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Una passione per l'arte e per le storie dimenticate guida il lavoro di Valentina Casarotto, storica dell'arte e autrice. L'abbiamo incontrata per parlare del suo nuovo libro, Il segreto nello sguardo, dedicato a Rosalba Carriera, pittrice del Settecento che riuscì a farsi strada in un mondo dominato dagli uomini. Laureata in storia dell'arte, Valentina si dedica da anni alla divulgazione, con uno sguardo sensibile e una capacità narrativa che dà spazio alle artiste del passato, come ci aveva già raccontato nella precedente intervista sul romanzo Diva d'Acciaio dedicato alla vita della pittrice Tamara de Lempicka. E adesso, lasciamo a lei la parola.

Ciao Valentina, cosa ti ha spinta a scegliere Rosalba Carriera come protagonista del tuo romanzo? È stata una figura storica spesso trascurata: cosa ti ha colpito di lei?

All'epoca lavoravo alle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Davanti all'autoritratto di Rosalba Carriera, intitolato "La tragedia", un pastello in cui la pittrice ultrasettantenne si ritrae alle soglie della cecità, mi sono commossa immedesimandomi nel dolore provato dall'artista nel sentire di perdere la vista, il suo strumento di lavoro. Sono rimasta così scossa che d'impulso ho scritto. Con quella pagina così intensa tra le mani, pagina che poi sarebbe diventata il prologo, la decisione di scrivere un romanzo è stata l'unica scelta possibile.
Come storica dell'arte conoscevo l'opera di Rosalba Carriera, tuttavia osservare da vicino i suoi pastelli conservati nel museo mi ha affascinato, mi ha reso fatto familiarizzare con il suo talento, l'eccezionale abilità nel ritrarre non solo la somiglianza fisica, ma anche l'anima e lo spirito dei suoi soggetti. I ritratti a pastello di Rosalba Carriera ci offrono una galleria del mondo aristocratico dell'inizio del Settecento, di dame imbellettate e conti incipriati, tuttavia nello sguardo di ognuno ritroviamo il guizzo autentico del loro carattere.

Nel libro esplori la relazione tra Rosalba e Antoine Watteau, anche lui pittore francese. Come hai costruito questo legame?

All'inizio, quando ho ideato la trama del romanzo, mi sono posta il problema di come raccontare anche una dimensione sentimentale. Rosalba Carriera non solo non si è mai sposata per esser più libera, indipendente e per poter lavorare, ma fu anche un'artista dalla reputazione immacolata. Niente scandali o pettegolezzi. La mia scelta narrativa è stata quindi guidata dal verosimile e dal rispetto verso i personaggi, Rosalba Carriera e Antoine Watteau si sono conosciuti a Parigi, si sono frequentati, si sono scambiati disegni, si stimavano di certo. Solo perché il Settecento è stato il secolo di Casanova, non volevo snaturare la figura di Rosalba Carriera facendola diventare una libertina o una scaltra seduttrice. Quando ho scoperto che l'intreccio amoroso tra i due artisti era stato già ipotizzato nell'Ottocento, in una breve biografia di Watteau scritta dal letterato inglese Walter Peter, mi sono sentita autorizzata a proseguire su quella linea narrativa. L'amicizia tra Rosalba e Watteau e il destino avverso poi mi facilitavano questa scelta. La liaison è stata costruita su probabili incontri, concerti, soggiorni e viaggi, tutte occasioni verosimili. La visione di dipinti dell'epoca, specie delle "feste galanti" di Watteau, mi ha fornito la "scenografia" per lo sviluppo narrativo. Io dovevo solo dar voce a un sentimento languido ed etero come le tinte del rococò.

Come descriveresti il rapporto tra la pittrice e la società dell'epoca?

