secondo me Murakami è molto più ossessionato dalla componente sessuale
Oh, finalmente qualcuno l'ha detto! Io ho una specie di avversione per Murakami dovuta proprio a questo: ho l'impressione che voglia sembrare poetico e profondo quando in realtà a me pare solo un maniaco feticista dei peli pubici.
Io quoto Kers
Ricordo che l’ultimo anno delle scuole medie venne rallegrato, o funestato (dipende dai punti di vista), dall’arrivo di un nuovo compagno di classe, ripetente recidivo, che aveva una vera "mania" per gli organi genitali maschili, nel senso che li citava in ogni suo discorso e li disegnava ovunque: sulla porta, sulla lavagna, sui banchi, sui libri e su quaderni e diari presi "a prestito" di nascosto, costringendo poi i malcapitati possessori a cancellature furiose o a strappare i fogli incriminati.
Dopo quell’anno le strade si divisero, e non ho mai saputo che fine il mio compagno avesse fatto finché, leggendo
Norwegian Wood, m’è venuto il sospetto che crescendo potesse essere diventato Haruki Murakami. Certo, sarà anche meno grezzo e non disegnerà più, ma il chiodo fisso è rimasto: e pur avendo lievemente allargato i suoi orizzonti (anche la vagina ora ha assunto un certo rilievo), sempre lì finisce coll’andare a parare.
Ossessionato dal sesso? Può darsi: io però non ho intenzione di "penetrare" ora i segreti della sua psiche. Ma anche volendo esprimere un puro giudizio estetico, non si può nascondere che il romanzo - al di là di qualche immagine di una profondità a mio avviso sempre e comunque molto limitata - contiene fin troppe frasi, conversazioni, situazioni e pagine di rara ed oscena bruttezza: e non perché scandalizzino, ma perché non hanno alcuna funzione e giustificazione narrativa, se non quella di dar sfogo alle assurde fantasie dell'autore.
A sostegno di questa tesi potrei riportare un vasto campionario tratto dal libro, ma sarebbe penoso e imbarazzante. Altro che erotismo: questa è semmai pornografia da barzellette infantili e sconce, la cui comicità in questo caso è sicuramente involontaria, ma ben presente. Non volendo però soffermarmi ulteriormente su quest’aspetto che altri hanno già notato, vorrei spendere due parole sullo stile, che dopo un avvio abbastanza promettente (i primi capitoli, per quanto poco originali, a me non sono dispiaciuti) s’è rivelato nel complesso fiacco, monotono e ripetitivo. Perché l’altra ossessione di Murakami è quella di sovraccaricare le descrizioni di dettagli insignificanti e spesso superflui. Ad esempio: è sempre necessario sapere cosa il personaggio indossi, mangi o ascolti? Anche qui torniamo ai tempi della scuola.
Tema: come trascorri la tua giornata? Svolgimento: mi alzo, mi lavo, mi pettino, mi vesto, faccio colazione … Orsù, interviene la maestra: non potresti aggiungere qualche altro particolare? E l’allievo, scrupoloso: indosso una camicia bianca (o blu), un maglione rosso (o blu), un paio di jeans bianchi e scarpe da tennis rosse … poi mangio
bento,
inarizushi, o-nigiri o
soba … mentre alla radio ascolto:
Dear Heart di Henry Mancini, poi
Norwegian Wood,
Yesterday,
Michelle,
Something,
Here Comes the Sun e
The Fool on the Hill ... quindi
Penny Lane seguita da
Blackbird, seguita da
Julia e poi da
When I’m Sixty-Four,
Nowhere Man,
And I Love Her e
Hey Jude ... e poi ancora alcuni pezzi di Bacharach:
Close to You,
Raindrops Keep Falling’ on My Head,
Walk on By e
Wedding Bell Blues … eccetera eccetera. Ma è questo il modo di trasmettere delle sensazioni?
Il gusto per la ripetizione non si ferma neppure davanti alla morte. Che viene amplificata fino all’inverosimile, con 4 suicidi riusciti più 1 tentato in una storia che contempla un numero davvero esiguo di personaggi. E’ realistico tutto ciò? O non è forse vero che una tragedia replicata ed esasperata fino all'eccesso finisce per sconfinare nel ridicolo e nel grottesco?
Eppure le premesse affinché il romanzo mi piacesse davvero c’erano tutte: in particolare, il fatto che il romanzo fosse presentato come opera introspettiva, lontana dalle atmosfere oniriche e surreali che hanno reso famoso l’autore e mirante ad esplorare il mondo in ombra dei sentimenti e della solitudine. C’erano poi il riferimento beatlesiano del titolo (canzoni, nostalgia e sentimenti compongono sempre un bel trittico) e gli influssi letterari, la cui rilevanza - nella comunque apprezzabile introduzione di Giorgio Amitrano - viene forse sin troppo enfatizzata:
Il giovane Holden (e questo è innegabile) e, addirittura,
David Copperfield: ma qui il doppio parallelo istituito - Dora/Naoko e Agnes/Midori - non regge.
Piuttosto – e non sto affatto scherzando – trovo che
Norwegian Wood abbia una affinità di personaggi e situazioni in
E’ quasi magia Johnny e
Prendi il mondo e vai, due
anime che Italia1 trasmise nella seconda metà degli anni Ottanta e che prendevano spunto da
manga pubblicati in precedenza. Ecco, forse la credibilità di questo romanzo resta non può prescindere dall'età del lettore: la sua giusta dimensione è secondo me l'adolescenza. Oltre, i difetti diventano macroscopici.
Infine, che voto affibbiare al nostro compagno/scrittore? Mah, per capirlo veramente bisognerebbe forse dargli ancora un'altra possibilità. Ma poiché questa sinceramente m'è bastata, mi limito a una lapidaria sentenza: Haruki Murakami = bocciato.