guidocx84 ha scritto: Caro Lorenzo, il Prof. Scoglio ti avrebbe detto che il tuo esempio è un po' "ad minchiam"

Caro Guido, prima bolli i post di chi ti ha preceduto con un "non mi sono perso niente", ora pure gli insulti? Ci passo sopra, ma solo perché la citazione è dotta …
Comunque è vero: la considerazione era scontata. Ma davvero questo libro può oggi sorprenderci per la sua (presunta) attualità o per il suo carattere "profetico"? Parla del futuro, o piuttosto del passato (o al massimo di un eterno presente)? Guerra Fredda, maccartismo e persecuzione dei dissidenti, totalitarismi, automazione e alienazione sociale, diffusione dei mass media e persino rogo dei libri non erano eventi già accaduti o contemporanei a Bradbury? E dal punto di vista letterario, non è forse vero che la letteratura distopica aveva già prodotto
Il Mondo Nuovo di Huxley o
1984 di Orwell? Quanto all’evanescente Clarisse, ella mi fa venire in mente
Il Piccolo Principe del 1943, di cui cito un estratto:
Io conosco un pianeta su cui c'è un signor Chermisi. Non ha mai respirato un fiore. Non ha mai guardato una stella. Non ha mai voluto bene a nessuno. Non fa altro che addizioni. E tutto il giorno ripete come te: "Io sono un uomo serio!"
Questo non per svalutare il libro, ma per ridimensionare certe visioni apocalittiche ed evidenziare altri spunti che - come in parte già rilevato da altri - sono magari meno ovvi del corretto utilizzo di cellulari ed elettrodomestici. Ad esempio: è un bene che oggi i libri non si brucino ma si stampino a profusione? sapere e uguaglianza sociale vanno di pari passo? il
melting pot costituisce un limite per la libertà d’espressione?
Per quanto poi concerne lo stile del romanzo, io sottolineerei almeno una cosa. Che si tratti di linguaggio onirico, particolare, l’abbiamo detto un po' tutti. Ora, questo modo di scrivere sembrerebbe stonare moltissimo con quello che è il contenuto: e questo spiazza il lettore. Ma riflettendoci sopra, trovo che questa dissonanza non sia puro esercizio di stile, ma abbia una finalità narrativa, esprimendo da un lato il lento risveglio di una coscienza che sembrava assopita, dall’altro una fiducia sconfinata nella bontà dell’animo umano e nella sua capacità di purificarsi e rigenerarsi: questo per rispondere a Emi sul quella che a mio modo di vedere è l'interpretazione finale del libro.
Segnalo infine che in rete è disponibile un’intervista a Bradbury rilasciata in occasione del cinquantesimo anniversario della pubblicazione di
F451:
mvl-monteverdelegge.blogspot.it/2010/10/...nquantanni-dopo.html