Sono arrivata a circa il 35% della lettura, Charlie progredisce così velocemente che mi viene da domandarmi cos'altro mi aspetta nel restante 65% del libro!
A questo punto, non si sa bene come, ma l'esperimento riesce: Charlie diventa molto intelligente, addirittura più della media, e non soltanto dal punto di vista logico ma anche emotivo, sembra appunto che stia sviluppando un'intelligenza a tutto tondo che gli permette di capire, o almeno interrogarsi, su tutto quello che lo circonda, a tal punto da essere odiato dai suoi "amici" perché, ovviamente, si sentono inferiori e sminuiti. Charlie inizia a ricordare e capire tutto: i traumi dell'infanzia, le prese in giro, tutte le volte che è stato frainteso nelle sue intenzioni, e inizia ad arrabbiarsi, inizia ad avere talmente tanti sentimenti tutti insieme da pentirsi di essersi sottoposto all'intervento. Si sente solo, più solo che mai, perché adesso è fuori contesto, fuori posto, forse non è tanto l'intelligenza a farti sentire escluso quanto non avere qualcuno di simile accanto. Mi è venuto in mente Frankenstein, anche riguardo il discorso che fa l'infermiera riportato nel settimo rapporto sui progressi, dicendo che l'uomo non dovrebbe modificare ciò che Dio ha creato. La religione viene menzionata più volte all'interno del testo e chiaramente ci porta a pensare a quanto sia etico che l'uomo giochi a fare Dio tramite la scienza: è sempre a fin di bene? Charlie desiderava essere intelligente perché pensava di avere una vita migliore, ma è stato davvero così? Io lavoro nell'ambito medico e quindi sono una grande fan della scienza e del progresso ma penso che talvolta si perda un po' la bussola e si rischia di fare esperimenti solo per curiosità e per gioco, non tanto per il progresso.
Infine, mi ha fatto riflettere la parte sul decimo rapporto in cui Charlie del passato si domanda perché tutti abbiano così tanta fretta, perché non possono concedergli più tempo per imparare e per adattarsi, magari Charlie non è così stupido ma ha solo bisogno di più tempo rispetto agli altri. È un tema che vedo ogni giorno nel mio lavoro e che, in generale, vedo molto presente nella nostra realtà di oggi: si va sempre di corsa, bisogna sempre essere aggiornati, mai rimanere indietro e mai aiutare qualcuno che rimane indietro o rischi di rimanere indietro anche tu, è più facile identificare quella persona come stupida o incapace e andare avanti. Nel mio posto di lavoro abbiamo continuamente persone nuove da formare e dopo anni ho capito che ognuno ha i propri tempi di apprendimento e i propri limiti ma se concedi tempo e opportunità in base al soggetto potrai portare più o meno tutti allo stesso livello, molti colleghi invece si limitano a bollare come "incapace" o "inadatto" chi magari richiede più tempo per apprendere, non dandogli opportunità e ritrovandosi poi un collega che non impara ed è un peso per tutti solo perché non gli è stato dato il tempo per farlo.
C'è qualche insegnante all'ascolto che vuole esprimere la sua opinione in merito?