images/rubrica-letteraria/dentro-il-libro-dantismo-del-novecento-dante-puo-essere-ripetuto.png

Poiché di vita e vicende del sommo poeta ci racconta già Alessandro Barbero nel suo Dante, Libro del Mese di Aprile 2023, proviamo invece, in questo nuovo appuntamento con Dentro il libro, a tirare le fila del dantismo novecentesco. Il ruolo ispiratore di Dante è stato talmente cruciale per la storia della letteratura italiana, europea e mondiale, che nel 1917 è stato coniato addirittura un termine specifico ad indicare "l'imitazione e lo studio di Dante": dantismo, appunto. La storia del dantismo non è lineare, ma è proseguita, negli scorsi otto secoli, a ondate intermittenti. Tuttavia, il suo picco è facile da individuare ed è proprio nel XX secolo.

Scrittori tra loro molto diversi e di diversa collocazione geografica – per citarne alcuni: T.S. Eliot, Ezra Pound, Jorge Luis Borges, Samuel Beckett, Osip Mandelstam, Peter Weiss, Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti, Pier Paolo Pasolini – hanno tratto ispirazione dall'opera e dalla persona di Dante. In molti casi si tratta non solo di intertestualità dantesca, ma anche di opere critiche che hanno presentato nuove prospettive e punti di vista su Dante.

Thomas Stearns Eliot tenne un discorso all'Istituto Italiano di Cultura di Londra nel 1950 sull’importanza di Dante nella sua vita. T.S. Eliot era un avido lettore della Divina Commedia: "for some years, I was able to recite a large part of one canto or another to myself, lying in bed or on a railway journey" ("per alcuni anni, ho saputo recitare a me stesso gran parte di un canto o dell'altro, sdraiato a letto o durante un viaggio in treno"). Non solo mandava a memoria i canti della Commedia: questa ispirazione si riflette anche nella sua poesia. La poesia The Love Song of J. Alfred Prufrock è introdotta dai versi del XXVII Canto dell’Inferno; i Four Quartets altro non sono che un tentativo di imitare la metrica dantesca. In The Waste Land, versi della Commedia sono tradotti testualmente in più punti, ad esempio: "sì lunga tratta / di gente ch'io non averei creduto / che morte tanta n'avesse disfatta" (Inf. III, vv. 55- 57) diventa "so many, / I had not thought death had undone so many" (vv. 62-63), per paragonare la società londinese del tempo agli ignavi danteschi. Negli ultimi versi, Dante viene persino citato in italiano: "Poi s'ascose nel foco che li affina", dal Purgatorio (XXVI, v. 148).

The Waste Land è dedicato a Ezra Pound, con una nota in italiano – "il miglior fabbro" – in riferimento alla metafora del poeta come fabbro del linguaggio in Purg. XXVI, v. 117. Ezra Pound si interessava pure alla Commedia, come testimoniano i Cantos, definiti "un vero e proprio 'controcanto' del "poema sacro" dantesco". Originariamente, i Cantos dovevano peraltro contenere cento componimenti, proprio tanti quanti i canti della Commedia.

Anche Jorge Luis Borges si è occupato intensamente di Dante, compresi i suoi Nueve ensayos dantescos e ha nascosto molti riferimenti nelle sue opere (come in Aleph). La Commedia era, a suo avviso, l'apice della letteratura: "Had I to name a single work as being at the top of all literature, I think I should choose Divina Commedia by Dante. And yet I am not a Catholic. I cannot believe in theology. I cannot believe in the idea of punishment or of reward. Those things are alien to me. But the poem in itself is perfect." ("Se dovessi citare una sola opera come al vertice di tutta la letteratura, penso che dovrei scegliere la Divina Commedia di Dante. Eppure non sono cattolico. Non posso credere nella teologia. Non posso credere all'idea della punizione o della ricompensa. Queste cose mi sono estranee. Ma il poema in sé è perfetto.")

