Il nostro Libro del Mese di Ottobre 2024, La vera storia degli indiani d'America di George Fronval, anticipa di un mese quello che negli Stati Uniti è il Native American Heritage Month. A partire dal 1990, novembre è dedicato ai nativi americani e al riconoscimento del loro contributo alla società. Degli attuali cinque milioni di nativi americani, la gran parte non vive nelle "riserve indiane" – con leggi e governi propri – ma in comunità urbane "assimilate", come quella di Oakland, in cui è nato e cresciuto Tommy Orange.
Tommy Orange è membro delle tribù Cheyenne e Arapaho. Nato a Oakland, in California, vive già all'interno della sua famiglia l'incontro – anzi, lo scontro – tra l'America dei nativi e quella moderna: il padre è nativo americano e, all'interno della sua tribù, svolge il ruolo di cerimoniere; la madre si converte al cristianesimo e, da allora, disprezza sempre più le attività del marito. 
Orange si laurea all'Institue of American Indian Arts e, lavorando in una libreria, si rende conto di quanto la storia delle sue radici sia poco rappresentata in letteratura: i nativi americani non hanno una voce, e decide di dargliene una.
Esordisce nel 2018 non Non qui, non altrove (trad. Stefano Bortolussi, Frassinelli), definito dal New York Times un "nuovo tipo di epos americano". Il romanzo racconta i problemi sociali della comunità di nativi americani di Oakland attraverso dodici personaggi, le cui storie si intrecciano e si incontrano durante un powwow, un raduno di nativi americani in cui si danza in costumi tradizionali, si canta e si onora la propria cultura. Questi dodici nativi, dai 14 ai 50 anni, raccontano invariabilmente del loro sentirsi lacerati, poiché la terra in cui vivono da emarginati è quella che è stata loro sottratta con la violenza. Con questo fulminante esordio Tommy Orange ha vinto diversi prestigiosi premi, tra cui l'American Book Awards, ed è arrivato finalista al Premio Pulitzer.
Quest'anno è uscito Stelle vaganti (trad. Stefano Bortolussi, Mondadori), insieme prequel e sequel di Non qui, non altrove. Sette generazioni di nativi americani, a partire da Jude Star – sopravvissuto al massacro di Sand Creek del 1864 e diventato muto a seguito del trauma –, lanciano un'accusa nei confronti della guerra che l'America ha fatto al suo stesso popolo: "Più anni in guerra con gli indiani che con altre nazioni. Trecentotredici anni", scrive Orange.
I massacri che si sono succeduti nei 150 anni della narrazione, l'esistenza stessa a cavallo tra XIX e XX secolo di un'istituzione come la Carlisle Indian Industrial School col fine di sradicare la cultura e l'identità dei nativi americani, l'assimilazione forzata hanno lasciato tracce indelebili. Il vuoto e il trauma vengono passati da padre a figlio, di generazione in generazione fino a oggi, portando i protagonisti di Stelle vaganti – come anche quelli di Non qui, non altrove – a sprofondare nel buco nero delle dipendenze.
Stelle vaganti, ancor più di Non qui, non altrove, racconta la storia da un punto di vista diverso e ancora in gran parte inedito: quella del nativo americano che non vuole e non può più essere ridotto al suo cliché.
(articolo a cura di Elisa Kirsch)
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Nicola