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La catanese Eva Luna Mascolino, classe 1995, è una donna poliedrica. Redattrice, editor, ghostwriter, traduttrice e lettrice editoriale sono oggi le sue mansioni principali. Laureata a pieni voti presso la Scuola per Interpreti e Traduttori di Trieste, ha pubblicato oltre cinquanta racconti su diverse riviste cartacee e online e, nel 2015, ha vinto il Premio Campiello Giovani con Je suis Charlie, in seguito pubblicato dalla casa editrice Divergenze. Ha poi conseguito il Master in editoria della Fondazione Mondadori e dell'Università Statale di Milano, e attualmente scrive per ilLibraio.it e per Harper's Bazaar Italia, oltre a lavorare come freelancer per numerose realtà del panorama culturale nazionale, fra cui il gruppo Mondadori e il Gruppo editoriale Mauri Spagnol.

Ciao Eva Luna, grazie per aver accettato questa intervista. Quando hai capito che avresti voluto fare della scrittura il tuo lavoro? E, per quanto riguarda gli studi, cosa ti ha spinto a scegliere la Scuola per Interpreti e Traduttori e ben cinque lingue straniere?

Grazie a voi, è un piacere! Credo che il mondo delle parole abbia fatto parte della mia vita fin da sempre: ho imparato a leggere a tre anni e subito dopo ho cominciato anche a scrivere storie brevi, poesiole e pagine di diario, un po' per imitazione e un po' per curiosità, un po' per introspezione e un po' perché mi divertivo da matti. Da quel momento, ho sempre preso delle scelte che mi permettessero di continuare a farlo, tanto a scuola quanto poi all'università: perché limitarmi a imparare a leggere e a scrivere in un paio di lingue, se in facoltà potevo cimentarmi addirittura con cinque? Era una tentazione troppo forte da ignorare, così mi sono buttata. Ho studiato spagnolo, russo, inglese, francese e tedesco alla triennale, che ho frequentato Catania, e poi ho proseguito con il russo e il francese alla specialistica di Trieste, abbinando a loro anche un'infarinatura di rumeno.

Qual è il tuo genere letterario del cuore e quali sono i tuoi scrittori preferiti? Pensi di essere stata influenzata da qualche autore in particolare?

Sono una vorace lettrice di racconti e romanzi surreali, fantastici e disturbanti, ma adoro anche la poesia, il teatro, i graphic novel e la narrativa per l'infanzia, oltre ai saggi sulle questioni di genere. Per una buona quindicina d'anni, però, ho spaziato dai fantasy ai gialli, dai romanzi storici alle storie d'amore (tutti generi che adesso bazzico anche per lavoro), finendo per farmi influenzare da tante voci di tante culture ed epoche diverse (non ho mai smesso di leggere i classici, per esempio!). Anche se, in particolare, credo di essere stata segnata da Luigi Pirandello, Michail Bulgakov, Alessandro Baricco, Amélie Nothomb, Stefano Benni, Isabel Allende, Raymond Carver, Shirley Jackson, Italo Calvino, Haruki Murakami e Anton Čechov.

Nel 2015 hai vinto il Premio Campiello Giovani con Je suis Charlie, ispirato al tragico attentato di quell'anno ai danni del periodico satirico francese Charlie Hebdo. Qual è stata la genesi della tua opera e cosa hai voluto comunicare con questo racconto?

Ho dei ricordi confusi sulla nascita di questo racconto: è nato di getto, in un paio di notti, proprio a ridosso della scadenza del concorso. La notizia dell'attentato mi aveva costretta a pormi tante domande a cui non sapevo ancora come rispondere, spingendomi a scrivere proprio per condividere la mia visione (anche provocatoria) dell'accaduto, affrontando al tempo stesso altri temi che mi stavano a cuore: il nostro rapporto con la bellezza, con l'Altro da noi, con la nostra coscienza civica, con i nostri desideri più assurdi e soggettivi… Il tutto in un mondo sempre più contraddittorio e globalizzato, in cui l'impresa più difficile sembra quella di imparare a comunicare.

Stai pensando o magari stai già scrivendo un altro libro?

È da tutta la vita che rispondo di sì a questa domanda, anche se poi nessuno dei romanzi che avevo in mente di portare a termine ha mai visto la luce! Il fatto è che, volente o nolente, resto fin troppo legata alla forma del racconto, con cui però è più difficile arrivare poi a pubblicazione degna di questo nome… In ogni caso, al momento sto iniziando a ragionare su un nuovo romanzo, l'ennesimo, che stavolta spero avrà la fortuna e la forza di portarmi più lontano del solito.

Lo scorso ottobre è stato pubblicato il primo romanzo di Salma El Moumni, Tangeri, addio, che hai tradotto dal francese per Mondadori. Come si svolge il lavoro di traduttrice e quali sfide bisogna affrontare? Ti sei mai confrontata direttamente con gli autori che hai tradotto?

