Ho finito anche io.Concordo con davpal. Anche io non sono sicuro che Effi non abbia avuto passione, o provato sentimenti, o entrambi. Se ne parla poco in tutto il racconto ed è vero che è Effi stessa a definire Crampas quel “poveretto che non amavo neppure e che avevo dimenticato appunto perché non l’avevo amato”, ma lo dice dieci anni dopo il tradimento. Il corteggiamento di Crampas si protrae per mesi, la successiva relazione si prolunga anh’essa nel tempo, gli incontri sono molteplici e vi è una nutrita corrispondenza epistolare tra i due. Corrispondenza che Effi porta con se a Berlino e conserva nel tempo – “a che scopo ci sono le stufe e i camini?”. Da una lettera di Crampas Innstetten scopre che Effi aveva proposto a Crampas di fuggire con lei - Tu scrivi: “Via, fuga - e che Crampas aveva rifiutato non potendo piantare in asso la moglie, proponendo di prendere la cosa “alla leggera” altrimenti sarebbero stati poveri e perduti - La leggerezza è ciò che abbiamo di meglio. E’ solo a questo punto che Effi vede il trasferimento a Berlino come la loro salvezza dovendo “benedire la mano che ci ha destinati a questa separazione”. Secondo me era seriamente coinvolta.Non ho visto Effi immolarsi per il bene della figlia. Per tre anni non la ricerca. La rivede dopo tre anni e la inonda di domande senza nemmeno tentare di mettere dapprima a suo agio la bambina. Al terzo “se mi sarà permesso” va su tutte le furie e la rispedisce al mittente. Tutto l’incontro si conclude in una manciata di minuti e non ne resta altro che il suo disprezzo per Innstetten. Troppo facile prendersela con Innstetten. Cosa si aspettava da una bambina che rivede sua madre dopo tre anni? In tutto il libro, ed anche questo episodio lo conferma, la maternità rimane per Effi una esperienza superficiale che non la penetra nel profondo dell’essere.Alla fine perdono tutti. Crampas viene ucciso. Effi muore nella coscienza dell’errore commesso. Dopo il duello Innstetten entra in una spirale di infelicità che i suoi avanzamenti di carriera non colmano minimamente, anzi la accentuano. La madre di Effi si chiede se e cosa ha sbagliato e in cuor suo sa di aver sbagliato. Per me si salva il padre di Effi. Nonostante la poca stima della moglie - “Quando filosofeggi in tal modo… non avertene a male, Briest, ma non ci arrivi. Tu hai buon senso, ma non puoi affrontare certi problemi…”, è l’unico che se ne infischia della morale, dei diritti e dei giudizi della società, in nome di quella che ritiene la cosa più importante di tutte: “l’amore dei genitori verso i figli”. E, risoluto, decide di far rientrare la figlia a casa, nonostante l’iniziale contrarietà della moglie. Contrarietà della moglie che forse ha influito in maniera determinante già nel primo allontanamento.Ringrazio Elisa per la proposta di lettura. A me è piaciuta molto, perché in fondo “Effi è una deliziosa e fragile creatura, è come un inafferrabile pulviscolo d’oro sospeso a mezz’aria, che pervade di sé le pagine del romanzo” (tratto dall’introduzione di M.G. Nasti Amoretti). O, per dirla con le parole di Von Briest, perché dare un giudizio su Effi “è un campo troppo vasto...”.