Qualche giorno fa ho iniziato questa lettura e vorrei cominciare a condividere con voi qualche prima impressione sul libro 
Trovo molto azzeccata l'idea di utilizzare un viaggio nella stupenda 
Kyoto (e più in particolare alcune delle sue principali attrazioni) per introdurre uno alla volta alcuni tra i 
concetti filosofici principali della 
cultura giapponese.
Per adesso ho letto i primi due capitoli e la prima osservazione da fare (vale per entrambi) è che a tratti i concetti esposti dall'autrice (che nella vita fa la 
    professional organizer
) possono sembrare davvero troppo filosofici, eterei, poco pragmatici, al punto che leggendoli mi sono domandato più volte quali fossero gli insegnamenti pratici da ricavarne. Però, ponendo attenzione a ciò che leggiamo e facendo scorrere le parole lentamente, e accompagnando quello che leggiamo con qualche ricerca on line, non è difficile entrare in sintonia con quanto scrive l'autrice, facendo auto-riflessione e cogliendone gli aspetti pratici da provare ad attuare giorno per giorno.
Faccio un esempio pratico introducendo il primo capitolo.
PRIMO CAPITOLO: WABI SABI - L'elogio dell'imperfezione
Il wabi sabi si basa sull'idea che nulla è eterno e che ogni cosa è incompiuta: dobbiamo soltanto allenarci ad accorgercene ed accettarlo. Non appena ci riusciamo, se ci riusciamo, abbiamo la strada spianata per adattarci con maggiore prontezza ai cambiamenti che la vita ci impone. Per convivere con l'imperfezione e contemplarla finalmente come la più grande bellezza del mondo.
Accettare che qualcosa possa avvenire al di fuori del nostro controllo non significa rassegnarsi, abbandonarsi ai venti del destino come una barca alla deriva. Accettare che qualcosa possa avvenire al di fuori del nostro controllo vuol dire piuttosto incoraggiarci ad andare avanti nonostante ciò che ci succede intorno, proprio come fa la natura. Il passato deve essere solo una fonte di apprendimento, deve risvegliare ricordi capaci di ispirare in noi un sorriso benevolo. Accettarlo significa anche saper distinguere ciò che vale la pena lasciare indietro da ciò per cui è necessario un intervento. E soprattutto, ciò che ci è impossibile modificare da ciò che invece aspetta soltanto il nostro contributo.
Dobbiamo smettere di opporci al cambiamento, fuori e dentro di noi. 
Facendo qualche ricerca on line ho scoperto che il concetto è stato preso in prestito intorno agli anni '90 da 
sviluppatori software ed impiegato nella 
programmazione agile per descrivere l'
accettazione dello stato di continua imperfezione.
Sotto questo punto di vista, rimanere impantanati per lungo tempo nel tentare di realizzare una nuova funzionalità a causa della ricerca della perfezione, risulta essere inutile e deleterio se si considera che 
ogni stato è transitorio e che l'
idea di finire completamente qualcosa è solamente un'illusione.
Se pensate alle wiki (es. Wikipedia stessa), il concetto è esattamente questo. Se si fosse pensato di realizzare una Wikipedia omnicomprensiva rilasciandola on line solo quando pronta, oggi ancora Wikipedia non sarebbe on line.
Invece l'approccio è stato quello di creare una piccola base solida da far crescere a piccoli passi e con un approccio collaborativo.
Anche con Il Club del Libro, se ci pensate, abbiamo adottato questo approccio, cambiando molto negli anni anche e soprattutto in base all'esperienza che facevamo qui e ai feedback delle persone.
Tornando al nome del capitolo (elogio all'imperfezione), credo di aver capito che prima prendiamo coscienza che 
il perfetto non esiste e che è proprio l'
assenza di perfezione che ci permette di andare in contro al cambiamento e migliorarci, prima incominceremo a rilasciare valore per noi stessi e per gli altri.
Qualcuno direbbe che "il meglio è nemico del bene". Il proverbio evidenza come ricercando la perfezione o ponendosi obiettivi troppi ambiziosi, si rischia di ottenere l'opposto del risultato sperato. Cercando di raggiungere un livello sempre più alto si rischia di perdere ciò che di buono già si ha. Inoltre non si considera che con il passare del tempo le condizioni mutano e che ciò che potevamo ritenere "meglio" al tempo X, potrebbe non esserlo più al tempo X+1.
Per approfondire l'argomento, suggerisco 
    questa lettura
, la quale fornisce alcune linee guida interessanti e di natura pratica che possiamo applicare nello sviluppo software ma che sono certo trovino applicazione in tanti altri contesti se generalizzate