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"Cuando todo el mundo define y se define causa un secreto placer mantenerse desdibujado entre los equívocos linderos de la vaguedad y la vagancia" ("In un mondo che vuole a tutti i costi definire, mantenersi astratti e vaghi causa un piacere indescrivibile"); attraverso queste parole – apparse per la prima volta in una corposa antologia del 1934 – Ernestina de Champourcín, poetessa spagnola del Novecento, volle definire se stessa e il mondo. Questa sua volontà potrebbe apparire come una sorta di profezia dato l'oblio che, a oggi, avvolge la sua figura nel panorama letterario.

La sua storia cominciò nella Madrid degli anni Venti, tra i caffè letterari e le cosiddette tertulias dove capitava di incrociare volti noti della letteratura: come Federico García Lorca, Pedro Salinas e Rafael Alberti. Lì, tra quelle vie così floride di cultura, si aggirava indisturbata una giovane Ernestina: dal viso fine, con tipici tratti da donna basca, e dal corpo delicato; le sue mani – e questo era uno dei tratti più singolari della sua persona – si muovevano velocemente, come se volessero acciuffare qualcosa nell'aria, e questo movimento tradiva la sua agitazione. Nei primi anni della sua giovinezza, Ernestina si rifugiò nella sua piccola stanza in Calle del Barquillo 23, dove scrisse incessantemente di tutto: dagli articoli di giornale alle recensioni, dalle lettere alle poesie. Nonostante lo scetticismo da parte di alcuni uomini e i pregiudizi della società di allora, Ernestina si affidò completamente alla scrittura: sulla carta riversava ogni passione, ogni paura, ogni emozione, dimostrando che anche le donne, così come gli uomini, sono in grado di provare dei sentimenti. La sua stanza, dunque, era diventata "Una stanza tutta per sé" – per citare le parole dell'omonimo libro di Virginia Woolf – dove Ernestina lasciò germogliare i propri pensieri di quegli anni.

La prima opera poetica di Ernestina de Champourcín fu pubblicata nel 1926, grazie all'appoggio economico e morale del padre, verso il quale la donna provava un profondo affetto. L'opera si intitola En silencio e, a dispetto del titolo che sembrava voler alludere all'intenzione della giovane di entrare "in punta di piedi" nell'ambiente letterario spagnolo degli anni Venti, non passò inosservata ma, anzi, attirò l'attenzione di molti critici. Come ricordò Ernestina in uno dei suoi diari, l'opera fu letta anche da molti suoi coetanei, i quali, per gelosia o per poca sensibilità, sembrarono non apprezzarne le poesie, accentuando in lei quel sentimento che l'accompagnava fin da bambina: sentirsi diversa dalle altre persone. Una sensazione sgradevole, secondo la poetessa, sebbene molti pensassero il contrario. Ma il mondo esteriore, all'epoca, contava ben poco per Ernestina. Era la poesia, proveniente dalla sua interiorità, a farle compagnia e a dare un senso alla sua vita.

Non si sa se per fortuna o per destino, quello stesso anno, le poesie di Ernestina vennero lette da uno dei più celebri autori spagnoli e premio Nobel per la letteratura nel 1956: Juan Ramón Jiménez. Molto probabilmente ad attirare il noto poeta di Moguer furono la malinconia e la forte sensibilità che trasparivano dai versi della giovane. D'altro canto, la poetessa rimase affascinata dai grandi occhi scuri di Juan Ramón, dal contorno perfetto del suo viso e dalla sua voce definita dalla stessa "grave y profunda que tanto suele gustarnos a las mujeres" ("intensa e profonda, come piace solitamente a noi donne"). Lo stile che Jiménez adoperava nelle sue conversazioni era eccezionale, secondo Ernestina che, da quel momento in poi, lo "scelse" come maestro, e iniziò una lunga amicizia destinata a durare tutta la vita.

Ernestina de Champourcín si spense all'età di novantaquattro anni a Madrid, il 27 marzo 1999. Negli ultimi anni della sua vita, i suoi grandi occhi si rimpicciolirono compromettendole parzialmente la vista. Tuttavia, il fuoco per la poesia che le bruciava dentro le permise di continuare a scrivere e a rimanere fedele alle parole che aveva riportato in una lettera del 14 agosto 1928, indirizzata alla poetessa Carmen Conde:
"¿Comprendes por qué no he podido sentir nunca sin poesía? Su veneno sutil, penetrante, me ha falseado todos los aspectos de la vida ¿O revelado quizás en su pura verdad? ¡Quien sabe!". ("Comprendi perché non posso sentire nulla senza poesia? Il suo veleno sottile, penetrante, mi ha falsificato tutti gli aspetti della vita. O me li ha rivelati forse nella loro pura verità? Chissà!").

 

(articolo a cura di Domenica Licastro)

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