images/rubrica-letteraria/l-esercizio-intervista-a-claudia-petrucci.png

Immaginate di avere il potere di cambiare una persona a cui volete bene: lo usereste? Non stiamo parlando di un cambiamento relativo ad uno o a pochi aspetti del carattere che forse ci infastidiscono, ma di un mutamento completo: diventare un'altra persona in maniera del tutto inconsapevole e automatica, svegliarsi nello stesso corpo ma con una volontà e dei desideri completamente diversi. Si tratta di un'imposizione, un'impresa compiuta in modo arbitrario, scrivendo un copione che ritrae la persona a voi cara così come la desiderate, in cui la plasmate secondo i ricordi dei momenti trascorsi insieme, filtrati attraverso la vostra percezione e il vostro giudizio. Se la metamorfosi fosse possibile, manipolereste gli eventi per "costruire" la sua nuova identità? Il risultato ottenuto potrebbe non essere quello tanto auspicato, e Filippo, il protagonista del romanzo L'esercizio (La Nave di Teseo), di Claudia Petrucci, dovrà fare i conti con questa realtà.

L'esercizio narra il dramma di due fidanzati, Giorgia e Filippo, la cui vita viene sconvolta dalla malattia della ragazza. Filippo, del tutto ignaro delle sue condizioni di salute, è travolto dagli eventi e resta annientato. Il giovane è esausto, diviso tra le preoccupazioni per i genitori, il lavoro poco remunerativo e la continua speranza che Giorgia guarisca. Un romanzo profondo, mai banale, coinvolgente e ben costruito, in cui l'autrice fonde in modo armonico l'elemento descrittivo con i dialoghi e le riflessioni del protagonista: non si percepisce il distacco nelle varie fasi narrative.
Claudia Petrucci ha accettato di parlarci del suo romanzo d'esordio.

L'esercizio affronta un tema molto delicato, quello dei disturbi mentali, ma tu ti focalizzi principalmente sull'effetto che queste malattie hanno su chi si occupa del paziente, su chi gli sta vicino, in questo caso sul fidanzato di Giorgia, Filippo. Come mai hai deciso di concentrarti su questo argomento?

Ho deciso di raccontare L'esercizio dal punto di vista di Filippo, allo scopo di dissezionare il motivo dell'identità, che è la pietra angolare di questo romanzo. Il fatto che la malattia di Giorgia sia raccontata dallo sguardo di Filippo è conseguenza funzionale e diretta di questa scelta narrativa.

All'inizio il lettore simpatizza per Filippo, entra in empatia con lui e con i suoi tentativi di accudire Giorgia al meglio delle sue possibilità. Poi però il suo desiderio di vederla guarita diventa egoistico, supera il limite perché il ragazzo si arròga un diritto che non gli compete, quello di reinventare Giorgia come fosse un personaggio teatrale. Come ti è venuta l'idea del copione?

Come si dice, la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Da subito noi vogliamo bene a Filippo perché comprendiamo profondamente il suo desiderio, vogliamo anche noi, insieme a lui, che la donna che ama guarisca dalla sua malattia. Il copione rappresenta la consegna del potere di guarigione. A un uomo giovane, pacifico, "normale" – qualunque cosa questa parola significhi – viene improvvisamente garantita una facoltà assegnata al dominio divino. Questo potere diventa, nelle mani di Filippo, un'arma formidabile e terrificante.

Mauro, insegnante e amico di Giorgia, mentre scrive il copione dice a Filippo che i personaggi, una volta creati, si muovono da soli, acquistano vita propria, un po' come accade nell'opera di Pirandello, I sei personaggi in cerca d'autore. Credi a quest'affermazione?

Credo a ogni testimone consegnatoci da Pirandello, in effetti non vedo come potrebbe essere altrimenti. La creazione è una forza subdola perché connessa a un'incapacità umana incorreggibile: l'inabilità di riprodurre fedelmente una complessità perfetta. I personaggi acquistano vita propria? Può accadere, può essere il risultato di una buona capacità di osservazione, di imitazione, un fantasma molto convincente se maneggiato in modo felice.

Filippo e Mauro non vogliono accettare la malattia, tuttavia la sfruttano per costruire una nuova Giorgia con un'identità che soddisfi le loro esigenze, approfittandosi del fatto che lei non ricorda nulla. Pensi che questo rischio esista anche nella vita reale quando si aiuta una persona a ricostruire i propri ricordi? C'è il pericolo di manipolarla fornendole la percezione che noi abbiamo di lei, anche inconsapevolmente?

Penso che esista il rischio che noi tutti si manipoli le esistenze altrui volontariamente o involontariamente, alla rincorsa di un ideale o di un modello proposti da fonti esterne o sviluppati dalla spinta del nostro senso di sopravvivenza o dal deragliamento di un necessario egoismo.

Giorgia viene completamente sovrastata dalla volontà di Filippo e Mauro, che non si chiedono più cosa vorrebbe lei, e antepongono il loro concetto di benessere. Il tuo libro è in parte un monito per chiunque assiste una persona malata a non assoggettarla, anche se sembra non presente a se stessa. Sei d'accordo?

Completamente.

Perché il pubblico dovrebbe leggere il tuo romanzo?

L'ho costruito perché fosse un libro di cui parlare una volta chiuso, perché stimolasse nel lettore le domande che tormentano anche me e perché ne generasse di nuove, che io non avrei mai potuto formulare.

Su quale progetto stai lavorando attualmente?

Sto lavorando a un romanzo corale, a una raccolta di racconti, e a un altro romanzo, narrato questa volta da un punto di vista femminile.

(articolo a cura di  Rossella Belardi)

Se vuoi collaborare con la Rubrica Letteraria del Club del Libro, segnalarci iniziative interessanti o semplicemente comunicare con noi, scrivici a:

Mail