Per me la sfida più grande è quella di trovare il modo, il tempo e l'umiltà di sintonizzarsi con la voce, il ritmo, il lessico e le suggestioni di chi scrive in una lingua per te straniera, per poi attingere a piene mani alla tua lingua madre e dare nuova vita allo stesso libro in maniera tutta nuova, pur rispettando la sua anima originaria. Soprattutto quando ti imbatti in un passaggio a prima vista intraducibile, ma hai l'obbligo di trovare una soluzione! Qualche volta mi è anche capitato di confrontarmi con gli autori e gli autrici che ho tradotto, sì, ma non sempre chi scrive è cosciente fino in fondo dei richiami evocati dalle sue parole, o magari lo sa benissimo ma non riesce a spiegarteli. Perciò ho l'impressione che il confronto più proficuo sia quello che riguarda per lo più gli intenti generali di un'opera o la poetica di chi l'ha scritta (anche perché funziona bene sia con i testi contemporanei sia con i classici, come alternativa alle sedute spiritiche).

Negli anni sei stata anche correttrice di bozze, e adesso editor e ghostwriter. Ci racconti di cosa si tratta nello specifico? Quali sono le competenze e le abilità che secondo te bisogna avere per fare queste professioni?

Rispondo in ordine inverso: fare ghostwriting significa scrivere un libro su committenza, ovvero per un'altra persona da cui raccogliamo le idee, le intenzioni e la mentalità, e che poi metterà la sua firma al testo finale. Un'operazione di estrema empatia e flessibilità, per la quale bisogna immergersi con tutte le scarpe nei panni di qualcun altro. Fare editing, invece, significa intervenire su un testo già scritto per migliorarne la trama, la costruzione dei personaggi, gli sviluppi o altri punti cruciali insieme allo scrittore o alla scrittrice: servono quindi ottime conoscenze di narratologia e del genere letterario in questione, insieme a molto tatto, pazienza e fantasia. Infine, fare una correzione di bozze equivale a verificare che un testo non abbia imprecisioni, scorrettezze o sgrammaticature prima che venga dato alle stampe. Cosa serve per riuscirci? Una conoscenza accuratissima della lingua italiana, un occhio di falco pronto a stanare ogni refuso e un ritmo di lavoro molto sostenuto, perché le tempistiche sono spesso strettissime!

Ultimo, ma non meno importante, sei anche lettrice editoriale. È la professione di chi legge manoscritti, cioè testi ancora inediti, per conto di una casa editrice e ne suggerisce o meno la pubblicazione. Immagino che ogni editore abbia delle proprie linee guida, ma è sicuramente un lavoro di responsabilità. Ce ne parli un po'?

In realtà è un mestiere per cui non esistono veri e propri vademecum (faccio un appello affinché ne creino uno): bisogna imparare tutto sul campo, e rimpararlo da capo ogni volta che si cambia casa editrice o genere letterario. Una gran fatica, ma super stimolante! Perché non devi leggere un libro secondo i tuoi parametri, bensì secondo quelli che potrebbero renderlo convincente agli occhi della casa editrice, dei librai e della critica, appassionante agli occhi del pubblico di riferimento, originale rispetto alla concorrenza ma al tempo stesso capace di intercettare un certo "spirito del tempo". A volte puoi osannare o bocciare il libro sbagliato, ma c'è poco da fare: ogni valutazione è un salto nel vuoto che richiede intuito, cognizione di causa e un pizzico di polvere di fata.

E adesso una domanda difficile: se dovessi scegliere solo una professione tra tutte quelle finora elencate, quale sceglieresti e perché?

Probabilmente sceglierei l'unica che non abbiamo approfondito finora, ovvero quella di redattrice culturale. Si tratta del primo lavoretto che ho svolto da adolescente pur di arrotondare, anche se da allora, con mia sorpresa, la scrittura giornalistica è diventata l'attività più longeva e più gratificante a cui mi sia mai dedicata. Per anni mi sono concentrata su altre mansioni e prospettive, ma negli ultimi tempi ho capito che è questa a stimolarmi di più, perché mi permette di applicare praticamente tutte le competenze trasversali che utilizzo per fare editing, ghostwriting, correzioni di bozze, traduzioni o letture editoriali, peraltro con un pizzico di creatività e di autorialità in più. Insomma, cosa potrei volere di più dalla vita, se non un immancabile amaro Lucano?

Sei anche una super lettrice e quindi, per concludere questa intervista, ti chiedo qualche consiglio di lettura per la Community de Il Club del Libro. Grazie mille!

Potrei non avere chiara la definizione di "qualche"… Facciamo così, per stavolta tengo da parte i miei classici del cuore e vi consiglio giusto "un paio" di libri contemporanei che ho amato (al di là di tutti gli autori e le autrici che ho già menzionato nell'intervista: recuperate la loro opera omnia). Eccoli qui: Molto forte, incredibilmente vicino di Jonathan Safran Foer, L'amore è un fiume di Carla Madeira, Qualcosa sui Lehman di Stefano Massini, L'eleganza del riccio di Muriel Barbery, I miei stupidi intenti di Bernando Zannoni, La ladra di parole di Abi Daré, Brevemente risplendiamo sulla terra di Ocean Vuong, Perché il bambino cuoce nella polenta di Aglaja Veteranyi ed Epepe di Ferenc Karinthy. Buone letture!

(articolo a cura di Giorgia Blue Gigliuto)

 

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