lettereminute post=66901 userid=6958
A proposito: se ho letto bene nel colophon il titolo originale non è questo, che pure è diventato così famoso da trasformarsi in aforisma... bensì "Eichmann a Gerusalemme", più asciutto, da cronaca. Che ne pensate? Chi sarà uscito fuori con questo titolo?!
Nella mia edizione non c'è scritto nulla al riguardo e io ho sempre visto il libro con il titolo "La banalità del male" e il sottotitolo "Eichmann a Gerusalemme", ma cercando su internet sembra che il resoconto fatto da Arendt all'inizio avesse le due parti invertite, ovvero:
Eichmann a Gerusalemme: resoconto sulla banalità del male ("
Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil"), ma poi Feltrinelli ha deciso di invertire le due parti:
"Dal dibattimento in aula, infatti, Arendt ricaverà l'idea che il male perpetrato da Eichmann - come dalla maggior parte dei tedeschi che si resero corresponsabili dell'Olocausto - fosse dovuto non a un'indole maligna, ben radicata nell'anima (come sostenne nel suo
Le origini del totalitarismo) quanto piuttosto a una completa inconsapevolezza di cosa significassero le proprie azioni." (da wikipedia)
Non saprei quanto cambi il fatto che il titolo sia stato invertito, in effetti mi verrebbe da dire che quello attuale è più incisivo, perché Eichmann è più che altro un simbolo, un esempio della banalitá del male, nel libro viene analizza la banalità del male e il processo è forse più che altro un espediente.
@Vanna, grazie per la segnalazione, non conoscevo il libro! Per rispondere alla tua domanda, secondo me la verità sta un po'nel mezzo, ma ho una tendenza più per la teoria di Arendt, se non altro perchè purtroppo più credibile: se il genocidio nazista fosse infatti dovuto a personalità singole effettivamente malvagie, intrinsecamente assassine, credo ci sarebbe stata una resistenza maggiore da parte del resto della popolazione e dei paesi, si sarebbe dato un peso diverso alle loro azioni. Il fatto che invece sia stato possibile che si arrivasse a quel punto là, che a noi può sembrare incredibile, trova invece secondo me spiegazioni sufficienti nelle analisi che fa Arendt in questo libro, in cui dai vari episodi, anche i più quotidiani, rende chiaro come ci fosse una percezione un po' sfalzata, ovattata di quel che stava accadendo. Questo, come abbiamo detto all'inizio, potrebbe in parte forse deresponsabilizzare e ridimensionare il peso che si dà al genocidio nazista come di un evento inumano, ma in realtà la vedo più come la vede Arendt, ovvero che è proprio la semplicità di come siano andate le cose che fa sì che diventi ai nostri occhi un evento mostruoso. Se gli si dà invece un'importanza di partenza come un evento particolare, un qualcosa di eccezionale dovuto alla malvagità di pochi oligarchi che decidevano per tutti, secondo me così ne si ridimensiona, si sminuisce il significato, perchè abbiamo la percezione che ci riguarda di meno e allora sì che in quanto umani ci sentiamo deresponsabilizzati.