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Il 19 marzo NN Editore ha festeggiato dieci anni, un bellissimo traguardo soprattutto considerando il grande successo di molti titoli che questa casa editrice ha portato in Italia. Kent Haruf, Liz Moore, Megan Nolan, Joyce Maynard, Deborah Levy sono solo alcuni nomi di autori NN divenuti imprescindibili nel panorama editoriale italiano. Abbiamo quindi ripercorso insieme a Eugenia Dubini, editore di NNE, questo viaggio.

Se doveste sceglierne uno, quale sarebbe un momento di questi dieci anni in cui avete pensato che fosse valsa decisamente la pena intraprendere questo progetto?

Un momento che brilla nella mia memoria è quando abbiamo inventato il nome della casa editrice. NN è arrivato un giorno, a pranzo, suggerito da Gaia Mazzolini e come per incanto è stato subito chiaro che era il nome giusto, che incarnava tutto del nostro progetto. Avevo messo in piedi altri progetti in passato, e la questione del nome, spesso banalizzata o trascurata, ha per me invece un senso altissimo nell'indicare la direzione.

E un momento in cui invece avete pensato "Ma chi ce lo ha fatto fare…."?

Ci sono stati diversi momenti in questi dieci anni di grande fatica, o di grandi dolori, ma non mi è mai venuto in mente di abbandonare il progetto, o di rimpiangere l'idea stessa della casa editrice.

Se poteste tornare indietro a dieci anni fa, cosa fareste diversamente?

Anche qui temo di dover evadere la tua domanda, perché proprio per carattere guardo raramente al passato con gli occhi del rimorso o del rimpianto. Potrebbe sembrare arrogante dire che non farei niente di diverso, la verità è che proprio non ci penso e tendo naturalmente a guardare più al futuro, e a concentrare gli sforzi creativi di cambiamenti sul domani, e non sul passato.

La pandemia è stata una sfida per tutti i settori, incluso quello editoriale. Quali sono stati i problemi principali con cui come casa editrice vi siete dovuti confrontare? E ci sono stati anche alcuni aspetti positivi, qualcosa che avete imparato, opportunità che si sono create?

Restringendo il campo alla casa editrice, e quindi lasciando fuori tutto il resto delle pene di quel periodo, abbiamo temuto di non avere energie, anche economiche, sufficienti per resistere al periodo di chiusura; abbiamo avuto timore anche a immaginare un possibile dopo, che in certi giorni proprio non si vedeva all'orizzonte. Abbiamo imparato però a sentirci un corpo collettivo, come gruppo di lavoro; abbiamo imparato a lavorare a distanza, a immaginare altre forme di presenza che partendo dai libri parlassero a chi stava là fuori, isolato come noi. Non è una piccola lezione questa, credo.

Proprio il settore editoriale e del libro è stato tra i settori che ha provato a reinventarsi, in gran parte riuscendoci. Alcuni progetti, come Bookdealer, hanno potuto potenziarsi, e ne sono nati altri come LibridaAsporto. Pensate che questo tipo di iniziative possano ricoprire un ruolo centrale nel mercato del libro e, nel caso in cui vi vediate un potenziale non sufficientemente utilizzato, cosa bisognerebbe migliorare?

Non credo che le case editrici abbiano tanto provato a reinventarsi, a dire il vero. Tutti noi siamo rimasti lì a occhi aperti, un po' congelati, a guardare cosa stava accadendo, magari lanciando qualche ebook, tutto qui. Gli aspetti di cambiamento hanno toccato di più gli ambiti distributivi e commerciali del settore, come quelli che citi anche tu. Ci sono state tante esperienze "esterne" al settore, di condivisione della lettura come passione che hanno contribuito, come dicevo prima, a connettere le persone. Penso anche ai gruppi di lettura on line, e alle esperienze che poi hanno dato vita a grandi contenitori di condivisione di questa passione, come il book club di Heloola, che proprio in quei giorni è nato e che oggi si fa anche casa editrice, ad esempio.

Collegandoci alla domanda precedente, quanto conta per NN Editore la collaborazione con le librerie?

Per NN le librerie sono e rimangono il canale di riferimento. Non solo in quanto intermediari del prodotto, ma anche e soprattutto per la capacità di intermediazione culturale che sono capaci di attivare sul territorio attorno alla lettura come esperienza prima solitaria ma poi di scambio, e di confronto tra le persone.

C'è qualcosa che vi augurereste che cambiasse nell'editoria italiana?

La difficoltà a creare alleanze durature e trasversali tra gli operatori, specchio di una difficoltà a concepirsi come un unico organismo. Ma mi viene sempre risposto: "È il capitalismo, baby!"

