Leggendo “Quasi un’autobiografia. L’avventura di Buzzati-Drogo dalla pagina al grande schermo” di Lorenzo Viganò (in fondo alla nuova edizione Oscar Mondadori), ho ritrovato alcune delle riflessioni che abbiamo condiviso fino ad ora.
Intanto ho scoperto che la Fortezza Bastiani è stata ispirata dagli uffici del Corriere della Sera in cui Buzzati è entrato giovane giornalista lavorandovi tutta la vita.
Il lavoro di Buzzati è descritto da lui stesso come lento e ripetitivo. Ogni giornata è uguale alla precedente e il tutto si svolge in un ambiente estremamente formale.
Scrive Viganò: “Ed è questa immobilità, questa attesa, questa ripetitività che svuota e spegne sogni e speranze e sembra condannare un Buzzati non ancora trentenne a un’esistenza vuota (e inutile), ad accendere l’idea del romanzo che la racconti. Sono il logorio dell’attesa, il torpore delle abitudini, l’irreparabile fuga del tempo che sentirà Giovanni Diego nella sua vita alla Fortezza. […] Quei giorni-fotocopia che se da un lato ne atrofizzano le ambizioni, dall’altro gli ispirano il suo libro più famoso, quello che gli darà il successo cercato”.
Mi ha fatto riflettere sul fatto che pur non cambiando drasticamente la sua vita (es. decidendo di abbandonare il Corriere della Sera), Buzzati ha trovato il modo per “combattere” la monotonia e l’apatia di quel contesto facendo qualcosa che gli piaceva. Per lui in fin dei conti possiamo dire che “sono arrivati i Tartari”!
Scrive Viganò: “Buzzati scrive innanzi tutto per sé, per raccontare il destino dell’uomo medio partendo dalla propria esperienza personale. Non pensa alla pubblicazione.”
Quando si dice volere è potere. Evidenza che il cambiamento è possibile anche dall’interno. In questo, l’autore è stato sicuramente migliore del suo personaggio protagonista.
Il libro viene pubblicato da Longanesi il 9 giugno 1940, il giorno prima dell’entrata in guerra annunciata da Mussolini. Tempismo perfetto, dice Viganò, perché “parla a chi parte per il fronte ma anche a chi resta a casa e aspetta; parla a chi sta facendo il bilancio della propria vita e a chi vi si sta affacciando”.
Il parallelismo con il periodo Covid-19 è venuto in mente anche a Viganò: “la fortezza-casa, l’attesa del nemico-virus all’esterno da cui difendersi. Il senso distorto del tempo.”
Comunque a me la Fortezza mi ha fatto pensare anche al “posto fisso”! Ricordo le conversazioni con i miei genitori quando decisi di lasciare l’aeroporto dopo otto anni di lavoro. Loro, dopo una vita in Ferrovie mio padre e in Poste mia madre, potete immaginarvi come reagirono...
Concludo consigliando a chi ha acquistato questa edizione di leggere la postfazione di Viganò in cui sono riportati anche i vari diversi finali immaginati da Buzzati. “Finali diversi per un romanzo senza fine.”, oltre agli appunti per la scrittura del romanzo pubblicati integralmente per la prima volta che hanno il pregio di farci calare nei panni dello scrittore, un’esperienza mai provata prima, almeno per me.