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Dalla letteratura alla psicologia, ci si è soffermati molto sul mondo delle fiabe. La loro importanza nelle nostre vite è senz'altro rilevante, infatti le favole ci accompagnano dall'infanzia diventando spesso veicolo di una guida morale nella vita.

Delle fiabe si sono occupati tra i più svariati autori, con stili letterari completamente diversi tra loro: si passa da Gianni Rodari, con Favole al telefono o Le avventure di Cipollino, ad autori come Oscar Wilde, che scrive Il principe felice e altri racconti, fino a Herman Hesse, che sperimenta il genere fiabesco con il libro Leggende e Fiabe.
Il mondo delle fiabe è quindi pieno di materiale sempre nuovo e diverso. Eppure ci sono alcune favole, le più famose, che conosciamo a memoria ma di cui spesso l'origine rimane un gran mistero. Da dove vengono quindi quelle storie senza tempo che tutti conosciamo?

Cenerentola 
La fiaba per eccellenza. È stata raccontata in molte versioni, ma qual è la sua vera origine? La favola di Cenerentola sembra provenire da un'antica leggenda egiziana, quella della schiava Rodopi. Rodopi è un'incantevole schiava che vive nella dimora del suo padrone egiziano. Schernita e isolata dalle altre schiave subisce continui maltrattamenti finché un giorno il suo padrone, dopo averla vista danzare, le regala delle pantofole d'oro rosso. Qualche tempo dopo il faraone Amasis, vissuto nella XXVI dinastia egiziana, riceve a Menfi il suo popolo in un'importante celebrazione. A Rodopi viene impedito di andare alla cerimonia dalle altre schiave, che le impartiscono ogni genere di lavoro domestico. Interviene così Horus, un'antica divinità egiziana, che sotto l'aspetto di un falco ruba una pantofola d'oro rosso di Radopi e la porta al faraone. Quest'ultimo, cogliendo l'origine divina dell'evento, comincia la ricerca della proprietaria della scarpetta in tutto il regno, fino all’incontro con Rodopi, a cui la scarpetta calza perfettamente e che possiede anche la compagna gemella. Così si compie il lieto fine che tutti conosciamo: i due si sposano e "vissero felici e contenti".

Cappuccetto Rosso
Così come Cenerentola, anche questa fiaba ha origini molto antiche. Ma chi l'avrebbe mai detto che la prima versione di Cappuccetto Rosso, scritta dall'autore francese Charles Perrault nella raccolta I racconti di mamma l'oca del 1967, non aveva un lieto fine? Proprio così: il lupo mangia Cappuccetto Rosso e così finisce la storia. La morale? Ovvio! Non bisogna dare confidenza agli sconosciuti. Probabilmente Perrault pensava che lasciando un finale così duro i bambini avrebbero inteso meglio la lezione. Ma è proprio Perrault ad essersi inventato la storia di Cappuccetto? Pare che questa fiaba abbia origini ancora più antiche, infatti l'antropologo Jamie Tehrani afferma, a seguito di uno studio dettagliato sulla preistoria del racconto, che la fiaba risale al secolo XI, poiché a questo periodo appartiene un poema in lingua latina "De puellis a lupellis seruata", rinvenuto in un monastero di Liegi in Belgio, che parla di una giovane fanciulla che, vagando nei boschi, incontra un lupo che la conduce nella sua tana. Successivamente, nel XIX secolo, anche i fratelli Grimm raccontano la storia, trasformandola e introducendo la figura del cacciatore che salva Cappuccetto e la nonna, regalandoci un lieto fine. Più tardi, Italo Calvino si occuperà della storia di Cappuccetto Rosso in Fiabe italiane: questa volta, invece del lupo, la piccola bambina troverà nel letto una terribile orchessa che però riuscirà a scacciare via con astuzia.

