
Valentina Casarotto è l'autrice di Diva D'acciaio, un romanzo storico che in chiave di spionaggio racconta la vita di una pittrice molto famosa, icona femminile degli anni Venti, Tamara De Lempika. Non è il primo romanzo dell'autrice, che aveva già pubblicato Il segreto nello sguardo. Memorie di Rosalba Carriera prima pittrice d'Europa.
Valentina è una storica dell'arte e per lei è quasi un dovere far conoscere la vita delle donne artiste che hanno influenzato profondamente la storia. Leggendo il suo romanzo sembra di tornare indietro nel passato e di rivivere alcuni momenti della vita di questa donna eccentrica e volubile, un'artista sotto ogni punto di vista, amante della libertà, che ha costruito il suo successo con grande determinazione.
Nulla sembra lasciato al caso nella sua vita. Così come nella coinvolgente scrittura dell'autrice, che ci porta attraverso un viaggio nel passato.
Ciao Valentina, il tuo romanzo racconta la storia di un artista molto singolare, una pittrice per metà polacca per metà russa, una donna con un forte spirito creativo e una grande necessità di indipendenza: Tamara de Lempicka. Ci racconti come nasce l'idea di scrivere un romanzo su di lei?
L'idea del romanzo nasce nel 2014 dopo aver tenuto una conferenza su Tamara de Lempicka. Un articolo pubblicizzava l'evento in modo errato, riportava nel titolo: "Romanzo di Valentina Casarotto. Ritratto di Tamara". Sapendo la mia passione per le opere di questa artista - che risale al 1994, al tempo della prima grande mostra a Roma a Villa Medici - i miei amici hanno calcato la mano su questo "segno del destino" e mi hanno spinto a scrivere. Ammetto che mi sono lasciata convincere facilmente. Da quel momento, con alterne vicende personali e di studio, e almeno quattro stesure molto diverse, il tempo è passato a tessere la biografia della donna e dell'artista più eccentrica degli anni '20 in forma di spy story.
Leggendo il tuo romanzo si ha la sensazione di entrare sempre più in contatto con questo personaggio, una donna bellissima ma molto imperfetta, con un carattere che a tratti è volubile e a tratti molto deciso. Qual è stato il tuo percorso per capire davvero chi era Tamara?
La comprensione dell'artista per me passa sempre attraverso lo studio delle opere, quindi ho preso in esame una nutrita bibliografia, non solo i cataloghi delle mostre (1994, 2006, 2011, 2015). Per rendere la persona ho pazientemente composto un puzzle con le vicende personali, che sono note ma sparse in una serie di memorie, fonti e cronache del tempo. La figura di Tamara è emersa in modo prepotente: una donna intraprendente, affamata di successo, che calcava il palcoscenico della mondanità da primadonna, ma che si imponeva disciplina ferrea nel lavoro, e che aveva capito, come i futuristi, il ruolo fondamentale della comunicazione. Complementare alla sua ascesa come artista interprete degli anni Venti, è la sua ascesa come personaggio glamour e presenzialista nelle cronache mondane. Arte, moda e società erano i suoi palcoscenici. Il fatto che fosse bella e affascinante, aristocratica e libera nelle sue relazioni sentimentali ha contribuito non poco alla sua fama. Il lato oscuro è però rappresentato dalla sua fragilità, che aveva la forma delle sue crisi depressive, sempre più frequenti dopo il trasferimento in America.
Per comprendere Tamara de Lempicka nel tuo libro si passa attraverso le voci di molti personaggi che raccontano la propria esperienza con la scrittrice. Come hai ricostruito questi dialoghi?
I dialoghi e le occasioni sono chiaramente una finzione narrativa, che però si basa su una plausibilità di contesti e occasioni verosimili. Ho intrecciato le vicende biografiche dei personaggi che Tamara ha ritratto (le sue amanti, gli artisti, gli aristocratici) alla cronaca del momento, alla Storia dell'Europa, alle chiacchiere dei salotti parigini degli anni '20/'30. Per entrare nel vissuto dell'artista, ho preso in esame le memorie della figlia Kizette, che sono attendibili anche se di parte, visto il rapporto burrascoso vissuto tra le due, nutrito soprattutto dalle assenze della madre.
