Ho letto i primi due capitoli, che ci introducono sì la figura di Eichmann, ma soprattutto il contesto del processo, cosa é successo fino a quel momento e qual era la situazione.
Il linguaggio lo trovo piuttosto difficile, molto tecnico, e secondo me anche la traduzione è piuttosto vecchia....ho un'edizione nuovissima, però la traduzione secondo me non è attuale, viene persino tradotto Versailles...Questo fa sì che nonostante riesca a tenere attiva la concentrazione, a volte ho difficoltà a capire di cosa si sta parlando, perchè Arendt fa confronti continui tra le varie prese di posizione, criticando di base tutti, e quando argomenta le sue motivazioni mi perdo un po', non capisco se una cosa dovrebbe confermare una teoria o meno.
Sicuramente si percepisce quanto fosse arrabbiata e informata, apprezzo molto il suo spirito critico verso tutti, sarebbe stato facile cadere nell'opinione comune di difendere a priori gli ebrei oppure viceversa di cercare di contenere il più possibile la cosa evitando di prendere posizioni di accusa. Invece lei critica tutti senza distinzione.
Ho letto molto riguardo questo periodo e visto molti film, anche per questo non ho apprezzato particolarmente La zona d'interesse, perchè semplicemente per il mio caso specifico non ha aggiunto niente che non avessi già visto o letto (ma questo non toglie che trovo comunque importante continuare a fare film e libri su questo tema), ma in queste pagine ho già trovato qualche dettaglio che non conoscevo o più che altro su cui di solito non ci si sofferma. Nella sua critica nei confronti dell'estremismo ebraico (tra l'altro posizione decisamente originale per una ebrea sfuggita al nazismo in un libro che parla dei crimini di guerra nazisti) racconta ad esempio dei parallelismi tra le leggi razziali di Norimberga del 1935 e la ancora vigente legge rabbinica, la quale ad esempio anche non permette matrimoni con non-ebrei, attuando quindi un "razzismo" essa stessa.
L'approccio al processo trovo sia molto interessante e solleva una questione piuttosto difficile: bisogna giudicare solo la persona in sè, non tenendo conto del contesto? Bisogna giudicare il contesto, che potrebbe quindi considerarsi un'aggravante se le azioni del singolo sono in realtà parte di un genocidio? "la giustizia vuole che l'imputato sia processato, difeso e giudicato, e che tutte le altre questioni, anche se più importanti ("come è potuto accadere?", "perchè è accaduto?", "perchè gli ebrei?", "perchè i tedeschi?", "qual è stato il ruolo delle altre nazioni?", "fino a che punto gli Alleati sono da considerarsi corresponsabili?", "come hanno potuto i capi ebraici contribuire allo sterminio degli ebrei?", "perchè gli ebrei andavano a morte come agnelli al macello?"), siano lasciate da parte."
Che ne pensate? È possibile veramente giudicare in queste circostante le azioni del singolo individuo?
Comunque, fa un po'strano leggere queste cose adesso. Questi processi, come anche quello di Norimberga, sembrano una cosa eccezionale, perchè era la prima volta che succedeva una cosa del genere, di cui tutto il mondo era testimone. Adesso questo tipo di processi non avrebbe più senso, perchè i genocidi sono una cosa ormai normale e accettata dalla maggior parte delle nazioni, e il libro di Hannah Arendt racconta un mondo molto pù lontano di quello che effettivamente è, in cui é difficile ritrovarsi. Non penso ci siano ancora degli Eichmann, tutti al giorno d'oggi sono più che consapevoli di quello che fanno.
"Il solo mezzo di sopportare l'esistenza è di stordirsi di letteratura" Gustave Flaubert