Martedì, 04 Novembre 2025

"Litigando si impara" di Bruno Mastroianni

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25/02/2021 17:01 - 25/02/2021 17:03 #51140 da guidocx84
Risposta da guidocx84 al topic "Litigando si impara" di Bruno Mastroianni

mulaky ha scritto: Sto pensando che un po’ tutte le frasi abbiano sempre un briciolo di “soggettività”, sai? Cioè o a dirle o a interpretarle, vuoi o non vuoi bisogna sempre fare i conti con se stessi (idee, storia personale, condizione economica e sociale, istruzione, ecc.).


Giorgia, questo è un ottimo assist per completare la nostra conversazione sul primo capitolo del libro, quindi lo sfrutto! :laugh:

Già nei paragrafi precedenti Bruno aveva spiegato che "in una discussione, lo scopo di posizionarsi è praticamente sempre presente". E aggiunge: "Diciamo costantemente chi siamo e dove siamo anche quando stiamo sostenendo qualcosa che apparentemente ha un significato al di fuori di noi".

Quindi è possibile che, pur sforzandoci di creare esempi utili a questo nostro dibattito/studio, ciascuno di noi li abbia letti con sfumature anche lievemente diverse.

Anche se stiamo cercando di contribuire, non possiamo pensare di essere automi senza emozioni distaccati completamente da quello di cui stiamo parlando (abbiamo visto che gli scopi si presentano misti tra loro e sappiamo che quello posizionante, anche latente, c'è sempre).

Mi piace molto la conclusione che traccia Mastroianni nell'ultima parte del primo capitolo, quando racconta di Aristotele e della sua convinzione che non sia conveniente discutere con tutti perché a farlo con certe persone gli argomenti diventano scadenti.

Qui Mastroianni fa entrare in scena un personaggio che non conoscevo ma che da una rapida ricerca su Internet ho scoperto in realtà essere molto famoso: quello che lui chiama il Piccione Aristotelico! :laugh: B)




Il concetto è chiaro ma si basa su un'idea molto lontana dalla realtà: ovvero che dovremmo discutere soltanto in presenza di argomentazioni oggettive (A1) e scopi di contribuire (S1). Quindi, dice Bruno, nel 90% dei casi probabilmente dovremmo rinunciare ad entrare nella discussione :laugh: :laugh: :laugh:

Ci vuole dunque un criterio diverso per decidere, sulla base di quanto abbiamo appreso fino ad ora, quando conviene entrare in discussione e quando invece non ne vale la pena, tenendo però sempre presente che le discussioni on line e offline non sono partite a scacchi, non ci sono regole a cui tutti devono attenersi, non sono discussioni a due ma coinvolgono più persone, comprese quelle che leggono senza intervenire e che discutendo dovremmo prestare maggiore attenzione agli esiti sulle relazioni tra le persone coinvolte (ivi comprese quelle che non scrivono e leggono soltanto) più che alla nostra vittoria sull'altro, che sarebbe fine a sé stessa.

Un'analisi costi/benefici per ogni possibile discussione a cui prendere parte non è un'ipotesi realistica dice Bruno, anche se ci sono studiosi che stanno analizzando questa idea provando a costruire un modello che sia universalmente applicabile (se siete interessati, il buon Bruno è sempre prodigo di note a piè di pagina e quindi potreste approfondire l'argomento leggendovi lo studio di cui parla).