Il poeta russo Osip Mandel'štam era pure convinto della perfezione della Commedia. Aveva persino imparato l'italiano per poter leggere il capolavoro di Dante nella versione originale. L'esperienza dell'esilio ha reso Dante un simbolo ancora più grande di libertà e dignità per Mandel'štam. Nel suo saggio Разговор о Данте - Razgovor o Dante (Conversazione su Dante), definito "il saggio dantesco più profondo e originale di tutto il Novecento", sostiene, tra l'altro, la tesi della straordinaria modernità e dell'insuperabile forza creativa di Dante, che guarda chiaramente al futuro.

Guardando al nostro Paese, dopo la "rivoluzione inconsapevole" del linguaggio poetico italiano da parte di Giovanni Pascoli, la poesia del Novecento è evidentemente segnata da Dante: se Gabriele D'Annunzio utilizza l'intertestualità dantesca in chiave fascista, Guido Gozzano lo fa con effetti parodici (es. il dantismo "immillarsi" è usato per descrivere una lampada grande e kitsch: "il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone / e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto", in L'amica di Nonna Speranza, I colloqui).
I due più grandi dantisti del Novecento – ma con esiti opposti – sono due poeti ermetici: Giuseppe Ungaretti ed Eugenio Montale. Il dialogo tra Montale e Dante si riflette in tutta l'opera di Montale: in specifiche sequenze ritmiche, citazioni, dispositivi retorici. Numerosi sono i dantismi lessicali (la parola "belletta" da Inf. VII, già usata da D'Annunzio) e situazionali (come in Primavera hitleriana, in cui l'invocazione di Clizia ricorda la donna-angelo Beatrice, che in una situazione oscura porta speranza e pace).
Sebbene Montale sia spesso citato come il più importante dantista del Novecento, non da meno è stato Giuseppe Ungaretti, che con Dante ha intessuto un rapporto stretto e variegato: da un lato la ricerca su Dante come professore di letteratura italiana, con lezioni e saggi sulla Commedia; dall'altro l'imitazione nella propria produzione poetica, con dantismi situazionali, citazioni più o meno esplicite, metafore. Evocando il grande modello dantesco, anche solo per mezzo di un dettaglio, Ungaretti ne assume la voce: presta la propria sensibilità e la propria cultura alla vita rinnovata dell’antico.
Montale ha affermato: "Dante non può essere ripetuto". Tuttavia, molti altri poeti hanno tentato di "ripeterlo". E, attraverso la propria poesia, lo hanno interiorizzato e rinnovato – e infine fatto risplendere nuovamente, a distanza di secoli.

 

Bibliografia:

Baldi, Guido (a cura di): Dal testo alla storia, dalla storia al testo. Generi: La poesia, la saggistica e la letteratura drammatica del Novecento. Torino: Paravia, 2002.

Barnstone, Willis: Borges at Eighty: Conversations. Bloomington: University of Indiana Press, 1983.

Bologna, Corrado: Dante Alighieri: uno scrittore medioevale del Novecento, in: La ricerca Loescher, online su: http://www.laricerca.loescher.it/letteratura/112-dante-alighieri-uno-scrittore-medioevale-del-novecento.html

Blum, Kerstin: Im Anfang war das Wort. Tom Phillips‘ illustrativ-poetische Dante-Rezeption. Bamberg: University of Bamberg Press, 2016.

Eliot, T.S.: What Dante means to me. In: To Criticize the Critic. London: Faber & Faber, 1965.

Mocan, Mira: Dante e le letterature straniere, in: Treccani, online su: https://web.archive.org/web/20150614115859/http://www.treccani.it/scuola/dossier/2008/dante/15.html

(articolo a cura di Elisa Kirsch)

Se vuoi collaborare con la Rubrica Letteraria del Club del Libro, segnalarci iniziative interessanti o semplicemente comunicare con noi, scrivici a:

Mail