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Giulia Ciarapica viene da un piccolo paesino delle Marche, ha una grande vitalità e voglia di fare. Quando la incontro alla stazione tiburtina arriva con un ampio sorriso e mi racconta che Roma è quasi una seconda casa per quanto ci viene spesso, ma le sue origini e il suo cuore appartengono a Casette d'Ete, un paesino in provincia di Fermo, che fa da ambientazione a diversi suoi romanzi.

Scopro che Giulia non solo è una scrittrice, ma si occupa anche di critica letteraria e collabora con vari giornali. Mi racconta che è laureata in Filologia moderna e che dopo la laurea inizia a lavorare come book blogger spinta dalla madre che è più tecnologica di lei. Nel 2018 pubblica con Cesati Editore il saggio Book blogger. Scrivere di libri in Rete: come, dove, perché. È poi attiva anche nel mondo del giornalismo, ha lavorato per Huffington Post Italia per Il Messaggero, ed attualmente collabora con Il Foglio. Insegna critica letteraria alla Scuola Passaggi e collabora con le Scuderie del Quirinale seguendo il gruppo di lettura "Il filo nascosto". Anche lei una lettrice quindi.

Insomma, Giulia fa tantissime cose e ne parla con entusiasmo e oltre a queste scrive anche, e non solo romanzi.

Nel 2019 è uscito il suo romanzo d'esordio, Una volta è abbastanza edito Rizzoli, e nel 2022 il secondo Chi dà luce rischia il buio. Di recente ha pubblicato la Graphic Novel, Come se non fossimo stati edita Round Robin. Un testo dove la magia fa da filo conduttore. Ma di questa magia, lascio raccontare direttamente all'autrice.

1) Ciao Giulia, "Come se non fossimo stati" è una storia ricca di magia e misticismo, dove si affronta in modo profondo il tema della maternità, e anche della non maternità, intesa come libera decisione di alcune donne di non avere un figlio. Come mai hai deciso di parlare di questo tema?

Mi interessava l'idea di attualizzare una storia che è sì una leggenda risalente ai primi anni del Novecento, ma che conserva una triste questione d'attualità: le donne che scelgono scientemente di non avere figli e che per questo vengono tacciate delle peggior definizioni - streghe, assassine, esseri quasi al limite del disprezzo. Mi stanno ovviamente molto a cuore tutti i diritti delle donne ma di più mi preme indagare il perché, ancora oggi, la parola donna sia associata al termine madre (come se la maternità sia l'unico obiettivo dell'esistenza di una donna) che a sua volta è associato al termine "sacrificio". Trovo tutto terribilmente ingiusto e sbagliato, specie perché dobbiamo ancora lottare a lungo per poter scavalcare il pregiudizio - sociale e culturale - che una donna senza figli non sia una donna compiuta, e che una donna che sceglie la carriera alla famiglia sia da disprezzare.

2) Parliamo del pregiudizio, quando è fortemente radicato, è difficile guardare oltre. Che messaggio vuoi esprimere con il tuo libro su questo tema?

Il pregiudizio è qualcosa che va al di là del nostro controllo, del nostro potere umano e sociale. Con questo graphic novel ho cercato di far capire quanto possa essere micidiale il giudizio altrui basato sulle sole dicerie, sui fatti "presunti" e non verificati, e su quanto sia più faticoso prendersi la briga di verificare le notizie anziché abbandonarsi alla comfort zone del pettegolezzo, che a volte, se giunto all'estremo, può però portare anche alla morte di chi lo subisce.

3) Il libro ha molti elementi magici legati alla propria ambientazione. C'è qualcuno di questi in particolare di cui vuoi raccontarci?

Di sicuro uno di quelli a cui sono più legata è quello del vino cotto, che è poi anche un prodotto tipico marchigiano: in sostanza, si credeva che lavando il corpo del defunto, prima della sepoltura, con il vino cotto lo aiutasse a intraprendere il lungo viaggio verso l'aldilà.

4) Oltre alla graphic novel hai scritto due romanzi. Parliamo dell'ultimo, "Chi da luce rischia il buio", come un verso di Montale, perché hai deciso per questo titolo?

Il titolo l'ho scelto perché mi sembrava rappresentasse al meglio il messaggio di cui tutti i protagonisti si fanno portavoce, sia nell'ambito professionale che nella gestione personale della vita: chi si espone per cercare la luce, chi cerca di portarla nella propria esistenza e in misura diversa anche in quella altrui, rischierà sempre una parte di buio. Rischierà di andare incontro all'ostacolo, come accade a Valentino - protagonista maschile e imprenditore calzaturiero, nonché proprietario della fabbrica di scarpe per bambini Valens - che si trova a dover fronteggiare il suo rivale Toni; come accade a Gianna, la secondogenita di Valentino e Giuliana, che insegue la luce della propria identità ma deve scontrarsi con l'ombra proiettata dalla madre; come accade ad Annetta, sorella di Giuliana e imprenditrice a sua volta, che deve fare i conti con la propria solitudine e la mancata maternità.

5) Il romanzo riprende una storia vera, piena di sentimento e magia, ma come è nata l'idea di scriverlo?

Nasce da una lunga chiacchierata con l'ex direttore della narrativa italiana di Rizzoli che mi ha aperto la mente quando mi ha detto "Qual è la storia che conosci meglio e che pensi che nessuno abbia ancora, erroneamente, raccontato?". Ecco, lì ho capito che il terreno che conoscevo meglio - la mia famiglia e la comunità di Casette d'Ete - era anche quello meno battuto letterariamente: non solo le Marche vengono poco indagate in narrativa, ma in particolare i calzolai e la loro epopea non erano mai stati raccontati. Ho cercato di farlo io.

6) Oltre ad essere una scrittrice, sei anche una forte lettrice. Per salutarci, qualche buon consiglio di lettura?

Ne ho alcuni particolarmente belli: Il caos da cui veniamo di Tiffany McDaniel, L'ultimo mago di Francesca Diotallevi e Tutto su di noi di Romana Petri.

(articolo a cura di Vanessa Del Chiaro Tascon)

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