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Patrizia Rinaldi è una scrittrice e un'educatrice napoletana. Nella sua Napoli si occupa dei ragazzi che vivono nei quartieri "a rischio" e, insieme ad altri scrittori, conduce il laboratorio di scrittura nell'Istituto Penale Minorile di Nisida. Ha all'attivo numerose pubblicazioni e diversi premi e dal suo personaggio Blanca Occhiuzzi è tratta la Serie TV Blanca andata in onda su Rai 1.
Il corredo, edito da Piemme, è il suo ultimo romanzo: lo abbiamo letto, ci siamo immaginati nella tenuta di Capaguasta, abbiamo evitato di lasciarci contagiare da questo morbo d'amore e di follia che scorre forte nella linea di sangue del Marchese Saverio Contardo de Vedina e abbiamo gustato la scrittura difficile eppure incisiva dell'autrice. Poi, spinti dal desiderio di conoscere di più, le abbiamo fatto qualche domanda.

In generale il concetto di corredo era indice dello status sociale della famiglia ma era anche un modo per la famiglia di passare le proprie conoscenze e abilità alle figlie. Ne Il corredo abbiamo visto però che il cascione è fatto anche da quello che le protagoniste della storia decidono di metterci dentro. Lo abbiamo visto con Lauretana che dentro il cascione portava un "corredo non suo che si era andata a fare con i pegni dei soldi prestati" e con Altagracia che "quello che stava nella caja era suo ma non era stato suo [...] Altagracia aveva deciso che la legge le aveva levato anche il pezzo più piccolo delle terre del padre e che quindi nel cascione avrebbe infilato tutto quello che ci stava." Possiamo quindi dire che il corredo era una primissima rudimentale analisi dell'individuo. Insomma, quello che avevi dentro il cascione diceva un po' chi eri e da dove venivi. Stando a questa idea, chi è Patrizia Rinaldi, cosa porta dentro il suo cascione?

Sono nata da una madre in là con gli anni e conservo tre corredi veri e propri: uno mio, mai usato, gli altri di due donne di famiglia da me molto amate, una finita troppo giovane, l'altra ancora giovane. Tutti e tre i corredi non mi fanno venire in mente convenzioni composte, non contengono sfoggio, anticaglie o status, ma ricordi e, naturalmente, segreti.
Nel mio cascione invece porto spazi vuoti ed è una conquista recente. L'assenza mi serve, e pure parecchio, per immaginare novità. Nuove storie da raccontare, cambiamenti. Lo spazio occupato è di chi amo, di chi viene con me in ogni trasloco: famiglia, amici mai perduti, cani di casa, gatti. Tra uno spazio e l'altro, tipo protezioni da imballaggio, restano le parole scritte e lette.

Indubbiamente Lauretana è uno dei personaggi che segnano di più, nel libro la sua felicità è associata alla vendetta nei confronti della vita per essere nata "nel luogo più insolente del mondo" e "per il suo corpo brutto di intelligenza eccessiva". Ad un certo punto scrivi: "Voleva l'onore della paura degli altri, ché del rispetto non sapeva che farsene". Quanto è importante per Lauretana incutere terrore? Che il terrore ti porta più avanti delle ricchezze o di un titolo è un concetto valido anche nella società di oggi?

Non so, forse potere economico e terrore se ne vanno abbracciati nel solito buio. Lauretana al servizio del potere mette tutto quello che ha sottomano: persino le conoscenze scientifiche. Non le interessano i sentimenti benevoli, li detesta; non le servono per costruire ragioni per i suoi domini. La sua perfidia non sa che farsene degli alibi.

Parliamo del nostro Marchese Saverio Contardo de Vedina. Trascorre la sua intera esistenza evitando a tutti i costi di impazzire e poi alla fine impazzisce, non si sa se per il morbo o se impazzisce d'amore. Il mio animo romantico mi fa propendere per la seconda opzione e riflettevo: l'amore ha una forza più potente del terrore, è così?

Don Saverio impazzisce per amore ed è la vera beffa, perché ha fatto di tutto per non cadere preda di quella che chiama lebbra della testa: si è protetto, ha evitato con cura patologie e contagi, si è rintanato in una tenuta inaccessibile, ha mentito innanzi tutto a sé stesso. L'amore gli arriva fino a Palazzo, via mare, lo seduce e lo ammala di passione incurabile.

Nel libro ci sono tante donne protagoniste: Altagracia, Lauretana, Ferdinanda, Donna Costanza e le vergini. Ognuna di loro ha uno scopo diverso e un destino diverso ma credo anche che ognuna di loro è portatrice di un messaggio diverso. Nell'insieme qual è il messaggio che Il corredo vuole dare alle donne?

Cerco di smontare un po' l'obbligo dell'eroismo femminile, la retorica del "bisogna immolarsi per questioni di altezza morale". Per esempio il coraggio è descritto come unica via in certe situazioni e non certo come dimostrazione di virtù eccellente. Il sublime e il meschino camminano di pari passo; il paesaggio umano ancora mi incanta e lo sguardo innamorato mi consente di raccontare donne autentiche e perciò assai imperfette.

Per scrivere Il corredo ha utilizzato un linguaggio particolare, lontano dai tempo moderni, anche perché era la storia stessa a richiederlo e personalmente credo sia stata una scelta azzeccatissima. Cosa può dirci di questa esperienza di scrittura? Com'è stato pensare e ricamare su carta con un linguaggio che a volte richiede una lettura più lenta e attenta?

È stata una esperienza entusiasmante. Ho consultato i documenti dell'epoca, grazie alla tesi di dottorato sulle doti nuziali di Maria Franco, ex docente dell'Istituto Penale minorile di Nisida. Gli atti notarili riportavano fatti raccapriccianti con un linguaggio quasi fiabesco. Ce l'ho messa tutta per cercare di accompagnare i lettori e le lettrici in un Settecento prerivoluzionario, usando una lingua che si avvicinasse al periodo storico. Ho grande fiducia nei lettori, non è vero che bisogna proporre sempre e comunque linguaggi omologati.

Ultima domanda che mi piace sempre porre a chi ho il piacere e l'onore di intervistare: un consiglio di lettura da Patrizia ai lettori de Il Club del Libro.

Onore e piacere miei.
Tra i libri che ho letto di recente, non dimenticherò Il fuoco che ti porti dentro di Antonio Franchini. È un romanzo complesso, di una intensità fuori dal comune, divertente, sincero fino alla fine, colto. Franchini porta in scena un magma sentimentale senza recinti, i margini di amore e ribrezzo si contagiano: torna la storia antica del riso e del pianto che sono apparentati nelle lacrime.

 

(articolo a cura di Roberta Failla)

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