In questo periodo molti sentono la necessità di riappropriarsi della libertà di stare all'aria aperta: passeggiare, correre, vivere il contatto con la natura. Le città sono state ripopolate dai cosiddetti "runners", nuovi e vecchi: chi aveva già l'abitudine di correre l'ha ripresa, mentre coloro che non praticavano questa attività l'hanno considerata un'opportunità per iniziare e recuperare quello che per tre mesi è stato un diritto limitato dalle restrizioni.
Le persone hanno ricominciato a camminare e a godersi le bellezze del nostro Paese dopo la riapertura di boschi e parchi.
La scorsa settimana ad esempio, il bosco di Capodimonte in provincia di Napoli ha riaccolto i visitatori, che ne hanno subito approfittato. Anche il parco La Mandria a Venaria (TO) dallo scorso 4 maggio ha visto entrare più di 200 persone in meno di due ore.
L'Alto Adige si prepara a ospitare i turisti seguendo le norme di sicurezza previste. Si potrà partecipare ad escursioni, arrampicate, andare in bici e correre, rispettando sempre una distanza di sicurezza minima di tre metri.
La voglia di ripartire c'è e chi pensa sia prematuro pianificare una vacanza per il momento si accontenta di stendersi sui prati o di passeggiare nei boschi. I più incerti invece, che per prudenza preferiscono rimandare gite e scampagnate, possono viaggiare con la mente leggendo Le voci del bosco (Mondadori) di Mauro Corona.
L'autore parla dei suoi boschi in modo delicato, col tono di chi racconta una fiaba i cui protagonisti sono gli abitanti del bosco: gli alberi. In ciascun tipo chi "ascolta" può identificarsi: l'uomo buono nel cirmolo, il cocciuto nel carpino, il cattivo nel pino mugo...
È una storia di rispetto verso la natura quella de Le voci del bosco, perché i boscaioli e gli intagliatori, come il nonno dell'autore, cercano di causare meno male possibile agli alberi nonostante il loro mestiere consista nel tagliarli. Oggi useremmo il termine "sostenibile", ma già allora alcuni erano assai sensibili al rispetto per l'ambiente.
Il lettore si affeziona inconsapevolmente ad uno o più alberi, Corona ne spiega le caratteristiche, la lavorabilità e l'utilità, descrivendone il carattere come se si trattasse di una persona: "Anch’io preferisco certi tipi di piante rispetto ad altri che amo meno, e ad altri ancora che evito con cura. Come capita, del resto, nella vita: con gli amici, i compagni di lavoro, le donne, la gente. La simpatia che un albero può suscitare in noi e il valore che gli attribuiamo sono soggettivi e ispirati da motivi non scevri da una complicità che nasce da un’inconscia affinità di carattere".
Qualcuno s'immedesimerà nell'acero, appariscente e a prima vista "sicuro di sé", forte ma allo stesso tempo delicato e fragile; altri nel maggiociondolo, schivo e riservato, che non cerca l'amore ma non lo rifiuta; altri ancora nel faggio, instancabile operaio; nel tasso, ricercato e inadatto a lavori di fatica, o nel nocciòlo, il "bulletto" del bosco.
Il racconto sprona il lettore a riflettere sul proprio carattere e sul rapporto con gli altri: proprio come un faggio che, se cercasse di imitare un pino, si troverebbe frustrato e ridicolo, così cambiare la nostra identità per essere "di tendenza", "ci fa smarrire il senso della vita".
(articolo a cura di Rossella Belardi)
Se vuoi collaborare con la Rubrica Letteraria del Club del Libro, segnalarci iniziative interessanti o semplicemente comunicare con noi, scrivici a:
![]()

                        
                        
                        
                        
 			