La pittrice nel panorama del tempo era un'eccezione ma non una rivoluzionaria: non era figlia d'arte – suo padre era un impiegato della Serenissima e la madre merlettaia – eppure il suo talento, scoperto in tenera età, è stato valorizzato con la possibilità di andare a bottega a imparare l'arte. L'educazione impartita alle tre sorelle Carriera, quasi fossero delle aristocratiche – leggere, scrivere e far di conto, scrivere poesie, ma francese, inglese e musica – permise alle ragazze di esser inserite a corte e nei circoli letterari senza alcuna sudditanza intellettuale. Rosalba Carriera divenne una artista professionista, retribuita per il suo lavoro, non una dilettante. Curava da sé i rapporti con i suoi committenti, non aveva un procuratore ed era lei a curare in prima persona i suoi affari. Questi aspetti – educazione e talento – chiariscono come Rosalba Carriera fosse stimata e ammirata da tutti; le sue opere erano contese tra le corti; era una donna perfettamente inserita nella società veneziana e cosmopolita del tempo. Talmente famosa che presto sono cominciate a circolare opere false con il suo nome!

La vita vissuta da Rosalba si conosce attraverso le lettere e i resoconti dei viaggi. Hai utilizzato materiali epistolari o documenti storici per costruire il suo personaggio?

Su Rosalba Carriera esiste una letteratura critica solida e ampia. Usare tutto questo materiale è stato un impegno considerevole ma stimolante. La sfida narrativa era quella di far rivivere la storia, la cultura e la società del Rococò. La personalità di Rosalba – determinata e modesta, parsimoniosa ma generosa - emerge dalle sue lettere, per fortuna pubblicate in edizione critica. È stato facile immedesimarmi nel personaggio, e dare voce all'Io narrante del romanzo.
Il contesto, i personaggi, gli incontri e le relazioni sono narrate partendo da fatti reali o verosimili. Infatti l'unico personaggio inventato è la servetta Marieta!
Per creare un contesto immersivo, ho letto cronache e saggi su vari argomenti: dalla cucina ai giochi d'azzardo, dal cerimoniale alla corte di Parigi alla moda, dalla finanza internazionale all'aspetto delle città in quegli anni (molto diversi da oggi). Teatro e musica hanno un ruolo fondamentale nella narrazione, perché erano gli svaghi più alla moda del tempo, quindi non potevano mancare. Ho fatto attenzione anche al tempo atmosferico, per ricreare un tempo passato: nell'inverno del 1709 ghiacciò la laguna di Venezia, oppure il 1721 fu un anno caldissimo, favorendo le ondate di epidemie di peste. L'attenzione anche a questi aspetti rende la narrazione più coinvolgente e autentica, intesse la storia della pittrice con la grande Storia e la micro storia.

Secondo te, raccontare storie di artiste come Rosalba Carriera o Tamara De Lempicka può influenzare il modo in cui oggi si percepisce il ruolo delle donne nell'arte?

Oggi le artiste fortunatamente non subiscono più le discriminazioni di un tempo. Ma per me è importante riportare alla ribalta le vite di queste donne del passato, per ricostruire la complessità della società e restituire alla storia delle donne importanti pezzi di memoria collettiva. Un romanzo storico dovrebbe avere una diffusione più ampia degli studi critici destinati a una ristretta cerchia di esperti, quindi è un dovere della narrativa storica essere rigorosa, godibile e che racconti storie vere di donne di valore. Donne che in tempo lontano dalle conquiste sulla parità di genere, sulle quote rosa, e prive di diritti civili ordinari, sono riuscite a vivere libere, indipendenti e celebri in un mondo declinato al maschile.

5. Per il futuro hai già qualche nuovo progetto narrativo in mente?

Scrivere sviluppa dipendenza! Quindi, come da cliché, ho alcuni cantieri di scrittura aperti. Diversi secoli, nuove avventure. Sempre profili di pittrici, donne artiste. Con i miei romanzi racconto le vite di donne che erano famose in vita e oggi ingiustamente dimenticate. Sento il dovere di ricordarle, e mi farebbe piacere dare il mio contributo.

6. C'è qualche libro che ti ha ispirata che vorresti consigliare ai lettori de Il Club del Libro?

I miei consigli di lettura sono molto classici. Oltre ai romanzi storici più famosi, come Il nome della rosa, aggiungerei alcuni libri sulle donne: Anna Banti, Artemisia; Maria Bellonci, Rinascimento privato, Melania Mazzucco e la sua saga sui Tintoretto, i romanzi storici di Susan Vreeland, non solo il suo più famoso su Artemisia.

 

(a cura di Vanessa Del Chiaro Tascon)

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