante preoccupazioni e fatica a una famiglia, almeno ho avuto il privilegio di vederlo andarsene poco a poco e senza angoscia, trovando anzi gioia in queste cose piccolissime.

Maria Chiara | Redattrice editoriale e per il Web | Social: @lettereminute
Anch'egli sarebbe invecchiato, anch'egli un giorno sarebbe dovuto morire [...]. Ma oggi egli era giovane, era un bambino, il nuovo Siddharta, ed era pieno di gioia. (Siddharta, Herman Hesse)
Ringraziano per il messaggio: Giami23

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06/02/2023 14:52 #62232 da porthosearamis
è il secondo libro che leggo di Sacks....della prima lettura, Gratitudine, lascio il link alla pagina del nostro forum

www.ilclubdellibro.it/forum/20-realistic...ver-sacks.html#54561

peraltro, non so se è già stato detto, la figura di Sacks ha ispirato il film Risvegli, con De Niro e Robin Williams

in ogni caso, anche in questo libro, come in Gratitudine, trovo la capacità di Sacks di parlare di argomenti delicati e dolorosi con consapevolezza ed ironia. Requisito essenziale per rendere fruibile qualcosa che rimane sempre un diario clinico.
 
Ringraziano per il messaggio: Giami23, Cri_cos

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07/02/2023 16:35 - 07/02/2023 17:59 #62241 da bibbagood
@Giami grazie per la tua risposta, che da persona interna al settore mette ancora più angoscia, ma purtroppo negli ultimi anni ho avuto molte esperienze di medici e ospedali e mi ritroo in tutto quello che dici. Come dicevamo appunto al gruppo di lettura, i pazienti ormai sono visti come dei clienti e si sentono anche come tali, quindi se pagano vogliono avere un determinato servizio e quindi i medici magari anche per quello rischiano di meno e preferiscono tergiversare, mandarti da altri specialisti, o liquidarti velocemente. Sul fatto che ci sia troppo poco personale sanitario rispetto ai pazienti, non so proprio come si possa cambiare questa tendenza, anche se proprio un paio di giorni fa parlavo con una mia amica che tra tutti i nostri amici io ne ho solo uno che è medico, e lei solo un conoscente, nessuna delle due ha nella cerchia di amici infermieri, mentre entrambe abbiamo una sfilza di amici che è avvocato, ingegnerie, consulente. Quindi le persone della nostra generazione studiano poco professioni sanitarie? sono facoltà che scoraggiano, per tipo di studio e prospettive future? Riesco tranquillamente a capire che un chirurgo che fa 3 interventi al giorno non ha la minima voglia di passare anche ore a parlare con quei pazienti, già è tanto se taglia nel punto giusto e non perde di vista qualcosa. 

@davide, perchè secondo te sono cose superate? Il libro non è vecchissimo e per ora (ho letto i primi 4 casi) non mi sembra racconti di patalogie su cui adesso abbiamo una cura valida, oppure che affrontiamo con una professionalità diversa.

Per quanto riguarda i casi di Alzeimer invece purtroppo io ho un'altra esperienza, la nonna di mio marito, da cui ho vissuto per un bel po e con cui stiamo spesso, si è ammalata praticamente da un giorno all'altro, o comunque ha avuto un tracollo velocissimo e per lei le medicine sono invece secondo noi terribili. All'inizio della malattia era difficile starle dietro, perchè se non la controllavi si alzava di notte o usciva e se avevamo fortuna qualcuno del paese la vedeva e ci chiamava, quindi deve prendere spesso varie medicine per il sistema nervoso come anche calmanti e questo hanno contribuito a renderla completamente spenta, con lo sguardo vuoto. Nei periodi in cui le diminuiamo le medicine, è molto più presente, ovviamente non si ricorda le cose ecc, però ti guarda e capisce cosa le succede intorno. Inoltre si, lei è uno dei casi anche un po' agressivi a cui accennava Maria Chiara, ma come dicevi anche tu, non so se forse questo dipende più da altre circostanze. Lei prima non era assolutamente aggressiva, anzi, però ha avuto sempre il totale controllo della casa (casalinga con 4 figli), il marito non sa cuocersi neanche un uovo perchè è lei che per 60 di matrimonio si è occupata sempre di tutto; quindi all'inizio della malattia per lei è stato veramente un trauma dover avere una donna, un'estranea, a casa che la aiutasse, che cucinasse, che le dicesse cosa fare, e il fatto di star perdendo velocemente il controllo deve averla fatto stare malissimo.

"Il solo mezzo di sopportare l'esistenza è di stordirsi di letteratura" Gustave Flaubert
Ultima Modifica 07/02/2023 17:59 da bibbagood.
Ringraziano per il messaggio: Giami23, lettereminute

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07/02/2023 23:13 #62247 da davpal3

@
@davide, perchè secondo te sono cose superate? Il libro non è vecchissimo e per ora (ho letto i primi 4 casi) non mi sembra racconti di patalogie su cui adesso abbiamo una cura valida, oppure che affrontiamo con una professionalità diversa.


Il libro è di 37 anni fa, quindi penso e spero che in questo come in altri campi la medicina si sia notevolmente evoluta.

Leggendo gli altri casi (sono a circa 1/3), cresce sempre più il senso di stupore e tristezza per come le vite possano essere totalmente sconvolte da eventi imprevedibili e casuali.
Ringraziano per il messaggio: silviArki

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