Margarethe ha scritto: 
Annadr87 ha scritto: Tuttavia, la cosa che mi sta piacendo meno è il modo in cui Aime racconta le sue esperienze. Alla faccia del lasciare il bagaglio culturale a casa! Lui, e la sua cultura -i libri che ha letto, il posto da cui viene, quello che sa in generale-, sono in primo piano nella sua narrazione. Lui è in primissimo piano nella narrazione. Il resto è una scusa, uno sfondo di passaggio, a cui "si aggrappa per raccontare una goccia della sua storia" (citazione modificata -pardon!- da fine primo racconto).
Hai ragione, è una scrittura molto soggettiva, varia anche da racconto a racconto. Tipo Wasso Oteli è abbastanza descrittivo, mentre ce ne sono altri che contengono solo sensazioni. Penso comunque che sia in tema con il titolo e l'obiettivo del libro 
Sì, esatto, sono d'accordo con Greta. Sotto questo punto di vista, sto leggendo esattamente ciò che mi aspettavo ed il titolo del libro credo sia coerente con il suo contenuto.
Non mi aspettavo una scrittura più documentaristica, come invece mi attendo da molti degli altri libri che abbiamo inserito nel percorso letterario proposto.
Però relativamente alla poca cura dal punto di vista editoriale, effettivamente anche io ho provato un po' una sensazione di "confusione" leggendo il libro.
Nel senso che non è immediatamente chiaro quali siano i pensieri di Guccini e quali quelli di Aime (e infatti ci siamo confusi attribuendo a Guccini frasi scritte da Aime... 

) e poi la data riportata in fondo al racconto effettivamente lascia adito ad interpretazioni. Anche io avrei preferito sicuramente una maggiore cura e "pulizia" editoriale.
Ad ogni modo, per quanto mi riguarda, questi aspetti non stanno assolutamente inficiando il piacere per la lettura del libro.
In alcuni frangenti i racconti di Aime mi risvegliano sensazioni ed emozioni che ho provato anche io in viaggio. In altri casi invece percepisco il suo modo di vivere il viaggio come lontano anni luce dal mio. Mi capita di provare anche un po' di invidia per come si approccia al viaggio. In altri casi invece penso che viaggiando si sia spinto in situazioni che io probabilmente non affronterò mai, anche per paura.
Insomma, questo libro racconta sensazioni che mi provocano emozioni contrastanti.
Nel racconto "La città rosa", Aime scrive:
"
Sembra che l'essere entrato in queste vie mi abbia trasformato in un'altra persona, un po' meno turista, un po' più umano. La gente saluta, sorride. Mi viene difficile scrollarmi di dosso la diffidenza."
Questa sensazione ad esempio l'ho riconosciuta per averla vissuta anche io! Fa parte anche del mio "bagaglio di emozioni da viaggiatore". Ricordo di averla provata durante il mio viaggio a Cuba ma anche a Santo Domingo, luoghi in cui capita di entrare in contatto con la vera povertà, con il disagio.
Nel racconto "Beduini" invece, Aime scrive:
"
<<Perché questa è una zona pericolosa, piena di beduini. Se qualcuno deve bere o fare pipì è meglio che lo faccia subito, perché fermarsi per strada è pericoloso!>> Non capisco fino a che punto quest'ossessione sia costruita o abbia fondamento. È difficile capire se tutti questi uomini girano armati per reale necessità oppure il mitra a spalla è divenuto oggetto di decorazione, come la jambia, simbolo di essere maschi in una società dove solo i maschi possono guardare il mondo senza il filtro nerastro di un velo ossessivo."
Queste sensazioni non solo non le ho mai provate ma avrei anche paura a provarle sinceramente! Ho sempre optato per destinazioni "sicure" (almeno apparentemente 

) ma mi rendo conto che il lavoro dell'antropologo effettivamente imponga di fare altri tipi di viaggi rispetto a quelli che farei io per puro piacere di viaggiare e scoprire il mondo.
Nel racconto Timimoun invece:
"
Dà sempre una sensazione di piacere vedere una meta lontana. La vedi, ma sai che ci vorranno ore per raggiungerla. Inizi ad assaporarla da lontano, a immaginare che per oggi il tuo camminare è finito. Forse ritorna a galla quella fatica del viaggio degli antichi descritta da Eric Leed ne La mente del viaggiatore. Travel in inglese significa viaggio e ha la stessa radice del francese travail, lavoro, e dell'italiano travaglio. Il viaggiare di Ulisse era fatica, non piacere. Fatica che noi, viaggiatori a piccole rate, andiamo a cercare in un ritaglio del nostro calendario annuale per sentirci meno automobilizzati. Per inventarci un po' avventurieri, lasciando a casa alcune delle nostre garanzie quotidiane".
Ho trovato molto bella ed interessante questa riflessione dello scrittore.
Mi ha fatto pensare a come il viaggio sia cambiato rispetto al passato.
Col tempo, viaggiare è divenuto sempre più alla portata di tutti e anche i motivi per i quali ci mettiamo in viaggio sono sicuramente diversi da quelli che spingevano a partire i nostri predecessori centinaia di anni fa.
Secondo voi, ci sono delle sensazioni di viaggio che possono aver provato tali viaggiatori centinaia di anni fa e che invece noi non potremo sicuramente provare in uno dei nostri viaggi?