
Chi si fosse avventurato al porto di Genova in un anonimo giorno del 1884 avrebbe potuto osservare l'ennesima nave di migranti pronta a salpare col suo carico umano di disperazione, di fame, ma anche di coraggio ed iniziativa.
Tra coloro che s'imbarcarono, un volto sconosciuto alla maggioranza avrebbe reso quel viaggio unico. Ogni persona sulla quale il suo occhio si sarebbe posato, avrebbe ricevuto nuova vita ogni qual volta un lettore avesse scorso la sua descrizione fra le pagine.
Il volto, infatti, apparteneva ad uno dei più noti scrittori italiani del XIX secolo: Edmondo De Amicis e la nave sulla quale aveva deciso di viaggiare, la Nord-America (ribattezzata Galileo nel testo), era pronta per salpare.
Nel suo volume Sull'oceano De Amicis rievoca, con la sua ricca e variegata tavolozza di vocaboli, il suono dei richiami, la camminata, gli stati d'animo, le piccole simpatie ed i grandi scontri che egli osserva da passeggero privilegiato di classe superiore.
Italiani contro francesi, napoletani contro genovesi, in questo microcosmo, surriscaldato dalle notevoli temperature meteorologiche, la natura umana si rivela, le maschere pian piano si sciolgono per lasciar posto alla rabbia, all'invidia, al risentimento, ma anche alla pietà ed alla spensieratezza.
La tragica immagine del vecchio che compie l'estenuante traversata per raggiungere il figlio, privo di riferimenti e sapendo solo che si trova in Argentina, è controbilanciata da personaggi come i giovani sposi, continuamente stuzzicati da un passeggero per il loro "troppo studiare lingue straniere di notte".
Indimenticabile e molto "deamicisiana", la figura della fanciulla che, conscia del fatto di avere ancora poco da vivere, si prodiga per alleviare le sofferenze degli emigranti di terza classe, portando loro il conforto di un indumento pulito o più semplicemente di una carezza.
Edmondo, neanche quarantenne, tutto osserva e coglie. Camerieri, cuochi, artisti di strada, anarchici, ragazze pudiche e donne sfacciate, nessuno gli sfugge.
La sua penna corre veloce sul foglio, descrivendo le trecce, gli abiti, i bagagli, le onde, il cielo, i suoni e le emozioni che lo circondano e grazie alla sua impareggiabile maestria, li rende palpabili e vividi, come se il tutto si stesse svolgendo qui, ora.
Memorabile è il capitolo dedicato alla tempesta, nel quale egli stesso si descrive in balia del terrore più puro, certo di non rivedere più i suoi cari e furioso verso coloro che a terra, ignorando il suo dramma, portano avanti tranquillamente le faccende di tutti i giorni.
Imparando a riscoprire Il De Amicis come uomo sempre desideroso di conoscere, il De Amicis scrittore, non soltanto di Cuore, il De Amicis giornalista e soprattutto grande artista, potremo maggiormente apprezzarlo e ammirarlo.
(articolo a cura di Patrizia Figini)
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