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Sì, ma quand'è che tutto ha avuto inizio? Cosa precede le nebbie dell'India vedica? Anche il più antico dei racconti necessita di un essere senziente che lo narri e trascriva. Esiste il dio dal momento in cui c'è un occhio in grado di vederlo e una mente capace di assorbirlo. Il primo divino e il primo racconto riguardarono gli animali. Il primo eroe fu cacciatore. E se la mente assorbe il divino, conosce e uccide nel processo l'oggetto della sua attenzione, forse l'uccisione si compone, non solo nelle nostre mani, ma anche nella nostra stessa natura cognitiva.

C'è sempre un inseguimento all'origine del mondo, ma perché? Ne Il cacciatore celeste (Adelphi 2016), Calasso retrocede all'estremo del possibile. E l'estremo del possibile è "il tempo del Grande Corvo":
"Al tempo del Grande Corvo, anche l'invisibile era visibile. E continuamente si trasformava. Gli animali, allora, non erano necessariamente animali. Poteva darsi il caso che fossero animali, ma anche uomini, dèi, signori di una specie, demoni, antenati. E così gli uomini non erano necessariamente uomini, ma potevano anche essere la forma transitoria di qualcos'altro […] Era il regno della metamorfosi." (p.15)

L'ottava tappa del viaggio adopera questa parola, metamorfosi, come chiave di volta. Non a caso, Ovidio, grande enumeratore di prodigi, occupa un intero corposo capitolo. Come ne Le nozze di Cadmo e Armonia, la scena è perlopiù la Grecia, e ancor prima la steppa che la precede, coi suoi primi sciamani, i totem, il pulviscolo magico che ovunque si posa (l'ombra del "Grande Corvo"). Si comincia con Homo, che da preda si improvvisa predatore, dando già prova della sua naturale inclinazione all'osservare e imitare gli altri animali, a inventare, a rubare. Così Prometeo, che avrebbe rubato il fuoco divino per compensare un'umanità senza denti taglienti, senza unghie efficaci, senza esoscheletro o ali per volare. E attorno al fuoco sarebbero nate le prime storie, che non potevano parlare che di caccia e metamorfosi. E così la Sovrana degli Animali, "che fu disseppellita in numerose statuette attraverso l'Europa […] avanzò il suo primo passo, che fu subito una corsa". (p.47) È il passaggio dalla pingue Venere di Willendorf alla vergine Artemide e i primi capitoli del libro non sono altro che una tessitura di divinità che mutano forma inseguendosi, amandosi, uccidendosi. Amare e uccidere è spesso indistinguibile. Da Orione ad Atalanta, nel segno della caccia si costruisce la figura degli eroi, queste creature ibride, del cui sangue si colora un'epoca destinata a concludersi nei versi di Omero, sotto le mura di Troia. Odisseo fu l'ultimo e fu il più mentale degli eroi. Il mito cede sempre più rapidamente il passo al logos. Il cacciatore celeste si complica progressivamente e dopo aver narrato l'ultima notte di Zeus tra i mortali, schiude le porte alla civiltà del pensiero:
"In quei pochi decenni, nella breve età degli eroi, la storia si contrasse per offrire materia da cantare, da narrare, da variare. Poi Zeus volle concludere la partita. Sarebbero rimaste le guerre e i romanzi. E il ricordo di quei pochi anni in cui era accaduto tutto ciò che può accadere, soltanto un po' più fulgente di prima e di dopo." (p.114)

L'uccisione è il peccato originale, che sempre si ripete. Non ci siamo conformati al posto assegnatoci dalla natura: l'umano ha manipolato il mondo e ha guadagnato i primi posti della catena alimentare. Ma che fare della colpa? Espiarla all'infinito, con sacrifici e libagioni, di fatto rinnovandola con nuovi assassinii programmati. Caduto il magico connubio col divino, giunti i nomi e le classificazioni a eliminare la magia dell'indefinito, tutto si ritira nella mente. Gli dèi stessi si fanno incorporei, invisibili, irraggiungibili. È il tempo di Platone, poi di Plotino, delle ambizioni gnostiche, dove il pensiero coincide con la salvezza. Di costoro si parla per lunghi capitoli e del rapporto del rigore greco col mistero egiziano.

"La fierezza degli Egizi, secondo Platone, stava nel non ammettere che potesse darsi qualcosa di nuovo […] Creta, Sparta: erano già esempi di rigore, fissità e antichità nelle regole. Ma non paragonabili all'Egitto, che rimaneva il modello di ciò che non accetta il mutamento, avendo trovato la orthótēs, la «giustezza», in ogni aspetto della vita. […] «Le melodie conservate fino a oggi sono opera di Iside». Così la dea serve da baluardo contro ogni novità." (pp.351-352)

Sentimento senza tempo, l'anelito a età dell'oro irrimediabilmente perdute. E i Greci, che certo non ne erano immuni, guardavano con ammirazione e confusione il popolo egizio e il loro incomprensibile culto per gli animali. Animali che forse, come già al tempo del Grande Corvo, potevano essere "uomini, dèi, signori di una specie, demoni, antenati." È dall'Egitto che si ereditano i perduti Misteri eleusini, estremo tentativo di ritorno agli dei. È l'ultimo capitolo di un testo che, come i precedenti, impolvera le pagine di frammenti dorati, che si ammiccano a vicenda, ma il cui disegno non è lineare. C'è posto per Nietzsche, per gli archeologi, per Winckelmann. C'è posto anche per il ritorno degli dèi alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Buenos Aires, in un racconto di Borges. E poiché "la luna dell'Islam e la croce di Roma erano state implacabili con quei profughi […] capimmo che giocavano la loro ultima carta, che erano astuti, ignoranti e crudeli […] estraemmo le pesanti rivoltelle e allegramente uccidemmo gli Dèi". "I quali pensarono", continua Calasso, "anche se Borges non lo riferisce: «Dobbiamo morire ancora una volta»." (p.386)

In un'epoca, la nostra, in cui il divino è perduto, rimane il mistero di qualche kórē dissepolta, col suo sorriso arcaico e risaputo; e templi e rovine che a pensarli intatti proviamo diffidenza. E muovendo il passo tra questi scheletri incantati, ecco il soffio che non si mostra, che si avverte nel brandello, nel vuoto della lacuna.
E anche in questo libro, per chi accorderà i sensi.

(articolo a cura di Sharon Tofanelli)

Bibliografia:
Roberto Calasso, Il cacciatore celeste, Adelphi 2016, ISBN 9788845930782
Elena Sbrojavacca, Letteratura assoluta. Le opere e il pensiero di Roberto Calasso, Feltrinelli 2021, ISBN 9788807105555

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