Per quanto riguarda la prima parte, non c'è granché da dire perché è una parte abbastanza introduttiva. Lampedusa ci presenta il protagonista, Don Fabrizio principe di Salina, come uomo di cultura, appassionato di astronomia, "immenso" e con il fido Bendicò, il suo cane. Altri personaggi della famiglia sono la moglie Maria Stella, alcuni figli (tra cui Paolo il primogenito e Concetta che forse è innamorata del cugino) e il nipote Tancredi, pupillo di Fabrizio, nonché colui che pronuncia la frase storica del romanzo "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutti cambi".
Lo sfondo è la Sicilia sotto un regno borbonico ormai in dirittura d'arrivo, emblematici sono quelle poche righe riservate al Re. La stessa nobiltà non se la passa poi tanto meglio e, secondo me, si capisce benissimo la situazione quando si parla del servizio di piatti dei Salina. E' una Sicilia divisa tra chi vuole ancora la monarchia ma con un monarca diverso e chi, invece, vorrebbe un cambiamento (vedi i moti di aprile ma anche i Mille di Garibaldi che arrivano a fine capitolo). E chi vuole un cambiamento lo vuole per cambiare la propria condizione, come la borghesia rappresentata da alcuni esponenti che lavorano per il principe Salina, e comandare sulla nobilità o, come mi pare Tancredi, per ripristinare lo status quo dei nobili. Fabrizio mi sembra un buono ma che deve fare il duro e si nota, solo per noi lettori, il disprezzo provato per questa nuova borghesia.
Noto, comunque, che alcuni tratti del siciliano rimangono a distanza di molti anni: il non voler fare la spia (che non è esattamente l'omertà); la vita un po' godereccia e rallentata; questo rapporto strano con la Chiesa, credenti ma comunque peccatori impenitenti.

La lettura è un po' difficile, lo stile di Lampedusa, almeno nelle descrizioni, è un po' lirico ma del resto stiamo parlando di un nobile, che ha fatto studi "alti" e quindi penso sia normale.

Don Calogero sindaco del paese è diventato più ricco del Principe Salina e questo è il prezzo da pagare per il
cambiamento voluto

Il nipote Tancredi vuole sposare la bella Angelica figlia del sindaco di Donnafugata, un omino astuto che si è arricchito molto e che beneficia dell’appoggio dei Savoia

quella in cui Don Fabrizio dichiara a Don Calogero che Tancredi vuole sposare Angelica. I due si abbracciano, Don Fabrizio, biondo, alto e robusto, altero nella sua rendigote lilla. Don Calogero, basso, brutto, scuro e peloso. Molto evocativa e ironica l’immagine che lo scrittore usa per descrivere l’abbraccio.