mulaky ha scritto: Finito il romanzo

Attenzione: Spoiler!

"Perché? Perché? Perché c'è la parte ottava? Perché mai questa crudeltà? Perché, Giuseppe, perché?" questo è ciò che ho pensato a fine lettura e devo riprendermi, sappiate che mi è caduta la lacrimuccia.

Il soggetto del libro non è la società siciliana né il cambiamento o la staticità come inzialmente era sembrato anche a me, il vero soggetto è esattamente ciò che dice il titolo: il Gattopardo. Quando dico "Gattopardo", non intendo solo don Fabrizio ma quel temperamento nobile e orgoglioso che aveva il casato e che ha sì ereditato don Fabrizio ma anche la figlia Concetta, l'unica peraltro ad averlo tra tutti i figli del principe Salina. Ne sono convinta perché, solo guardandolo in quest'ottica, il capitolo ottavo ha senso logico. Questo capitolo apparentemente non ha senso perché non parla né di cambiamenti né di immutabilità delle cose: a chi importa dei quadri e delle reliquie? A nessuno. Secondo voi ha senso? Per me assolutamente no, ma è un modo superbo di presentarci Concetta come la vera e unica erede del Gattopardo. Guardatela: non è la primogenita ma è riuscita a mostrare i muscoli e a imporsi come padrona di casa, è diventata imponente e con una mimica facciale tale da indurre autorità (come il padre), ha pagato vari quadri e reliquie di dubbia autenticità "con l'animo indifferente di un padre che salda il conto di giocattoli che a lui stesso non interessano ma che son serviti a tener buoni i ragazzi" (si comporta come un padre e non come una sorella), l'unica cosa che le importa di questa visita di prelati è la brutta figura del casato (un assillo, quella di far bella figura e di non sfigurare mai, comune anche al padre). E poi "Tancredi vicino a lei, scomparso adesso anch'egli come del resto essa stessa, di fatto, era morta" (quell'immagine di morte che aveva il padre già durante l'ultimo ballo). E, ancora, Bendicò, il cane fedele di don Fabrizio che diventa, da morto, di Concetta. Infine, quella solitudine che la donna ha in comune con il padre.

La rivelazione sul malinteso tra i due cugini ha spezzato il mio povero cuore da romantica, è una tragedia e quindi non commento e non aggiungo di più. E, allo stesso modo, mi ha spezzato il cuore apprendere che Concetta avesse passato gli anni ad odiare il padre per la "questione Tancredi". Pensavo che non avesse pianto alla morte di don Fabrizio solo perché era la più forte in famiglia o per una sorta di contegno regale e invece no, non ha pianto perché lo disprezzava. E' tremendo, questa cosa mi ha sconvolto.

E infine il cane, che scena finale evocativa! Non so se vi ricordate ma, nell'introduzione al romanzo, troviamo la lettera che Lampedusa scrisse al barone Merlo in cui, tra le altre cose, si legge "Fai attenzione: il cane Bendicò è un personaggio importantissimo ed è quasi la chiave del romanzo". Cosa rappresenta il cane, allora? La caduta del Gattopardo visto che, gettando via in aria il corpo imbalsamato del cane, per un istante sembra quasi prenderne la forma, con i baffi e la zampa alzata. E poi giù, tra la polvere. Questa scena è proprio bella, poetica e triste.

Quindi, in definitiva, per me il libro è incentrato sulla figura e caduta del Gattopardo, impersonato prima da don Fabrizio e poi da Concetta. In senso ampio posso vederla anche come la caduta della nobiltà, però non sono ancora del tutto sicura, mi sa di cosa più specifica e quindi più legata al casato dei nostri protagonisti.
L'immobilismo e il cambiamento sono temi che incontriamo e, seppur non centrali come la storia dei Salina, non posso neanche dire facciano solo "da sfondo" al romanzo perché non sarebbe vero. Secondo me, a parte il tema di famiglia (tema caro all'autore), credo che Lampedusa volesse focalizzare di più l'attenzione sul trasformismo, quantomeno politico, in Sicilia (attuale anche ai giorni nostri e anche a livello nazionale, ma forse l'ho già scritto nei primissimi post del thread). Per trasformismo intendo quella capacità di adattarsi ai cambiamenti, sfruttando la situazione a proprio vantaggio, ma senza effettivamente poi cambiare granché (in un certo senso cambia l'apparenza, ma non la sostanza). Tancredi rappresenta al meglio il concetto di trasformismo, lo vediamo cambiare casacca nel corso del romanzo e anche nel frammento B (Il Canzoniere di casa Salina) l'autore ci rimarca la cosa e, del resto, è sempre lui a pronunciare la famosa frase che tutti conosciamo.

Questa è la mia interpretazione del romanzo, forse fantasiosa, forse no. Comunque sia, è proprio bello averlo letto.

mulaky ha scritto: Questa è la mia interpretazione del romanzo, forse fantasiosa, forse no. Comunque sia, è proprio bello averlo letto.

SARA1984 ha scritto: libro terminato venerdì ...
...che dire c'è di tutto in questo libro ..iniziando dalla storia della sicilia dal cambiamento politico e sociale che avanza anzi credo proprio che questo sia il centro del libro
che per me si puo riassumere in un unica frase " se vogliamo che rimanga tutto com è bisogna che tutto cambi"
è un libro pieno di ironia di quella sottile elegante un ironia di altri tempi che poi caratterizza in pieno don Fabrizio (personaggio che ho amato fino all'ultimo) bellissima la descrizione della consapevolezza della morte che arriva e lo porta con se nelle vesti di una bella donna
Colloco solo nello sfondo la storia d'amore tra Angelica e Tancredi perchè per me è solo il mezzo per descrivere il cambiamento sociale che si stava vivendo in quelli anni e l'ultimo capitolo con Concetta e le sue sorelle come la fine di una dinastia e di un epoca che non tornera più come l'amore non detto tra Concetta e Tancredi entrambi col tempo hanno capito di aver perso qualcosa nel cambiamento infatti l'eppisodio che qui viene raccontato a Concetta è prorpio quello del primo incontro tra Tancredi e Angelica il punto di svolta per tutti
la morte del primo amore e l'inizio della passione per Angelica ed ecco il cambiamento

VFolgore72 ha scritto: Fermo restando che ho trovato le osservazioni da parte di Sara semplicemente illuminanti, tale da invogliarmi a rileggere un libro che ho detestato da morire (ma tranquilli, non lo rileggerò subito), vorrei fare comunque un appunto. Se possibile cercare di usare il tasto “spoiler”. È un’altra funzione che non trascurerei, oltre a quella del “quote”. Non ne abbia male la Sara, come penso ne abbiano avuto a male altri utenti per aver sollevato l’ottima funzione del “quote”.