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Mark Twain scrive nel 1889 Un americano alla corte del Re Artù realizzando uno dei primi esempi di romanzo sul tema dei viaggi nel tempo. Come saprete, il protagonista è Hank Morgan, un comune cittadino di Hartford nel Connecticut che misteriosamente si trova trasportato indietro nel tempo all'Inghilterra medioevale del leggendario re Artù, precisamente nell'anno 513. Grazie alla propria conoscenza della tecnologia del XIX secolo, Morgan viene scambiato per un mago perché all'epoca si definiva magia tutto ciò che non si riusciva a spiegare.

Questo libro offre molti spunti di riflessione legati alla tecnologia e al progresso. Un "dettaglio" però su cui potremmo soffermarci è il fatto che magia e religione vengono considerati nemici della scienza dal protagonista. Sulla magia potremmo aprire un capitolo infinito e forse potremmo anche riuscire a smentire il protagonista perché, come diceva l'antropologo De Martino, i rituali magici sono stati per lungo tempo un modo per scongiurare la catastrofe e difendere la presenza umana dall'urto di potenze avverse che minacciavano di annientarla. La magia quindi non è stata solo sinonimo di un'ottusità che rifiutava la scoperta, ma spesso un modo per far sì che quella scoperta non ci travolgesse. E forse in fondo, nonostante l'evidenza della sua opera, anche Twain era d'accordo dal momento che usa la magia per indagare la natura umana e la conoscenza della tecnologia del protagonista viene scambiata proprio per magia.

Diverso è il discorso per l'altra "nemica", forse ancora più potente perché reale: la Chiesa. L'invettiva che Twain costruisce contro la Chiesa è autentica. L'autore preferisce far pronunciare queste parole al suo personaggio ma sono parole che senza dubbio anche lui pronuncerebbe in prima persona. Egli infatti era fortemente scettico e anticlericale e anche quando venne in Italia, in particolare a Napoli, criticò la superstizione popolare cattolica che aveva visto nella gente. Non si può negare che in diversi momenti della storia la Chiesa, chiusa nelle sue convinzioni, abbia messo a repentaglio il progresso ostacolando grandi scienziati. Tra i più importanti ricordiamo ad esempio Galileo Galilei e il filosofo Giordano Bruno, ma anche attraverso l'indice dei libri proibiti e i roghi per la stregoneria la Chiesa ha determinato la morte o l'ignoranza di molti. Come leggiamo in questo libro, Twain crede che la Chiesa voglia tenere in gabbia gli uomini attraverso certezze e imposizioni impossibili da discutere.

«[…] avevo paura di una Chiesa unita; essa costituisce una potenza straordinaria, la più straordinaria concepibile, e allora quando essa poco dopo finisce in mani egoiste, come sempre è pronta a fare, ciò significa morte per la libertà umana, e paralisi per il pensiero umano.»

Twain però è consapevole anche della spinta al sapere che la Chiesa ha dato in altrettante occasioni: la nascita delle scuole cristiane anzitempo, i libri salvati e ricopiati dai monaci amanuensi…

«Sebbene non fossi amico di questa Chiesa cattolica, ero obbligato ad ammetterlo. E spesso, mio malgrado, mi sono trovato a domandarmi: "Che sarebbe questo paese senza la Chiesa?"»

Insomma, Un americano alla corte del Re Artù ci fa riflettere su chi siamo in quanto umanità e su chi e in che modo ha ostacolato o sostenuto il cammino che ci ha portato fino ad oggi e che ha contribuito alla nascita di una cultura occidentale. Twain, nonostante espliciti in maniera chiara il suo pensiero, dimostra che non c'è sempre solo bianco o nero ma che spesso la risposta sta proprio nella sfumatura di grigio.

(articolo a cura di Sveva Serra)

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