Tra tutti i personaggi che incontriamo, anche se indirettamente, attraverso le parole della sua governante, c'è anche Gabriele d'Annunzio. Che ne pensi del loro rapporto?
Dal punto di vista della scrittura è stata una sfida e un'agonia, quel capitolo! Primo per la fama del Poeta, e poi perché c'erano già le memorie di Aélis Mazoyer, che documentavano tutto l'affair in modo preciso. Io ho trovato la mia dimensione narrativa, giostrandomi tra gli avvenimenti, gli scenari splendidi del Vittoriale e le notizie sempre in bilico tra menzogna e verità. Quando si tratta di Tamara, è spesso così. È un fatto però che quell'incontro che doveva risolversi con un "do ut des" non è stato così. Forse per la fama in declino di d'Annunzio, forse perché Tamara voleva rivendicare una posizione divergente rispetto alle altre donne dell'harem del poeta. Scavando per ricostruire il tutto, ho anche scoperto una importante bugia di Tamara, che viene sempre data per fatto certo… Ma non vi svelo quale!
La condizione che Tamara impone alle persone con cui si rapporta è sempre la libertà, sia nel lavoro che nell'amore. Cosa possono imparare, secondo te, da questa donna le nuove generazioni?
Per quanto ho ricostruito e immaginato Tamara, è stata una donna che non si è mai data per vinta, ha avuto molti successi, ma ha patito anche alcune sciagure. Le nuove generazioni possono trovare in lei un'antesignana: le moderne influencer adottano i suoi stessi comportamenti. L'ossessione di Tamara per lo stile e l'originalità sono aspetti modernissimi. Vorrei sottolineare anche il fatto che Tamara de Lempicka ha costruito il suo successo con dedizione, lavoro indefesso e studio maniacale. Quindi niente è improvvisato, o frutto della fortuna, niente è lasciato al caso. Una donna che ha costruito una carriera con tutta se stessa. Il suo vivere le relazioni in modo fluido oggi l'ha resa una icona della libertà sessuale, ancora una volta in anticipo sui tempi.
Nel tuo romanzo, oltre a Tamara ci sono molte donne, tra queste anche Clare la giornalista incaricata di approfondire la vita di Tamara, o Nana Herrera la ballerina, e così molte altre. C'è uno tra questi personaggi a cui ti sei affezionata di più?
Devo confessare che mi sono affezionata moltissimo a Clare, personaggio realmente esistito. Donna volitiva, lungimirante, indipendente e autonoma, che si affranca da una condizione di svantaggio con la cultura e con l'impegno, dimostrando in politica e nella lettura della società un acume notevole… ecco rispecchia un modello di donna in carriera che mi piace. Ho consciamente cercato una figura femminile di spessore, in altri campi, da contrapporre a quella istrionica ed eccentrica di Tamara, per creare un duetto di voci diverse, complementari, parimenti autorevoli come esempi di affermazione femminile.
Per finire una curiosità. Sei una storica dell'arte, oltre che una scrittrice, c'è qualche altro personaggio che ti appassiona, su cui ti piacerebbe scrivere in futuro?
Il filone delle donne artiste oltre che una passione, per me è un dovere morale. Far conoscere sempre di più le artiste del passato è un tributo alla loro memoria e un riconoscimento del loro ruolo, perché la strada che hanno percorso loro ha permesso anche i nostri passi, di donne del XXI secolo. Donne artiste nei secoli, da riscoprire, ce ne sono… attualmente sto affrontando la stesura di un romanzo su una pittrice dimenticata del Settecento. A 10 anni di distanza dal mio romanzo su Rosalba Carriera, è un secolo su cui mi piace ritornare, con una diversa angolazione. Sarà molto più dark. E poi è ancora a livello embrionale un'idea sulla Parigi della Belle époque. Lì molte donne pittrici, alcune famose, altre meno, mi attendono...
(articolo a cura di Vanessa Del Chiaro Tascon)
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