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Per alcuni un pessimista; per altri un visionario; per tutti, uno tra i sociologi più influenti della nostra contemporaneità. Zygmunt Bauman ha bisogno di ben poche presentazioni. Nonostante i suoi numerosissimi contributi, riguardanti soprattutto l’assetto morale del genere umano, Bauman è massimamente noto e conosciuto per la fotografia della società attuale che ci ha restituito e che ancora oggi fa molto discutere: la "società liquida", caratterizzata da incertezza, velocità, frenesia, performance, narcisismo, inconsistenza, virtualità.

Nei suoi ultimi 17 anni di vita, Bauman si è dedicato a riesaminare la liquidità come carattere portante di ogni ambito della post-modernità, comprese le relazioni interpersonali. In particolare, in Amore liquido, nostro Libro del Mese di Gennaio 2025, pubblicato nel 2003, Bauman ci parla delle nuove dinamiche con cui si instaurano le relazioni, siano essere di coppia, di prossimità o tra gruppi sociali.

Da sociologo, Bauman afferma che il comportamento umano, incluso quello amoroso, è una costruzione storica, legata alla cultura e alle esigenze sociali del tempo in cui si vive. Questo caposaldo permette a Bauman di giudicare sempre più lontano e utopistico il concetto di amore duraturo, imperturbabile, "Finché morte non ci separi", in favore di un amore temporaneo, superficiale, che sfugge tra le dita, libero di impegnarsi e disancorarsi come meglio crede.

Un amore liquido è un amore che risente delle logiche consumistiche, in cui l’altro diviene un prodotto scelto tra tanti, da utilizzare fino alla saturazione e da gettare via, in cerca di un nuovo prodotto più promettente. È un amore, ci dice Bauman, che mima gli investimenti in borsa: "La prima cosa che gli azionisti seri […] fanno ogni mattina è aprire il giornale e consultare il listino azionario per scoprire se è tempo o meno di vendere. La medesima cosa accade con l’altro tipo di azione: le relazioni sentimentali".

La profonda incertezza relazionale dettata dalla liquidità spinge l’abitante del mondo liquido-moderno ad avvertire un doloroso contro-paradosso:
"La relazione non solo non soddisfa il bisogno che doveva (si sperava dovesse) placare, ma lo rende ancor più intenso e bruciante. Hai cercato una relazione nella speranza di mitigare l’insicurezza che ossessionava la tua solitudine; ma la terapia non ha fatto altro che accentuare i sintomi, e forse ora ti senti ancora più insicuro di prima".

Il risultato è l’attenzione spasmodica verso i comportamenti dell’altro, il bisogno fittizio eppure intenso di avere una guida esterna, l’incessante ricerca di manuali e prontuari vari atti a mitigare l’incertezza e a tracciare una via d’uscita sicura dal labirinto di angoscia dettato dal "Se mi ami non amarmi" che sembra essere la colonna portante dell’interiorità liquida. L’uomo post-moderno è attratto e a un tempo spaventato dell’amore; lo brama ma lo aborre perché, essendo coinvolta "alterità dell’altro", non può controllarlo, solo viverlo; e l’uomo post-moderno è troppo ansioso e insicuro per lasciarsi andare all’ignoto, per "consegnarsi in ostaggio al destino".

Importantissima e attuale la parentesi sulle relazioni di coppia violente, che Bauman descrive come una danza perversa in cui un polo controlla e l’altro accondiscende, nel reciproco tentativo di esorcizzare il timore di vedersi abbandonati dall’altro.
Alcune proiezioni sui risvolti socio-culturali e socio-politici della fluidità relazionale assumono per certi versi una valenza profetica: dietro un apparente cinismo, infatti, Bauman si rivela in grado di descrivere dei fenomeni-chiave della nostra società, come l’abuso dei mezzi social, l’uso del cellulare come muro contro il mondo esterno e il ricorso compulsivo a influencer e mental coach per placare il rumore interiore.

D’altro canto, il saggio contiene degli elementi anacronistici che potrebbero disturbare i più. Non reggono il trascorrere del tempo le considerazioni sulla convivenza (a parer di Bauman soluzione liquido-moderna palliativa per abdicare al valore socio-culturale del matrimonio), il sodalizio donna-madre-figli, dal pungente odore pregiudizievole, e le considerazioni sull’identità del genere, che gettano alle ortiche secoli di lotte contro l’omotransfobia.

Decisamente attuali gli ultimi due capitoli del saggio, dedicati al rapporto con l’altro/straniero. In un panorama socio-politico ancora fortemente scosso da atroci guerre, non si può restare indifferenti di fronte alle considerazioni di Bauman sul rispetto per la dignità e la vita umana, minacciate dai tentativi di cancellazione tramite mezzi sempre più atroci.

"Tutti noi o quasi concordiamo sul fatto che infliggere sofferenze senza motivo sia un’azione assolutamente ingiustificabile e indifendibile dinanzi a qualunque tribunale; molti di meno, tuttavia, sono quelli disposti ad ammettere che ridurre alla fame o provocare la morte di un solo essere umano non è mai, non può mai essere, in nessuna circostanza, un "prezzo che vale la pena di essere pagato", per quanto "legittima" o finanche nobile possa essere la causa che ha richiesto un simile esborso.
In nessun caso tale prezzo può essere l’umiliazione o la negazione della dignità umana. Il punto in questione non è soltanto che la dignità della vita e il rispetto dovuto all'umanità di ciascun essere umano si mescolano e costituiscono un valore supremo che non può essere surclassato o rimpiazzato da qualsivoglia volume o quantità di altri valori; ma anche che "tutti gli altri valori sono valori solo nella misura in cui sono al servizio della dignità umana e ne promuovono la causa". Tutte le cose di valore nella vita umana non sono altro che tanti piccoli buoni d'acquisto con i quali comprare quel singolo valore che rende la vita degna di essere vissuta.
Colui che cerca di sopravvivere uccidendo l'umanità contenuta in altri esseri umani sopravvive alla morte della sua stessa umanità. Negare la dignità umana scredita il merito di qualunque causa abbisogni di tale diniego per affermare se stessa. E la sofferenza anche di un solo bambino discredita tale valore in modo altrettanto radicale e totale di quanto può farlo la sofferenza di milioni di persone".

A distanza di 22 anni, un insegnamento a cui non dovremmo restare indifferenti, oggi più che mai: "La nostra consolazione [...] è il fatto che "la storia esiste ancora e la si può ancora fare".

(articolo a cura di Serena Maugeri)

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