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La Porto Seguro Editore ha pubblicato la silloge della tarantina Lucia Lo Cascio I percorsi dell’ignoranza. Ho cominciato a leggere le poesie senza troppe aspettative ma più mi addentravo nella lettura e più venivo catturata dalla scrittura di questa autrice.

Lucia, proprio come farebbe una bambina curiosa, si incammina lungo strade che gli adulti avrebbero difficoltà a percorrere, troppo spesso impegnati a ritornare su vie notoriamente rassicuranti. Il lettore si ritrova a muoversi sugli stessi suoi percorsi e, pagina dopo pagina, si accorge di cambiare occhi, di riacquistare lo sguardo innocente di un bambino, anche quando si parla di sesso (e, non a caso, il modo in cui ne scrive all'inizio cambia a mano a mano che si procede lungo il cammino). Il percorso seguito è inverso rispetto a quello dell'umana crescita, forse da qui il titolo. Da una ricerca interiore, da una voce che cerca il divino, si passa a parlare di amore carnale in tutte le sue declinazioni fino a giungere alla disperazione che invoca salvezza, liberazione dal corpo per giungere a cosa? Spiazzante la conclusione: l'ultimo percorso è rappresentativo di una reincarnazione scevra da qualsiasi ricerca, da intellettualismi. È un inno alla vita e alla gioia di vivere nel mondo così com'è, bello o brutto ma con la voglia di percorrerlo fino in fondo con la leggerezza di un bambino alle prime scoperte.

Roberta: Lucia, ti chiedo di parlarmi di poesia. Da dove viene, cosa rappresenta per te?
Lucia: Non ho mai pensato che scrivere poesie fosse qualcosa di intellettuale. Per questo spiegare cosa sia la poesia con le parole è un'impresa impossibile. La poesia viene da un luogo occulto, nascosto a noi stessi, è la voce di ciò che è, è stato e sarà. La prima forma scritta di cui si ha traccia è proprio un componimento in versi e, non a caso, è legata a un culto. Mi riferisco, per chi volesse approfondire, a Enheduanna, che scrisse dei versi di una bellezza ineguagliata alla dea di cui era la sacerdotessa, Inanna a Ur. Siamo in Mesopotamia, il periodo è quello che va tra il 2285 e il 2250 a.C. Abbiamo tre elementi: poesia, donna e preghiera. Siamo di fronte a misteri insondabili. Oggi non è cambiato molto, se ci pensi. Che ci faccia ridere, piangere, innamorare, la poesia è qualcosa di profondamente intimo, qualcosa che scoperchia il vaso del nostro cuore.

Roberta: Alla luce di quanto mi hai detto, sono curiosa di sapere quali sono i tuoi poeti di riferimento.
Lucia: Leggo molto, soprattutto saggi legati alla condizione femminile dalle origini ai giorni nostri. La poesia è un intermezzo, una piacevole interruzione dalle arrabbiature che mi vengono dalle suddette letture. Rappresenta una rigenerazione per il mio cuore. Adoro Vivian Lamarque, in particolar modo se voglio sentirmi una viaggiatrice bidimensionale, la Gualtieri se voglio pregare, la Anedda se ho nostalgia di casa, la Sexton se voglio sentirmi radicata alla terra, la Szymborska se voglio mettere in moto l'intelletto.

Roberta: Il libro è uscito proprio con l'inizio della quarantena, il 12 marzo. Cosa ha significato per te?
Lucia: Al di là di alcune date di presentazione cancellate, non ho prestato troppo seguito alla cosa. Vero è che non ho voluto pubblicizzare l'uscita del libro fino a qualche giorno fa; mi sembrava irrispettoso di fronte all'impressionante numero di persone ammalate e morte. Poi un amico, un poeta bravo e originale, Ricky Farina (cercatelo!), mi ha fatto capire che sbagliavo, che, proprio in virtù del periodo particolare che stavamo e stiamo vivendo, c'era più bisogno di distrarsi attraverso tutte le forme d'arte. Mi ha fatto riflettere. Ho pensato alla scrittura come a un tocco, una carezza: piacevole o meno che sia, è pur sempre un contatto e, in questi mesi di alienazione e solitudine, farsi toccare è comunque un dono. Ho dunque accolto il suggerimento di Ricky.

Roberta: Qual è invece il modo in cui tu hai affrontato questa quarantena?
Lucia: Mi mancano molto le mie nipotine che sono lontane. Questo è quello che mi pesa di più: non poterle abbracciare. Per il resto non ho mai fatto molta vita mondana, per cui non cambia molto rispetto alla mia routine. Ho un caro amico, artista della voce e della parola, Claudio Orlandi, che mi è stato molto vicino. Attraverso i suoi progetti, mi sono sentita parte di qualcosa di bello anche io. Claudio ha messo su un canale YouTube, Radio Pomona, e ogni giorno ha pubblicato una lettura. Ha reso questi giorni un'esperienza metafisica a tutti gli effetti. Gliene sono grata.

Roberta: Progetti per il futuro?
Lucia: Mi sto muovendo su due fronti. Sto lavorando sia a una raccolta di versi legata ai luoghi della mia vita sia a una raccolta di storie particolari, ironiche. È un progetto nuovo, dissacrante sotto certi aspetti. Vediamo cosa succede.

Lucia Lo Cascio è nata a Taranto nel 1979. Nel 2013 ha fondato l'associazione InAsherah Art per la diffusione dell'arte con uno sguardo particolare verso il mondo femminile. Come poetessa ha avuto il primo riconoscimento nel 1993 con il secondo premio nel 21° Concorso Nazionale di poesia religiosa "L'aborto: il fratellino mai nato" indetto dal Centro di cultura SS. Croce. Nel 2016 l'ultimo con il premio della giuria nel concorso "Giuseppe Gioachino Belli" dell'omonima associazione culturale. Nel 2017 una selezione delle sue poesie viene pubblicata sulla rivista Alibi. Nel 2019 è protagonista del reading di poesia nell'evento Mater Matuta presso il comune di Triora. Scrive d'arte per riviste on-line e cataloghi. Vive e lavora tra Roma e Falconara Marittima.

(articolo a cura di Roberta Ceresi)

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