Biancaneve
La prima versione scritta della storia di Biancaneve risale al 1812, nella raccolta Fiabe del focolare dei fratelli Grimm. Questa prima versione ha un tono totalmente diverso, molto più triste e inquietante. Non era la matrigna, bensì la madre della piccola Biancaneve a odiarla a tal punto da chiedere al cacciatore di ucciderla e di portargli il polmone e il fegato per poi cuocerli col sale. Quando Biancaneve si rifugia dai sette nani, la madre, corrosa dall'invidia, si traveste e le porta la famosa mela. Biancaneve cade in un sonno profondo e i nani, che la credono morta, la conservano in una bara di cristallo, finché un giorno un principe la vede e si innamora del cadavere della bella fanciulla. I nani, impietositi, gli danno la bara in dono. Nasce così l'ossessione del principe, che la vuole con sé in ogni momento, e quindi chiede ai suoi schiavi di portarla ovunque. Questi, stanchi di trasportare la bara dappertutto, un giorno prendono a strattonarla finché il pezzo di mela finito nella gola di Biancaneve non le esce dalla bocca e la fanciulla ritorna a vivere. Infine, per vendicarsi della madre, Biancaneve e il principe la invitano alle nozze e la costringono ad indossare delle scarpe di ferro incandescente che le bruciano i piedi finché non muore. La fiaba che conosciamo quasi non esisteva in questa prima versione da brividi. Gli elementi da film dell'orrore ci sono tutti: una madre assassina e cannibale, un amore necrofilo, lo sfruttamento degli schiavi sfiancati dalla follia del padrone, e infine una vendetta sadica e perversa.

Hansel e Gretel
Anche la storia di Hansel e Gretel ha le sue origini nella raccolta dei fratelli Grimm del 1812. La fiaba è una leggenda popolare che si dice abbia origine nel periodo della Grande carestia avvenuta tra il 1314 e il 1322 in Europa, in un periodo in cui le persone morivano di fame e quindi non era assurdo il caso di infanticidio o abbandono dei più piccoli. La vera particolarità legata a questa fiaba non è però la storia vera, bensì la storia finta. Infatti nel 1981, nel romanzo La strega e il panpepato. La vera storia di Hansel e Gretel (Emme Ed.), Hans Taxler mette in piedi un falso studio in cui dà alla fiaba una realtà storica in verità inesistente. La presunta storia sarebbe quella di due fratelli Hans e Greta Metzler che, invidiosi delle ricette della famosa pasticcera Katharina Schraderin, si infiltrano di notte nella sua casa cercando invano di farle rivelare le ricette dei suoi dolci. La vecchia rimane impassibile e i due quindi la strangolano e la buttano nel forno.

Raperonzolo
Raperonzolo è una fiaba tutta italiana: la sua prima stesura risale infatti a una raccolta di favole napoletane di Gianbattista Basile, Lo cunto de li cunti, del 1634. In questa prima versione la protagonista porta il nome di Petrosina, figlia di una donna napoletana, Pascodonzia, la quale, invece di mandare il marito a rubare i rapanelli, in questa prima versione una volta incinta diventa avida delle bellissime piante di prezzemolo della sua vicina orchessa. È così che la sua bambina nasce con un ciuffo di prezzemolo sul petto. Il resto della storia è pressoché quello che conosciamo nella versione più famosa dei fratelli Grimm, inserita nella raccolta di fiabe pubblicata nel 1812.

Il brutto anatroccolo
L'ultima fiaba, che di certo non poteva mancare, è quella del Brutto Anatroccolo. Qui ci si sposta nel 1843 in Danimarca, a scrivere la storia è lo scrittore e poeta danese Hans Christian Andersen, autore di altre fiabe famose, come La principessa sul pisello. La storia del brutto anatroccolo, nella sua semplicità, racconta una tematica molto importante: quella dell'isolamento che possono soffrire i bambini o più in generale le persone a causa del loro aspetto esteriore. Andersen ci regala un lieto fine sorprendente quando il brutto anatroccolo, sopravvissuto alla solitudine, dopo aver sopportato lo scherno e il disprezzo degli altri anatroccoli suoi fratelli, si trasforma in un bellissimo cigno e si unisce ai suoi compagni. La storia del brutto anatroccolo ha una portata metaforica sicuramente profonda, sarebbe una di quelle storie da leggere a ogni bambino, nella speranza che possa credere in se stesso ma senza superbia, proprio come il brutto anatroccolo quando diventa cigno, guardando il mondo al di là dell'aspetto esteriore, che oggi invece ha un importanza sempre più grande nella vita dei giovani.

Così termina questo breve viaggio nel passato per scoprire l'origine delle favole più celebri e conosciute. Ma si potrebbe continuare ancora per lunghe pagine, poiché le fiabe di cui parlare potrebbero essere infinite. E voi?Quali sono le vostre fiabe preferite, quelle che vi hanno cullato fin da bambini?

(articolo a cura di Vanessa Del Chiaro Tascon)

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