E qui arriviamo finalmente al dunque del Mastropensiero :) :laugh:

"Quello che invece si può fare è decidere come agire in prima persona coltivando il bene potenziale per sé stessi e per gli altri nel procedere o meno nel confronto. Un criterio non di controllo, ma di apertura alla virtù del ben disputare: una discussione sarà da condurre fino a che almeno potenzialmente potrà produrre un certo bene per chi è coinvolto [...] Questo bene sarà ispirato al criterio del piccione aristotelico, ma in un senso più indulgente" e quindi, ecco la famosa matrice che si compone dei consigli su quando discutere o quando non farlo! Il Santo Graal della comunicazione che tutti stavamo attendendo da pagine di topic e che finalmente si palesa :laugh: :laugh: :laugh: :laugh:

Se ci trovassimo a dover decidere se intervenire o meno in una discussione in cui rilevassimo la presenza di queste combinazioni di argomentazioni e scopi: A1 + S1, A2 + S1, A3 + S1, ovvero qualora rilevassimo nell'altro lo scopo di contribuire, Bruno consiglia di accettare di discuterne indipendentemente dall'argomentazione.

Consiglia di prendere parte alla discussione anche nei casi A1 + S2 e A1 + S3 perché l'argomentazione oggettiva, anche se espressa con scopi di posizionamento o addirittura, in casi estremi, con scopi di disturbo, secondo lui merita comunque di essere discussa.

Invece nei casi A2 + S2, A2 + S3, A3 + S2 e A3 + S3, il consiglio è quello di non entrare nella discussione, di lasciar cadere perché in questi casi non si può produrre alcun vero bene nella discussione sul piano del contenuto né su quello della relazione.

Riassumendo, se riconosciamo almeno uno scopo di contribuire e/o almeno una questione oggettiva (anche mescolate con altro), Bruno consiglia di dare seguito alla discussione.
Se invece troviamo solo posizionamenti, disturbi, questioni soggettive e parolacce, non dovremmo farlo.

Io sono d'accordo, anche se personalmente faccio davvero molta fatica a relazionarmi con chi, pur affrontando argomentazioni oggettive, lo fa con lo scopo di disturbare. Però in linea generale comprendo il concetto che sta dietro a questi suggerimenti e lo condivido.

Mi piace molto quando dice: "coltivando il bene potenziale per sé stessi e per gli altri nel procedere o meno nel confronto" considerandola "apertura alla virtù del ben disputare".

In effetti mi pare un assunto che, se rispettato, sarebbe una buona base per avviare una discussione proficua. Ovviamente non possiamo costringere gli altri ad agire analogamente ma possiamo impegnarci singolarmente nel farlo.

E voi? Cosa ne pensate? ;)

«Heaven goes by favor. If it went by merit, you would stay out and your dog would go in.» Mark Twain
Ultima Modifica 25/02/2021 17:03 da guidocx84.

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25/02/2021 23:18 #51150 da Margarethe
Risposta da Margarethe al topic "Litigando si impara" di Bruno Mastroianni
Ahahahah grande Aristotele!

Personalmente come te provo fastidio a nei confronti di chi pur con argomentazioni oggettive cerca di posizionarsi, trovo che si riesca a ragionare di più con chi ha argomentazioni soggettive ma è aperto al confronto e vuole contribuire. Però sono d'accordo a provare a discutere con entrambi, ci sta.

"Sentii un peso intollerabile opprimermi il petto, l'odore della terra umida, la presenza invisibile della corruzione vittoriosa, la tenebra di una notte impenetrabile..."

Joseph Conrad, "Cuore di tenebra"

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26/12/2023 17:09 #65121 da guidocx84
Risposta da guidocx84 al topic "Litigando si impara" di Bruno Mastroianni
A distanza di qualche anno ho completato la lettura di questo saggio leggendo la "seconda argomentazione": il potere di lasciar cadere.

Inutile dirvi che l'ho apprezzata quanto la prima. Mastroianni a mio parere è davvero molto bravo nel fare esempi pratici di discussioni che tutti abbiamo visto da qualche parte in rete, suggerendo come secondo lui si dovrebbe rispondere a seconda dei vari casi.

