È un bene che vi piaccia. Che disdetta se anche voi la pensaste come me, e cioè che questo libro è insalvabile.
Ho finito di leggerlo ieri.
Vero, la scrittura varia nei diversi episodi di riflessione.
C'è un'abbondanza di metafore e similitudini con uno sforzo lirico mal riuscito nei primi pezzi, fino a Clerkwell Close, poi la struttura cambia bruscamente, spariscono le riflessioni in corsivo, in cui ci vuole inculcare - è questo l'obiettivo a cui ti riferisci, @Margarethe? -che bisogna viaggiare con il corpo per viaggiare davvero (e lui mi sembra in tal senso, in questo libro, uno che predica bene e razzola male. Sta tanto nella sua testa a fare rimandi qua e là con quel che sa già, staccandosi dalla percezione sensoriale, fisica, del luogo in cui si trova).
Da qui comincia una narrazione più sociologica, dimenticandosi del diktat: sono i sensi che comandano e non la mente. Frase che fa sorridere chiunque abbia qualche rudimento di neurofisiologia.
Non l'ho trovato coerente, né con sé stesso né con il titolo.
Di recente ho letto Il mondo a piedi, di David Le Breton (edizione 2000) che fa un invito simile, a viaggiare con i sensi, ed ha dei capitoletti che si intitolano proprio: il gusto, l olfatto, il tatto, ecc. Decisamente più indicato a chi avesse inteso Sensi di viaggio come l'ho inteso io.
Inoltre, ho trovato alcune riflessioni spiacevoli. Esempio: "il tanfo delle città arabe", buttata così è una frase pericolosa. (Penso si riferisse al tanfo della concia del cuoio che si sente nei suq, nei mercati arabi, ma magari un po' di contesto non avrebbe fatto male e avrebbe reso quella frase meno assoluta, e quindi meno offensiva. Già dire, chessò!, il tanfo del cuoio dei mercati tipici di molte città arabe.., sposta l'attenzione sulla causa piuttosto che sulla civiltà araba)
Scomodo, inoltre, passare in un attimo da un continente all'altro, senza indicazioni, solo per seguire il criterio cronologico delle pagine di diario dell'autore. Non succede sempre, ma spesso. Sei in Myanmar (e lui non te lo fa capire, devi cercare tu dove si trova Rangoon, a meno che non hai l'atlante geografico stampato nel cervello), e la pagina dopo ti ritrovi a Wasso (ti dice che sei più o meno vicino al Kenya, pensi: ok, è Africa, ma è Kenya o no?! Devi andartelo a cercare per capire che sei in Tanzania, che non è la stessa cosa).
Poi, abbiamo idee soggettivamente (e legittimamente) diverse di oggettività!
Se mi apri il racconto di Wasso oteli (Tanzania) con "Forse, se Cristo, invece di fermarsi a Eboli avesse proseguito fino a Wasso, le sorti del mondo sarebbero cambiate e forse lui avrebbe apprezzato maggiormente le gioie di Eboli", mi fai capire che la prima cosa che fai è pensare con il tuo bagaglio (o pregiudizio) culturale. Poi continui con un racconto molto distaccato in cui sembri non partecipare al luogo e alla vita che si anima davanti a te, in ultimo non sperimentarlo con i tuoi sensi, eccetto appunto quello della vista, ma da lontano, e filtrata dal pensiero di Cristo s'è fermato ad Eboli, che non c'entra un tubo con la Tanzania ma solo con te stesso e la tua formazione.
Non mi dici che tempo fa, come ti è sembrato il sole sulla tua pelle, o il contatto con la pelle del bambino che descrivi (ti ci sei avvicinato, gli hai stretto la mano, fatto una carezza?); come era il suono della sua risata, o delle sue parole; quali forme avevano gli alberi della savana, come cambiavano con il passare delle ore e il muoversi del sole; che sapore aveva quella birra nella tua bocca straniera, l'hai assaggiata?.
C'è molto poco di tutto questo, e quello che c'è, è scritto proprio maluccio, per i miei gusti!