Da qualche anno è sempre più diffusa la critica del numero esagerato di titoli che si pubblica ogni anno, quasi come se la quantità prevalesse sulla qualità. È di questi giorni la presa di posizione della casa editrice Marcos y Marcos su questo tema, in cui si accenna anche alla questione ambientale. Come casa editrice indipendente con una linea editoriale piuttosto precisa, NNE credo preferisca investire su pochi singoli titoli, facendo per ogni titolo un lavoro editoriale e di promozione ben preciso. In quanto parte del mercato editoriale, qual è però la vostra opinione generale riguardo queste critiche?

È un discorso molto lungo e contraddittorio, difficile prendere una posizione univoca: più titoli vuole anche dire più qualità e più diversità, quindi una tutela della pluralità di voci immesse nel mercato. Dall'altro canto, più titoli vuol dire meno spazio per ciascuno, e più competizione per conquistare quel centimetro in libreria che permette di trovare il lettore. Non solo, dato il meccanismo che regola il ciclo del valore e il commercio di libri, più libri non è spesso nemmeno una scelta per l'editore, ma una necessità di sopravvivenza. Poi, dipende dalla struttura della casa editrice stessa: i nostri 24 titoli all'anno sembrano una piccolezza se visti con gli occhi delle imprese più grandi, e un'enormità se visti da tanti micro-editori attivi sul mercato. È una contraddizione da cui non credo si uscirà mai.

Un falso mito del mondo editoriale che vorreste sfatare?

Ne circolano così tanti di falsi miti, che non c'è che l'imbarazzo della scelta: che i racconti non vendono, cosa che poi trova tante eccezioni; oppure che il libro è destinato a sparire, una cosa che si diceva anche prima dell'avvento dell'ebook, totalmente falsa. Adesso vediamo cosa si inventeranno sull'AI, e che forza saprà di nuovo dimostrare il prodotto libro di fronte a questa nuova colossale minaccia.

Diteci un po' di più del progetto "Di lavoro, leggo": quando e con quale motivazione è iniziato? Com'è stata finora la risonanza e avete in programma di ampliarlo?

"Di lavoro, leggo" è nato come un corso residenziale per appassionati e curiosi della produzione libraria, e si è sviluppato poi in un vero percorso formativo dedicato al triennio finale delle scuole superiori. È molto interessante vedere con quanto interesse le scuole si avvicinano al progetto, non solo per l'opportunità di PCTO che offre, ma per l'attenzione che ragazzi e ragazze dedicano al rapporto con il libro: commentare la storia, confrontarsi con autori e autrici, elaborare una riflessione sui temi espressi e soprattutto lavorare in gruppo come una vera casa editrice. La restituzione, soprattutto, è sempre di buon livello. E attraverso il lavoro di gruppo si crea la comunità dei lettori, soprattutto più giovani.

Oltre alla pubblicazione di tanti bei nuovi titoli, avete altri progetti per i prossimi dieci anni?

Vorrei ricordare che in editoria ogni nuovo libro è un progetto, visto che il prodotto si rinnova ogni volta; e ha tanto di progettuale, perché sceglierlo e inserirlo in una linea editoriale coerente fa parte della costruzione di un'identità di marchio. Quest'anno stiamo lanciando una nuova collana, Le perenni, dedicata alle scritture autobiografiche femminili, sulla scia della pubblicazione della Autobiografia in movimento, la trilogia di Deborah Levy. Come le piante da cui prendono nome, queste scritture sono oggi uscite dall'ombra, travalicando il ruolo secondario in cui erano confinate: si sono rigenerate e propagate, in un percorso inclusivo di consapevolezza ed emancipazione.

Quali sono tre titoli del vostro catalogo che ci consigliate e che secondo voi meriterebbero di essere più conosciuti?

Il pubblico potenziale di ogni libro per me è l'universo mondo, quell'universo che parla italiano ovviamente. E quindi mi permetto di indicarne tre che hanno avuto un'alta risonanza ma potrebbero arrivare a un pubblico ancora più ampio, e tre che ne hanno avuta una minore e che ai nostri occhi sono perle del catalogo: Ned e la balena di Robbie Arnott, Il dio dei boschi di Liz Moore, Anime insaziabili di Kevin Jared Hosein, Ragazze perbene di Olga Campofreda, La voce dentro di Frances Leviston, Cose che non voglio sapere di Deborah Levy.

Un titolo di NN Editore che dobbiamo tenere d'occhio quando uscirà nel 2025?

Il primo libro della nuova collana Le perenni: Io sono lei, Storia della mia transizione, di Lucy Sante.

(articolo a cura di Beatrice Prozzo)

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