Rimarca anche in questa seconda parte del libro che quando non c'è almeno una questione oggettiva né si riconosce che l'altro abbia lo scopo di contribuire alla conversazione, allora la cosa migliore da fare è non replicare perché risulta evidente che non si sta discutendo delle idee ma probabilmente le persone, le loro tendenze, preferenze, inclinazioni, portando la contestazione ad un livello personale e soggettivo (ovviamente dice anche che moderatori di pagine online dovrebbero filtrare e oscurare interventi che usino parolacce, insulti, bestemmie, istigazioni al crimine, ecc. che devono essere scoraggiati apertamente; della serie: c'è un limite a tutto, anche nella disputa felice  ).

Bello anche il concetto di sostenibilità della discussione. Secondo l'autore, una discussione è sostenibile se si avrà il tempo e le energie per farsi carico delle repliche e dei successivi passaggi che il nostro personale intervento provocherà. In caso contrario, il nostro intervento, secondo quanto riporta Mastroianni, appare un intervento il cui obiettivo principale sia di posizionamento o disturbo (lo chiama "inquinamento" delle discussioni; lo "spara e fuggi" che molti adottano nel loro modo di dissentire, legato all'istinto talvolta irresistibile di intervenire: un comportamento che se si vuole diventare dei buoni disputatori andrà corretto).

Ci sono anche consigli su "parole chiave" da utilizzare nelle discussioni che rischiano di prendere strade a scarso valore. Ad esempio, in una discussione in cui tende a crearsi una polarizzazione, una dicotomia (giusto/sbagliato, vero/falso, ecc.), il "dipende" aggiunge elementi rispetto al bivio creato artificialmente: si mostra che non ci sono solo due strade, ma tre, quattro o molte altre. È fondamentale per divincolarsi dalla strettoia del bivio, senza rifiutarlo apertamente.

Bellissima poi la parte finale sulla disputa felice a portata di mano. L'autore associa ad ogni dito della mano (dandone specifica e chiara spiegazione) una strategia comunicativa o un modo di intervenire in una conversazione. L'insieme delle cinque strategie ci consentirà di avere dispute felici:

- Pollice: sii autoironico
- Indice: rimani sul tema
- Medio: evita l'aggressione
- Anulare: cura il legame
- Mignolo: stai nel tuo

La mano a pagina 122 andrebbe stampata e tenuta a sempre... a portata di mano! 

Voglio chiudere questo topic con l'ultimo estratto del libro, essendo certo che chi è un minimo interessato a temi come quelli trattati da questo saggio abbia ormai capito grazie a questo e ai precedenti post in questo topic quanto potrebbe essere interessante, stimolante e arricchente la lettura di questo lavoro di Bruno Mastroianni. Io lo consiglio sicuramente, anche per chi nel proprio lavoro deve gestire e organizzare team di persone.

Il pensiero critico non si sviluppa da soli, ma viene allenato proprio nelle dispute. Incontrare le obiezioni alle proprie idee costringe a muoversi e a progredire rispetto alle strutture abituali delle proprie certezze, insegna ad anticipare le possibili contraddizioni, a capire la struttura delle argomentazioni e a trovarne le debolezze. In una parola fa maturare tutta una serie di abilità metacognitive che rendono più coscienti di sé stessi e più consapevoli rispetto a ciò che si conosce. [...] La prospettiva della disputa felice raccoglie il valore della libertà di espressione ma lo articola con la necessità di promuovere discussioni proficue [...] È la rivoluzione del paroletariato: cittadini che, messi in questa condizione di relazionalità esponenziale, si accorgono del potere di raggiungere gli altri ed essere raggiunti dalle loro parole. Un potere che può essere usato per costruire condivisione e collaborazione, ma anche per distruggere, disgregare, confondere e ingannare. A decidere come esercitarlo, al di là dei condizionamenti del sistema in crisi che ci mostra continui cattivi esempi, saremo sempre noi ogni volta che dovremo scegliere come dire la nostra. E questo tema, che riguarda la forma da dare al nostro convivere comunicando, nonostante gli errori pregressi e quelli che faremo, è ancora tutto da disputare. La disputa davvero felice, infatti, continua.

«Heaven goes by favor. If it went by merit, you would stay out and your dog would go in.» Mark Twain

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